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Manifesto: Il nuovo controllo dell'istruzione, da Gentile a Gelmini

Con i suoi tagli, la spinta alla privatizzazione, la conseguente riduzione del peso dell'offerta formativa pubblica a livello globale e aprendo le porte alla progressiva privatizzazione della scolarizzazione superiore e del sapere

24/11/2009
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il manifesto

Giuseppe Caliceti

Cosa era la riforma Gentile, definita da Mussolini «la più fascista delle riforme»? Da una parte una scuola elitaria, destinata alla formazione della classe dirigente; dall'altra una scuola "del popolo" funzionale a fornire un livello d'istruzione manuale alla classe lavoratrice. È quello che sta accadendo oggi con la riforma Gelmini. La scuola gentiliana negava le risorse culturali necessarie alla formazione di una coscienza collettiva, indispensabile non solo per opporsi alla deriva dittatoriale delle istituzioni, ma anche per comprendere i meccanismi economici di quel capitale che appoggiava il fascismo e che necessitava di manodopera ignorante da sfruttare. Anche per questo, negli attuali art. 33 e 34 della Costituzione, si sancisce la libertà di insegnamento quale presupposto e conseguenza della libertà di espressione. La differenziazione della scuola secondaria viene superata nel 1962. Nel 1968 viene istituita la scuola materna statale. Nel 1969 viene riformato l'esame di maturità e liberalizzato l'accesso alle università. Nel 1971 tocca alla scuola elementare, con l'introduzione del tempo pieno come risposta ai mutamenti intervenuti nel tessuto sociale italiano - primo fra tutti il progressivo inserimento delle donne nel ciclo produttivo. Nel 1974 i decreti delegati introducono le rappresentanze dei genitori e degli studenti. Filo conduttore: adattare l'offerta scolastica alle diverse realtà italiane. Poi qualcosa cambia. A partire dal 1996 tentativi di riforma si sono affastellati al fine di riorganizzare il sistema scolastico, con l'unico effetto di creare un disordine normativo capace di disorientare chiunque. Si inizia con la riforma Berlinguer del 1997. Abrogata dalla riforma Moratti. Abrogata, a sua volta, senza neppure entrare in vigore. Ma il successivo governo di centrosinistra non emette alcun provvedimento sostitutivo. Nel 2008 arriva la riforma Gelmini. Con i suoi tagli, la spinta alla privatizzazione, la conseguente riduzione del peso dell'offerta formativa pubblica a livello globale e aprendo le porte alla progressiva privatizzazione della scolarizzazione superiore e del sapere.
In Italia aumentano i finanziamenti alle scuole private parificate. L'art. 33 della Costituzione attribuisce agli enti privati la possibilità di istituire scuole e istituti di educazione, ma senza oneri per lo Stato. Per aggirare il divieto costituzionale una norma li inserisce nei capitoli di spesa già previsti in finanziaria per il sistema pubblico nazionale. E attraverso i contributi diretti sui buoni-pasti riconosciuti alle famiglie che scelgono una scuola parificata: un altro contributo indiretto alle scuole stesse. A questi vanno sommati gli sgravi fiscali derivanti dall'applicazione alle scuole paritarie del regime fiscale relativo agli enti senza fini di lucro. A partire dal 2002 i contributi, diretti e indiretti, alle scuole parificate, ammontano ormai a un miliardo di euro all'anno: la maggior parte degli istituti paritari, il 20% dell'offerta educativa nazionale, è infatti gestita direttamente o indirettamente dalla Chiesa. Il centrodestra ha fatto la sua politica, ma il centrosinistra ha avuto la responsabilità di iniziare, almeno formalmente, l'intero processo di parificazione tra scuola pubblica e scuola privata. La Chiesa e il Capitale, con le università trasformate in fondazioni private, potranno controllare la direzione della ricerca. Così, escludendo a priori ogni forma di opposizione, il potere conserva se stesso.