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Liberazione - Contro la pace preventiva

Contro la pace preventiva Bisogna avere ben chiaro il significato di questi arresti di alcuni giovani del Movimento. Non basta, come è giusto, indignarsi per le perquisizioni e i "prel...

17/11/2002
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Liberazione

Contro la pace preventiva

Bisogna avere ben chiaro il significato di questi arresti di alcuni giovani del Movimento. Non basta, come è giusto, indignarsi per le perquisizioni e i "prelevamenti" all'alba, quasi si trattasse di latitanti mafiosi, ricercati da anni per malversazioni e stragi. Non basta neppure lasciarsi sbigottire dalle accuse mosse ("turbativa al funzionamento del governo" e "associazione sovversiva"), che inventano quasi un linguaggio giuridico, tanto difficile è immaginare a quali atti e avvenimenti concretamente si riferiscono. Cose accadute sotto i nostri occhi e di cui non abbiamo avuto né percezione né notizia?
Del resto, c'è poco da meravigliarsi quando si sente in tv e si legge sui giornali, a proposito delle giornate del Social Forum di Firenze, che qualcuno le definisce un "geniale colpo di Stato". Un celebre libretto di qualche decennio fa recitava "La realtà supera la fantasia": ebbene, qui succede il contrario, e quando la fantasia è malata non si sa quali mostri sia capace di evocare e quali guasti sia capace di provocare.

Dico Firenze perché il primo impulso, e non solo mio credo, sarebbe quello di dire: si tratta della rivincita su Firenze. Rivincita su quei ragazzi che non hanno accettato di giocare la parte che il capo del governo e il suo ministro della Giustizia avevano loro assegnato, quando malgrado gli allarmi il terrorismo psicologico messo in atto contro i fiorentini no solo bottegai, quando gli scongiuri "per pietà dell'Arte cambiate sede" e gli improperi lanciati dai sostenitori di Bush e della sua guerra preventiva non avevano sortito effetto. E fra la Fortezza da basso e piazza della Signoria e i lungarni e dovunque altro vogliate non c'era stato sovvertimento di sorta, e anzi fra il Movimento e le Forze dell'ordine non c'era stano neppure un semplice fronteggiarsi.

Ma di altro, oltreché di questo, si tratta. Gli arresti "annunciati" poche ore prima dal sorriso sardonico di Castelli e dal suo provocatorio rivolgersi a Sergi e Cusani nella sede del "Porta a Porta", dove si doveva ragionare della visita del Papa a Montecitorio, mirano a qualcosa di più di una semplice rivincita.

Che giungano dopo un anno e mezzo, così viene detto, di attente indagini su alcuni esponenti del Movimento dei movimenti, legato ai fatti di Genova, o che si rifacciano a non meglio specificate azioni sovversive (pare si tratti di canti azzardosi e di minacce tipo "pagherete tutto") non cambia molto. Il giudice per le indagini preliminari trasmetterà a chi di dovere e la Magistratura chiarirà l'affare. Non questo preoccupa.

Preoccupa un certo tempismo, la scelta dei luoghi (il sud d'Italia) le parole di Castelli: giovedì notte all'alba, poche ore prima che scendessero in piazza in tutta Italia i lavoratori della Fiat a rivendicare la dignità e il diritto del posto di lavoro e che proprio nel sud i lavoratori minacciati annunciassero manifestazioni dure, peraltro senza incidenti e con la comprensione degli italiani, anche quelli eventualmente danneggiati dai blocchi di ferrovie, traghetti e autostrade. Si vuol giocare sull'esasperazione degli operai, dei sindacalisti, delle popolazioni, degli stessi giovani dei Movimenti per innescare qualcosa di meno pacifico e civile?

Il dubbio è non solo lecito. E' doveroso, anzi, per chi ha vissuto le giornate di Napoli del marzo 2001 e quelle del luglio di Genova. Le provocazioni lì le abbiamo viste e denunciate, come abbiamo visto il corpo di Carlo Giuliani passato e ripassato dalle ruote della camionetta, e lo scempio della scuola Diaz.

Dunque non si tratta solo di rivincita su Firenze. Ma di mettere in crisi, di spaccare, di criminalizzare un Movimento che chiama tutti, dagli operai della Fiat agli altri, dai cittadini italiani agli europei, dai fedeli di ogni credo ai politici di ogni parte a rifiutare la guerra preventiva. Perchè, stando ai giornali statunitensi, alle bizze di Bush verso l'Onu e al riaffacciarsi del già morto bin Laden, il momento è vicino. Si fa anche una data, entro la prima settimana di dicembre, quando dovrebbe partire l'attacco all'Iraq, al quale l'America di Bush rivendica il diritto di andare anche da sola. Ma questo gesto estremo di prepotenza potrebbe comportare qualche pena, qualche diserzione fra gli alleati e soprattutto fra la gente che odia la guerra. Disarcionare in qualche modo il Movimento globale che cavalca la pace è un obiettivo mica male per gli amici del caro amico George.