Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » La conoscenza imprigionata nella gara dei test

La conoscenza imprigionata nella gara dei test

Non è solo una questione tecnica, è una profonda mutazione della conoscenza: la preparazione a misura di test è molto diversa di quella necessaria per scrivere una buona tesi o sostenere un colloquio

04/09/2019
Decrease text size Increase text size
La Stampa

Raffaella Silipo

AB o C? Fermo immagine di un'intera generazione davanti a un foglio di 60 domande con 5 opzioni di risposta, lo studio selettivo affinato da mesi di simulazioni, il calcolo frenetico di punteggi e percentuali, la differenza tra successo e fallimento in una crocetta. Con settembre è arrivata la stagione dei test: il più imponente e famigerato - quello per l'accesso alla facoltà di medicina - si è svolto ieri (69mila gli iscritti per 11.568 posti disponibili), ma è solo la punta di un iceberg di selezioni cui quotidianamente vengono sottoposti i ventenni del nuovo millennio per accedere agli studi, agli stages, ai dottorati, ai colloqui di lavoro, ai concorsi ministeriali. Non a caso i vari manuali preparatori sono da giorni in cima alla classifica dei libri più venduti, il primo è quello per la selezione di 1052 Assistenti Vigilanza Mibac. 
A, B o C? Non è solo una questione tecnica, è una profonda mutazione della conoscenza: la preparazione a misura di test è molto diversa di quella necessaria per scrivere una buona tesi o sostenere un colloquio. Dimenticate la visione d'insieme, i collegamenti, la profondità, il pensiero critico. Qui ci vogliono logica e riflessi pronti, capacità di selezionare e cogliere immediatamente le trappole nascoste nei quesiti. Ci vuole anche calcolo utilitaristico, perché la risposta sbagliata sottrae punti, quella non data vale zero: quindi il rischio va attentamente dosato. Studiare è necessario ma non basta, è favorito chi sa improvvisare, regge lo stress e non va nel panico di fronte alla scelta multipla. Soprattutto aiuta, assicurano gli esperti, l'attitudine al «problem solving». Qualcuno ce l'ha innata, qualcuno la allena nei corsi dedicati - da qui le proteste degli studenti, ieri vestiti da supereroi in camice bianco, convinti che anche sui test si combatta una lotta di classe e siano favoriti i candidati che possono contare sull'appoggio finanziario delle famiglie nella preparazione. 
Da parte loro università e aziende replicano che una selezione va fatta e il test è il modo più semplice finora trovato, anche se non sempre vince il migliore, il più preparato, il più intelligente, proprio come nella vita. Che successo e fallimento siano relativi è indubbio, a lasciare l'amaro in bocca è un'altra cosa: il messaggio che passa ai nostri figli è che la conoscenza è una gara, A, B o C. Mentre è loro diritto sognare un mondo dove imparare sia una gioia, l'avventura di una vita.