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La Stampa-Con il "fisco leghista" si anticipa la devolution nella Finanziaria

BOSSI ANNUNCIA: FEDERALISMO O SFODERIAMO LA SPADA, VIA I "FANTASMI" DEL CENTRALISMO Con il "fisco leghista" si anticipa la devolution nella Finanziaria TORINO COM'E' ...

18/11/2002
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La Stampa

BOSSI ANNUNCIA: FEDERALISMO O SFODERIAMO LA SPADA, VIA I "FANTASMI" DEL CENTRALISMO
Con il "fisco leghista" si anticipa la devolution nella Finanziaria

TORINO

COM'E' tranquillo Umberto Bossi. E' vero, ai suoi riuniti a Torino nella grande bomboniera di legno del Lingotto per il convegno "Federalismo o fantasmi", verso le cinque delle sera mostra un po' i muscoli. Deve ricordare che i leghisti hanno soltanto "rinfoderato la spada di Pontida" ma sono pronti ad impugnarla, tornando in piazza, fin dal primo dicembre con una manifestazione a Brescia. Poi, rivolto al più scalpitante, al leader delle camicie verdi Borghezio, spiega: "Non serve soffiare sulla polvere lavica, per far tornare i bagliori del vulcano: tutti sanno che è sempre acceso". Infine, ammicca dalla tribuna al ministro della Salute Girolamo Sirchia - già contestato da un centinaio di medici specializzandi, poco prima, e un po' abbacchiato - per ricordandogli che "non si deve imbrogliare gli elettori parlando di livelli minimi di assistenza in sanità per contrastare la devolution, in quanto è già tutto scritto in Costituzione". Com'è tranquillo, Bossi. Ai giornalisti, poco dopo, svela: "Ho pronto il mio progetto per completare il federalismo, con il Senato delle Regioni e i giudici costituzionali nominati dalle autonomie. Lo ripresenterò dopo la Finanziaria. Ma da Berlusconi ho l'assicurazione che si farà entro la legislatura". Perciò non giudica neppur necessario replicare ad An, che "frena" a difesa dell'unità nazionale. Com'è tranquillo Bossi. Eppure soltanto due mesi fa, dalla Riva degli Schiavoni di Venezia lanciò la dura parola d'ordine sul "federalismo adesso o mai più". E allora? E' tranquillo perché sa di avere una carta segreta, già giocata durante il dibattito alla Camera sulla nuova legge Finanziaria. E cioè collegare la devolution al Senato con la legge Finanziaria. Ci hanno pensato Giancarlo Giorgetti (presidente commissione Bilancio a Montecitorio) e l'ex ministro al Bilancio Giancarlo Pagliarini. In pratica, utilizzando una richiesta dei deputati siciliani di dare attuazione ad un articolo dello statuto d'autonomia, che stabilisce di destinare i tributi Irpeg sui fatturati realizzati nell'isola indipendentemente dalla sede giuridica delle società, Pagliarini si è insinuato con un "sub-emendamento" all'articolo 3 della Finanziaria, prefigurando così quello che dalla Confindustria e da alcuni economisti meridionali è stato bollato con allarme come "fisco leghista". Teoricamente, le tasse dovrebbe rimanere dove vengono prodotte. E' stato un "blitz" di "devolution per fatti compiuti", come Giorgetti rivendica. La differenza è l'inserimento in Finanziaria, perché va approvata entro il 31 dicembre. Perciò Giorgetti avverte gli alleati: quel nostro articolo tre non si tocca. E invita la sinistra a sostenerlo, se non vuole schierarsi contro la Costituzione. Anche perché l'articolo 3 indica una precisa tabella di marcia per arrivare alla applicazione del nuovo 119 della nostra Carta. E' quello che Bossi definisce l'articolo "dei soldi", in cui si fissa la "compartecipazione al gettito dei tributi erariali riferibili al territorio". Per attuarlo viene istituita una Alta Commissione (con governatori, sindaci e presidenti di Provincia da una parte e ministri dall'altra), da nominare entro il 21 gennaio. Poi, entro il 31 marzo, questo gruppo di "saggi" manda la relazione al governo. Infine l'esecutivo, entro il 30 aprile 2003, deve presentare le norme relativa in Parlamento. Sei mesi di tempo, da ora. Entro quella data, si deve sciogliere anche la controversia su dove si pagano le tasse e con quali criteri: oggi per le auto prodotte a Melfi dalla Fiat (ad esempio) l'Irap e la quota Irpeg vanno in Piemonte, domani andrebbero in Basilicata. Ma ci sono tante altre controversie fiscali da sciogliere, con il risultato - spiegano Giorgetti e Pagliarini - di "togliere a qualcuno per dare ad altri". Il che, in tempi di crisi economica è difficile. Si annuncia una "guerra sulle tasse" da parte ulivista per difendere il Sud debole dal Nord più ricco, ma anche dal presidente della Puglia forzista, Fitto. Ieri invece il presidente dei governatori, Enzo Ghigo, è sembrato più conciliante, dopo una stoccata a Casini sulla "bicameralina", ha dato atto alla Lega di essere un "grimaldello" in favore delle Regioni. Allo stesso modo il presidente del Consiglio regionale del Piemonte Roberto Cota, che ha organizzato il convegno del Lingotto - cui hanno partecipato anche Vizzini, presidente della "bicameralina" sugli affari regionali, il consigliere della Rai Albertoni, oltre a Speroni, Molgora, Azzollini, mentre Maroni e Tremonti, pur annunciati, non si sono fatti vedere - è convinto che ormai si "possano scacciare i fantasmi del passato centralismo". Come? Appunto, oltre al dibattito in Senato sulla devolution per i tre temi già noti (sanità, scuola e polizia locale), grazie alla Finanziaria. E se Bossi, dopo aver avvertito che la sua legge sull'immigrazione non può subire proroghe altrimenti "diventa una barzelletta", concentra tutte le aspettative su Tremonti: "Si dovrà tornare a qualcosa di simile alla tassa di famiglia tolta da Visentini nel `73. Giulio lo sa, senza federalismo fiscale, la devoluzione non si può fare".