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Manifesto-Didattica, i bambini ci guardano

Didattica, i bambini ci guardano Genitori e insegnanti si misurano con la "scuola secondo Moratti". Cosa cambierà? C'è anche chi dice che un'alternativa esiste e non è solo il tempo pieno. Ma un'...

17/01/2004
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il manifesto

Didattica, i bambini ci guardano
Genitori e insegnanti si misurano con la "scuola secondo Moratti". Cosa cambierà? C'è anche chi dice che un'alternativa esiste e non è solo il tempo pieno. Ma un'attenzione al territorio nazionale con i suoi reali bisogni, diversi tra nord, centro e sud
A. DI GE.
I diversi punti su cui verte la riforma sono l'oggetto di una serie di domande che abbiamo posto a chi la scuola la vive come insegnante e come genitore dei propri figli. La lettera di rassicurazione sulle 40 ore del ministro Moratti ha creato ancora più disagio in chi è consapevole delle scelte educative improntate alla moderna pedagogia e un'assoluta confusione in chi ha meno strumenti per "decodificare" il linguaggio di quell'assommatoria di ore 27+3+10. Resta il fatto che la differenza sul territorio nazionale di un aspetto come quello (centrale) del tempo scolastico è molto marcata e in realtà non si può parlare di una esperienza che coinvolga tutti alla stessa maniera. Nord, centro e sud fotografano tre situazioni ben delineate (ognuna con la sua specificità), in cui la scuola va a collocarsi, ancora una volta non come entità astratta ma come "luogo" fisico, profondamente radicato nel tessuto sociale. Ecco cosa hanno detto le persone da noi intervistate. Ludovica Muntoni, scuola comunale d'infanzia (Roma). "La riforma può anche aver ottenuto un tempo scuola sufficiente dal punto di vista assistenziale ma la maggior parte delle famiglie non sa che quel tempo sarà parcellizzato, la didattica non sarà più come prima. La responsabilità della formazione futura di classi a tempo pieno, simili a quelle che abbiamo oggi, è a carico degli insegnanti e dei direttori didattici di buona volontà che tenteranno in tutti i modi di `ovviare' alla riforma per assicurare un servizio sociale reale ai genitori. Alle elementari mi dicono che è il caos totale, per ora è salvaguardato soltanto l'orario mattutino. L'unitarietà didattica sarà solo questione di fortuna e per evitare l'annientamento del principio di cooperazione, gli insegnanti saranno chiamati a fare salti mortali. Altro punto: la precocità. Qui sono stati vigliacchi. Non sono d'accordo sull'anticipo ma almeno potevano dire che la scuola dell'obbligo comincia per tutti a 5 anni, senza caricare le famiglie di questa responsabilità. I docenti si sarebbero attrezzati ad affrontare le 'pluriclassi' dove bambini di 5 anni e mezzo stanno con quelli di 7, con divari di età anche di 20 mesi. Avremo bambini più addestrati e meno acculturati, a 5 anni non si ha ancora la capacità astrattiva di scrittura e lettura. E quando si addestrano, i bambini perdono la flessibilità del ragionamento. Sarebbe stato molto più importante insistere sulla continuità del lavoro tra scuola d'infanzia e elementari".

Kristina, svedese, madre di Giulia, prima elementare (Roma). "Siamo in una società dove la Ue lancia il messaggio che la popolazione italiana lavoratrice deve crescere perché rispetto alla media europea c'è uno scarto del 5/6%. Il gap riguarda soprattutto le donne. La riforma fa sì che donne con un reddito normale non possano più lavorare. Io la `mossa' del governo la leggo come un duro colpo all'indipendenza delle madri lavoratrici. E penso che non farà bene ai bambini, non ci sarà più continuità didattica e molti finiranno per fare i compiti davanti la tv".

Mario Priore, insegnante e genitore (Bella, provincia di Potenza). "Nel sud il tempo pieno ha stentato a decollare perché non vi è mai stata una forte richiesta sociale e quelle poche richieste hanno avuto vita assai difficile. Inoltre, non c'erano strutture adatte per la permanenza dei bambini. Al nord è stato diverso, la scuola ha saputo coniugare la richiesta sociale con una offerta pedagogica e didattica valida. Alcune ricerche comunque dicono che a una lunga permanenza nella scuola non corrispondono standard elevati di apprendimento. Quindi, secondo me, il punto principale non è questo. Capisco perfettamente il problema familiare dove lavorano entrambi i genitori ma credo anche che la scuola non possa assolvere a tutti i compiti educativi e sociali. Il suo fine non va perso di vista: c'è l'educazione ma c'è anche l'istruzione, quel fornire delle competenze al bambino che lo accompagnino per tutta la vita lungo la strada del suo processo cognitivo. Nella scuola questo livello si è abbassato. In un'indagine che ho svolto con 950 bambini di quinta elementare dove si misurava la velocità di lettura in rapporto alla comprensione del testo, il 25% dei ragazzi non ha raggiunto lo standard qualitativo stabilito dall'Unesco. L'obiettivo primario, prima ancora di ogni riforma, è allora ritrovare le funzioni primarie, lavorando in quei margini di autonomia che la normativa consente così da poter fornire risposte educative e formative `leggendo' il territorio. Faccio un esempio delle contraddizioni che viviamo negli istituti scolastici: la mia scuola ha usufruito di 200 milioni concessi dallo stanziamento di 20 miliardi voluti da Berlinguer per la creazione di biblioteche. Bene, la nostra è bellissima, moderna e molto funzionale. Solo che è chiusa perché manca la figura del bibliotecario".

Lia, madre di Sara, scuola materna Montessori (Roma). "Da parte della nostra scuola non c'è stata nessuna comunicazione su quel che accadrà in futuro, io ho ri-confermato mia figlia pur non avendo alcuna idea di quella che sarà l'offerta didattica per l'anno prossimo. Per quanto riguarda l'anticipo dell'ingresso nella scuola dell'obbligo ritengo che sia una violazione dei diritti dell'infanzia, che costringe i nostri figli a fare uno scatto psicologico che non compete loro".

Anna Maria Monaco, maestra elementare a Buccino (provincia di Salerno). "C'è molta confusione sulla riforma. L'unica cosa che è evidente è lo scopo e cioè favorire la scuola privata a scapito della pubblica. Al sud il tempo pieno non è mai realmente partito (`grazie' anche alla disoccupazione dei genitori) e i pomeriggi in cui i bambini restano a scuola non sono organizzati, si va avanti come nel 1890... Niente atelier, si lavora seduti al banco, con quaderno, libro e penna. La riforma Moratti istituzionalizza questo dato di fatto, che è nefasto per la crescita dei bambini e per la piacevolezza della loro permanenza a scuola".

Andrea De Lotto, genitore e insegnante (Milano). "Il disastro che comporterà questa riforma è nella perdita di attenzione per i bambini. Come farà un insegnante solo a coprire tutto? Intorno alla figura del 'tutor' ci saranno altri docenti a rotazione che conosceranno sempre meno il gruppo classe. I laboratori poi divideranno i bambini, alcuni li faranno altri no, il tutto in una cornice di appiattimento e di qualità che sarà sempre più scarsa. Si utilizzeranno giovani pagati ad ora per i pomeriggi. Questo personale avrà salari bassissimi e cambierà ogni tre mesi. Inoltre, il maestro prevalente insegnerà le materie `fondamentali', cioè italiano-matematica: tutte le altre aree espressive verranno cancellate".