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Manifesto-Contratti, dieci milioni in attesa

Contratti, dieci milioni in attesa Il fronte dei rinnovi si fa sempre più caldo. Carla Cantone (Cgil): "Scioperiamo contro la precarizzazione" Un baluardo "irrinunciabile" Per la Cgil bisogna dif...

14/01/2003
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il manifesto

Contratti, dieci milioni in attesa
Il fronte dei rinnovi si fa sempre più caldo. Carla Cantone (Cgil): "Scioperiamo contro la precarizzazione"
Un baluardo "irrinunciabile" Per la Cgil bisogna difendere il ruolo del contratto nazionale. E rafforzare il secondo livello
ANTONIO SCIOTTO
Sono circa dieci milioni i lavoratori in attesa di rinnovo, e i rapporti tra sindacati, controparti e governo si fanno sempre più tesi. Le categorie più corpose sono quelle dei metalmeccanici (2 milioni di addetti), il terziario (turismo, commercio, pubblici esercizi: 3 milioni), e i dipendenti pubblici (inclusa la scuola, oltre 3 milioni). Ma ci sono anche i dipendenti delle Poste, delle ferrovie, gli autoferrotranvieri e gli assicuratori, oltre a settori come l'agroalimentare, il tessile, l'edile e il legno, che vedranno scadere il proprio contratto nel corso del 2003. Intorno alla guerra delle percentuali, sul tavolo delle trattative si incrociano diversi temi: il rapporto tra inflazione reale e programmata, reso più drammatico dall'infiammarsi del carovita; il dilagare della flessibilità e della precarietà; l'attacco, da parte di governo e Confindustria, al contratto nazionale, con lo scopo di ridurre il sindacato alle sole trattative locali. Per non parlare della divisione, in alcuni casi, all'interno dello stesso fronte sindacale: basta citare le tre diverse piattaforme presentate da Fiom, Fim e Uilm. La Cgil chiede un aumento medio di 135 euro, la Cisl di 86 e la Uil di 92. La richiesta (unitaria) per gli autoferrotranvieri è di 106 euro, quella per gli addetti al turismo di 85 euro. Il record del ritardo riguarda i ferrovieri, in attesa di un adeguamento dal 1997.

Sugli obiettivi della lotta alla precarizzazione, la piattaforma più avanzata è quella della Fiom Cgil: chiede la trasformazione, dopo 8 mesi, dei rapporti di lavoro a termine in rapporti a tempo indeterminato a parità di qualifica, il divieto di sostituire lavoratori a termine con altri precari a fine contratto, l'estensione ai co.co.co. della normativa per malattia, infortunio, ferie e per giusta causa di licenziamento (ovvero l'articolo 18). Tra le altre richieste, la possibilità per i lavoratori immigrati di cumulare permessi e ferie per recarsi nei propri paesi di origine, oltre a quella di assentarsi per espletare tutte le pratiche relative al permesso di soggiorno. Sul fronte degli addetti ai servizi, la piattaforma di Filcams-Fisascat-Uiltucs chiede maggiori garanzie per i lavoratori "flessibili", la regolamentazione dell'uso dei co.co.co., l'aumento dell'orario minimo per il part-time.

Carla Cantone, segretario confederale Cgil, spiega che la Cgil ha deciso di scioperare "contro l'idea distorta di sviluppo che hanno governo e Confindustria, basata sull'abbassamento del costo del lavoro, la precarizzazione, il rilancio delle deleghe sul mercato del lavoro e del libro bianco. Un modo per far rientrare dalla finestra la modifica dell'articolo 18 e il patto per l'Italia, dato che l'unica ricetta contenuta in quelle deleghe è la precarizzazione e la riduzione dei diritti". E ancora, "mentre governo e Confindustria puntano a decentrare la contrattazione, per la Cgil è assolutamente irrinunciabile il ruolo del contratto nazionale come strumento universale per la difesa del potere d'acquisto dei salari. Pretendiamo il pieno rispetto dell'accordo del 23 luglio, e in questa ottica puntiamo a riqualificare ed estendere anche il secondo livello. La contrattazione aziendale e territoriale, infatti, potrebbe intervenire maggiormente su temi come le condizioni, l'organizzazione e la sicurezza sul lavoro".

Per quanto riguarda il rapporto aumenti-inflazione, infine, il segretario confederale dice che "la Cgil non concorda affatto con l'inflazione programmata indicata nel Dpef" (1,4%), e che "ciascuna categoria dovrà chiedere una cifra il più vicino possibile all'inflazione reale" (2,5%), "oltre a una quota di produttività di settore". Condizione, quest'ultima, che "non esclude affatto ulteriori richieste di recupero della produttività nel secondo livello".