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L’incubo dei contributi scolastici: dai 40 euro di Tor Bella Monaca, ai 280 di Treviso

Continua ad essere una «giungla» per i genitori: tutte le scuole chiedono un bonifico per sostenere le scuole. Il Miur: non pagarla non può essere causa di esclusione. Il caso del supercontributo dell’alberghiero di Lancenigo

10/09/2019
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Corriere della sera

Erica Dellapasqua

Dai 280 euro dell’Istituto alberghiero Massimo Alberini di Lancenigo (Treviso) ai 40 euro del liceo scientifico Amaldi di Tor Bella Monaca, quartiere difficile e periferico di Roma, dove si è diplomato tra l’altro il neoministro Lorenzo Fioramonti. L’entità dei contributi - che devono essere volontari e non obbligatori - richiesti ai genitori al momento dell’iscrizione cambia di scuola in scuola, di città in città. Un quadro di alti e bassi che vengono decisi in totale autonomia dai singoli istituti anche perché non ci sono norme o circolari ministeriali che stabiliscono criteri più uniformi o tetti massimi ai quali attenersi. Quello che stabilisce la direttiva del Miur è che i contributi non possono essere obbligatori, dunque chi non paga non può per questo non essere iscritto.

Da Nord a Sud, ogni scuola ha il suo «prezzo»

A Milano la media del contributo richiesto ai genitori supera (e anche di parecchio) i 100 euro: 170 euro al liceo scientifico Volta, 140 al Da Vinci, 150 euro al classico Parini e 130 al ginnasio Berchet. Importi alti anche nei licei più prestigiosi e conosciuti di Roma – «almeno 110 euro» al ginnasio Mamiani, 150 euro al Visconti, 120 euro al Virgilio – mentre l’Istituto tecnico Leonardo da Vinci chiede «solo» 60 euro. Ma perché queste differenze? E soprattutto, i genitori pagano? «Non tutti – racconta Giuseppe Soddu, dirigente del liceo Parini di Milano -: diciamo che 2 su 10 non contribuiscono, però poi c’è chi dà anche mille euro. Chi non versa non dà spiegazioni, e noi non le chiediamo». A Treviso, l’istituto tecnico alberghiero Alberini è un caso «limite»: il contributo richiesto è di 280 euro, che il preside spiega con il fatto che c’è un’offerta didattica tipica di un alberghiero: «Il pesce da cucinare, le tovaglie da portare in lavanderia…». Le somme, precisano comunque da Treviso, sono decise assieme ai genitori che compongono il consiglio di istituto: anche qui un «20% non paga, ma crediamo per scelta dato che diamo la possibilità di rateizzare durante l’anno».

Lo «sconto»

Infine un caso come Tor Bella Monaca: «Prima che arrivassi io, tre anni fa, il contributo era di 100 euro e infatti non lo versava nessuno – dice la preside Maria Rosaria Autiero –. Allora l’abbiamo ridotto a 40 euro, indicando esattamente come vengono impiegati i soldi, per esempio nel nostro sportello psicologico, però ancora in pochi pagano: il primo anno tutti, poi si scende al 30%». Lo scientifico Fermi di Bologna (che chiede 105 euro) ammette che «il contributo volontario dei genitori è la forza di questa scuola». In questo modo, si spiega, ci si può permettere le lavagne Lim o il progetto Orto. Così è stata creata, online, la sezione «verso il contributo perché», per i genitori che aderiscono volentieri: Roberto della quarta A risponde che «la risposta ad uno Stato sempre più assente è la forza della partecipazione dei cittadini». Mentre Anna della quinta T versa perché «essendo insegnante vivo ogni giorno le difficoltà finanziarie (e non solo) della scuola e so pertanto quanto sia fondamentale il contributo».

I fondi

L’ex ministro dell’Istruzione Bussetti aveva annunciato un potenziamento del fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, aumentato di 174,31 milioni nel 2020 e di 79,81 milioni nel 2021. Nonostante questo, le scuole sostengono che il contributo dei genitori resti determinante, necessario. Il liceo Volta di Milano nel chiederlo chiarisce che «escluse le risorse occasionali quali bandi e/o donazioni, l’unica risorsa certa e continua nel tempo è rappresentata dal contributo volontario dei genitori». Sulle differenze il Miur fa notare che «è di tutta evidenza che diverso è l’impegno economico che possono richiedere le attività didattiche di una direzione didattica rispetto a quelle di un liceo musicale o di un Istituto tecnico agrario». In prospettiva, non c’è l’intenzione di uniformare. «Non è prevista l’adozione di alcun “regolamento” - spiega ancora il Miur -, ciò lederebbe l’autonomia organizzativa delle istituzioni scolastiche».