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L'Espresso-Emilia contro Letizia

Istruzione Emilia contro Letizia L'idea è venuta a un assessore di Modena: creare un modello scolastico alternativo a quello della Moratti. Che piace anche alle regioni del Polo di Andrea Benv...

05/04/2003
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L'Espresso

Istruzione
Emilia contro Letizia
L'idea è venuta a un assessore di Modena: creare un modello scolastico alternativo a quello della Moratti. Che piace anche alle regioni del Polo

di Andrea Benvenuti
Ci mancavano le Regioni a complicare la vita di Letizia Moratti. Dopo l'approvazione definitiva in Parlamento della riforma della scuola, il ministro dell'Istruzione stava ancora festeggiando il conseguimento del primo risultato politico dall'inizio del suo mandato, quando è tornata al centro delle polemiche. O meglio nel mirino di una vera e propria controffensiva istituzionale e sociale che vede uniti, nello stesso cartello, sindaci e governatori, sindacati, studenti e genitori.

A rovinare la festa al responsabile del ministero di viale Trastevere non è bastato lo sciopero unitario dei sindacati per il mancato rinnovo del contratto scaduto da oltre 15 mesi, né la protesta di insegnanti e studenti sui punti controversi della riforma; né, addirittura, lo smacco finale della mancanza del numero legale il giorno in cui il Senato doveva dare il via libera al testo blindato della nuova legge. A complicare le cose ci si è messa una proposta di legge della Regione Emilia Romagna che è destinata a raccogliere consenso anche tra le fila dei governatori del centro-destra e a scatenare un serio conflitto istituzionale, considerando la modifica all'articolo 117 della Costituzione che affida la competenza esclusiva in materia di istruzione e formazione professionale proprio a ogni singola Regione .

L'idea è venuta all'assessore all'Istruzione e formazione della Regione Emilia Romagna Mariangela Bastico, una modenese agguerrita, occhialini e capelli a caschetto, con una lunga esperienza su temi come la sanità, i servizi sociali, la sicurezza e il diritto allo studio. Una signora che già un anno fa ha pensato bene di avviare un progetto di controriforma per ostacolare i piani del ministro. Alla fine, sono stati raccolti oltre 200 pareri di esperti, pedagogisti e insegnanti; sono state organizzate decine di riunioni fiume con i sindacati e le associazioni professionali. Ed è stato elaborato un testo definitivo approvato dalla Giunta regionale.

Le differenze tra la proposta regionale dell'Emilia Romagna e quella della Moratti sono complessivamente cinque. La prima riguarda l'anticipo scolastico: viene bocciata l'idea della Moratti di mettere nella stessa classe alla materna bambini di due anni e mezzo con bambini di quattro. Troppo diverse le esigenze didattiche. Servono al contrario programmi educativi mirati sulle diverse età. Da qui, la proposta di creare classi "primavera" per i bambini fino ai tre anni. Anche se in questo caso sono necessari più insegnanti, e il governo per il prossimo anno, ha già deciso forti tagli agli organici.

Come seconda differenza, l'Emilia Romagna boccia la marcata differenza tra elementari e medie, e suggerisce programmi didattici che uniscano il ciclo di base potenziando gli istituti che riuniscono i vari livelli di istruzione.

La terza differenza riguarda la decisione di far scegliere agli studenti, già a 13 anni, tra il sistema degli otto licei e il canale di formazione professionale. La proposta regionale individua, invece, un ulteriore biennio integrato fino a 15 anni per rinviare "il momento della scelta a un'età più consapevole". Nel biennio integrato, oltre all'italiano, la storia, la lingua straniera e la matematica, si studieranno le prime nozioni dell'indirizzo professionale.

La quarta differenza tocca invece la netta separazione tra scuola e formazione. A differenza della riforma Moratti, la Regione Emilia Romagna sostiene percorsi integrati dal primo biennio della scuola superiore fino all'offerta post-diploma, dove cultura e istruzione abbiano la stessa importanza delle competenze professionali.

La quinta differenza, infine, mette i paletti all'alternanza scuola-lavoro: nella legge regionale vengono definiti i requisiti che le imprese formative devono possedere per accogliere gli studenti tra i 15 e i 18 anni e i limiti alla quantità di ore svolte nelle aziende. Sì dunque alle esperienze lavorative all'esterno della scuola ma solo a 16 anni, e con imprese qualificate che prevedano un tutor e corsi di formazione per il personale. A differenza della legge Moratti che prevede fino a 600 ore su 900 di stage, la Regione fissa un massimo di 300 ore.

Insomma, una controriforma coi fiocchi, scritta conoscendo i nodi tra il sistema della formazione e il mercato del lavoro. E la fortuna della proposta sta proprio nel metodo. Quello che già aveva adottato l'ex ministro della Pubblica istruzione Luigi Berlinguer, e che Letizia Moratti ha considerato una perdita di tempo: la partecipazione e il confronto con tutti gli operatori del mondo della scuola sui contenuti. "Una proposta comunque inserita nell'ordinamento nazionale", afferma l'assessore Mariangela Bastico. "Non intendiamo smantellare la riforma Moratti, né possiamo cancellare una legge dello Stato, ma certo la miglioriamo".

Difficile convincere il ministro dell'Istruzione: la proposta dell'Emilia Romagna rappresenta una vera e propria mina vagante, un cavallo di Troia in grado di riunire un ampio consenso anche nel centro-destra. Non a caso la strategia dell'assessore Bastico sta portando i primi risultati. Oltre ai governatori delle Regioni governate dal centro-sinistra, come Toscana, Umbria e Marche, anche i presidenti di Lombardia e Piemonte hanno infatti mostrato interesse per i contenuti della proposta. Un tavolo di confronto è in corso tra gli assessori all'Istruzione e alla formazione delle Regioni del centro-nord, e si prevedono sviluppi che non faranno molto piacere al ministro Moratti.

Del resto sulle Regioni italiane e, in particolare, sulla testa dei Comuni, ricadrà tutto il peso dell'avvio della riforma. Ventiquattro sono i mesi che il governo ha chiesto per scrivere i decreti attuativi, ovvero i contenuti della riforma, ma intanto già dal prossimo anno, tra scuola dell'infanzia e scuola elementare, i sindaci dovranno garantire i servizi per l'anticipo scolastico di decine di migliaia di baby-studenti di due anni e mezzo e di cinque anni mezzo. Una missione impossibile, considerando la mancanza di risorse finanziarie e i tagli agli organici decisi dal governo all'avvio del prossimo anno scolastico.

L'Anci, l'Associazione nazionale dei comuni italiani, ha già scritto al ministro dell'Istruzione per avere chiarimenti sulle risorse di-sponibili, sulle scuole, gli istituti comprensivi e il personale necessario a far partire l'anticipo scolastico, ma da Roma non è arrivata ancora alcuna risposta. Tutto ciò ha fatto crescere le quotazioni della proposta dell'Emilia Romagna, nei confronti della quale hanno mostrato interesse anche gli imprenditori, preoccupati dal calo di iscrizione degli studenti agli istituti tecnici rispetto ai licei e delusi dai risultati della sperimentazione sul doppio canale che ha visto arrivare in fabbrica ragazzini di 13 anni che sono ancora più interessati alla Playstation che allo stage in azienda.