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Il Piccolo- l DEVOLUTION DESTRUTTURA l'intero sistema scolastico

Gli "Stati generali" della scuola si chiudono ancor prima di cominciare, e nel modo peggiore. Coloro che avrebbero dovuto esserne i protagonisti principali - gli studenti - prima emarginati dal ...

07/12/2002
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Il Piccolo

Gli "Stati generali" della scuola si chiudono ancor prima di cominciare, e nel modo peggiore. Coloro che avrebbero dovuto esserne i protagonisti principali - gli studenti - prima emarginati dal dibattito e successivamente malmenati dalla polizia per avere manifestato - in maniera del tutto pacifica - una posizione critica nei confronti del Ministro. Dirigenti scolastici che abbandonano la manifestazione, insegnanti che la disertano - in segno di solidarietà con gli studenti - ; Cisl e Uil che, di fronte a quanto è successo, ritirano la loro adesione. Tutto questo è successo perché gli "Stati generali" non volevano essere una occasione vera di confronto con il mondo della scuola, nelle sue varie articolazioni, ma una "parata" per l'assessore Guerra. Una parata che non prevedeva la manifestazione di forme di dissenso, né la formulazione di proposte alternative. Pare che la signora Moratti abbia chiesto garanzie in questo senso: tutto doveva filare liscio. A costo di far intervenire la polizia. Ciò che è successo ieri è dunque inquietante rispetto alla possibilità di libero esercizio della critica. E' lo è doppiamente quando si vuole negare questa possibilità agli studenti, che hanno il diritto (e, aggiungerei, anche il dovere) di concorrere a determinare il loro futuro, con la generosità e anche la radicalità che sono connaturate al loro modo di essere. E che aiutano spesso gli adulti a vedere le cose secondo ottiche diverse da quelle consuete.
Francamente inquietanti sono poi le dichiarazioni del Questore di Udine, che non nega le percosse, ma si compiace che "nessuno sia andato in ospedale". Si tratta di un discrimine singolare, che rischia di introdurre una categoria pericolosa: quella di una "soglia", al di sotto della quale la violenza è consentita: una teoria inaccettabile, come inaccettabile è la sproporzione tra i fatti e le reazioni. Ciò che è successo ha assorbito completamente il dibattito di merito. E'giusto che sia stato così. Ma va spiegato perché, al di là del singolo episodio, gli "Stati generali" contenessero al loro interno il germe dell'autodistruzione.
Quale senso ha infatti impegnarsi in erudite dissertazioni o in iniziative astrattamente interessanti mentre la devolution di Bossi destruttura il sistema scolastico, consentendo alle Regioni di definire programmi e metodi didattici, di stabilire criteri (magari etnici) di assunzione degli insegnanti, a seconda delle maggioranze politiche locali. Il disegno è chiaro: si intende cancellare la scuola pubblica come elemento di coesione nazionale, capace di trasmettere ai futuri cittadini un comune tessuto di valori, una lingua unificante, una storia comune nella quale riconoscersi, una cultura di base condivisa. Per questo la Cgil ha contestato fin dall'inizio l'iniziativa e non ha partecipato a tavole rotonde che assomigliavano troppo allo spartito di quel pianista che continuava a suonare ispirato mentre la nave affondava.
E a Cisl e Uil rivolgiamo sommessamente un invito: quello di un'azione comune, di iniziative forti di contestazione del disegno di Bossi. Viviamo infatti un tempo difficile, che richiede segnali chiari e che obbliga tutti a privilegiare la strategia rispetto alla tattica. Il richiamo evangelico al "Si; si. No; no" sembra sempre più adatto ai tempi che viviamo. Infine, la protagonista negativa degli Stati generali: l'assessore Guerra. Non solo per quello che è successo, ma anche per la debolezza della sua proposta. Mentre Bossi punta a 20 scuole regionali, la Guerra cerca affannosamente di recuperare spazi non di autonomia, ma di neocentralismo regionale attraverso la normativa vigente, affidandosi alla modifica del titolo V della Costituzione (che i suoi a Roma contestano) e alle procedure delle norme di attuazione dello Statuto. Con il risultato di mettersi in una corsia parallela rispetto alla devolution che ha tempi e procedure molto più lente e macchinose. Forse non si fida di Bossi? Allora sarebbe meglio dirlo.
Franco Belci
segretario regionale Cgil