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Liberazione-Parigi scende in piazza, giù le mani dalla scuola pubblica

Gli insegnanti francesi protestano contro le riforme varate da Ferry e Fillon Parigi scende in piazza, giù le mani dalla scuola pubblica Clelia Cirvilleri Nostro servizio - Parigi Un muro...

08/05/2003
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Liberazione

Gli insegnanti francesi protestano contro le riforme varate da Ferry e Fillon
Parigi scende in piazza, giù le mani dalla scuola pubblica
Clelia Cirvilleri
Nostro servizio - Parigi
Un muro di libri che blocca l'ingresso del numero 110 della rue de Grenelle, sede del Ministère de l'Education nationale: si è chiusa così, nel tardo pomeriggio di ieri, la giornata di mobilitazione dell'istruzione pubblica francese, la quarta ormai dall'inizio dell'anno scolastico, che ha portato in piazza 30mila persone a Parigi, ed altre diverse migliaia nelle principali città francesi. Un gesto simbolico, perché, ad innalzare quel muro, sono servite centinaia di copie del medesimo testo: la "Lettre à tous ceux qui aiment l'école" ("Lettera a tutti quelli che amano la scuola") che Luc Ferry, il ministro dell'Istruzione, ha inviato a 800mila insegnanti nelle scorse settimane.
Scopo della "lettera", scriveva il ministro-filosofo, era di aprire un "grande dibattito" che coinvolgesse tutti gli attori del mondo educativo sul futuro della scuola pubblica, che dovrà subire, nei piani di Ferry, una consistente metamorfosi a partire dall'autunno prossimo.

Apprezzabili propositi conciliatori, da parte di un ministro asceso al più alto rango del sistema educativo francese sotto i migliori auspici: un intellettuale, esterno al mondo e ai modi della destra chirachiana, che ha dichiarato immediatamente la sua ferma volontà moderatrice e dialettica. Ma alle parole non sono seguiti atti concreti, e Ferry vive oggi con sindacati e insegnanti una situazione di profonda crisi di fiducia. Su ogni esemplare del pamphlet ministeriale, una dedica spiegava concretamente che amare la scuola non è sufficiente: bisogna conoscere la sua realtà. "Le restituisco i suoi buoni propositi, signor ministro, a nome della scuola media Pléiade di Sevran, in attesa da settembre del nuovo insegnante di Inglese". "Alla mia pensione, se mai ne potrò godere". "Auguro ai miei allievi una scuola giusta, formativa e uguale per tutti, che non tradisca mai lo spirito di fraternità dell'ideale repubblicano".

"La distanza che esiste fra le grandi promesse fatte dal ministro e la realtà delle misure progettate è sconcertante. Da una parte, la copertura teorica, sviluppata nella lettera di Luc Ferry, ha avuto per obiettivo ingraziarsi i professori, proponendogli di ripristinare la loro autorità e la centralità dei contenuti a scuola. In pratica, però, si sopprimono posti, si decentralizza, si impone tutto dall'alto", spiega Samuel, 28 anni, una carriera di insegnante di storia appena iniziata in una scuola media della periferia nord della capitale.

Tuttavia, ascoltando le voci che si alzano dal corteo che ha attraversato ieri pomeriggio la capitale, è evidente che la causa del malessere del mondo della scuola non si limita ad un dialogo difficile con un ministro in crisi di credibilità. "C'è un problema di fondo, e molto grave: la politica sociale di questo governo. Raffarin e Chirac cantano le lodi dell'iperliberalismo. Ma non si rendono conto di che cosa significano in concreto parole come "decentralizzazione" e "privatizzazione"", analizza Michel, preside di un Liceo parigino. E rincara Catherine, che insegna Inglese in una scuola media della capitale: "la decentralizzazione significherà la fine dell'educazione nazionale uguale per tutti. 100mila funzionari scolastici, medici, psicologi, assistenti sociali, non dipenderanno più dal ministero ma dalle amministrazioni locali. Questo vuol dire in concreto che si arriverà a una politica scolastica "à la tête", sul modello americano: il servizio offerto agli studenti varierà a seconda delle zone, e delle tasche dei genitori. Avremo una scuola a due velocità. Per chi potrà permetterselo, una scuola di qualità, che offrirà conoscenze e opportunità. Per gli strati sociali meno favoriti, invece, la scuola si limiterà a un servizio di sorveglianza o poco più".

La scuola come una qualsiasi impresa, il mestiere di insegnante come qualsiasi altra attività: lo spirito del progetto Ferry si sposa felicemente con le proposte in materia di pensioni annunciate dal suo collega François Fillon, ministro delle politiche sociali, che oggi verranno presentate ufficialmente in parlamento. Nel 2020 tutti i lavoratori francesi, senza distinzione, dovranno, per accedere alla pensione, aver lavorato per almeno 42 anni. Unanime la reazione dei sindacati, che dopo un'imponente manifestazione del primo maggio che ha testato la misura del malcontento e la determinazione dell'opposizione, ha chiamato tutti i lavoratori francesi a una grande giornata di mobilitazione per il 13 maggio prossimo. "Il progetto di questo governo è di ridurre tutto a una merce. Il lavoro, la cultura, l'educazione dei nostri ragazzi", dice preoccupato Gérôme, insegnante in pensione. "Ma io non sto a questo gioco. Scegliere di lavorare nell'istruzione pubblica è stato per me una vocazione. Un ideale: una scuola uguale per tutti, per fare di tutti cittadini liberi ed eguali".