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Manifesto: L'anomalia ancora da costruire

L'onda si forma, cresce e poi rifluisce. È un fatto noto, ma se è anomala può infrangere ogni modello di analisi

09/01/2009
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il manifesto

Benedetto Vecchi
L'onda si forma, cresce e poi rifluisce. È un fatto noto, ma se è anomala può infrangere ogni modello di analisi. E il movimento contro le proposte del ministro Mariastella Gelmini ha subito dichiarato la sua anomalia. Anche quando sembrava che avesse lasciato il posto alla risacca, ha mandato a dire che non voleva essere un movimento dipendente dalle azioni del potere politico, sia che vestisse le divise istituzionali che gli abiti di un qualche partito, sia che fosse presente o non in Parlamento. E quando ha pacificamente paralizzato, almeno a Roma, cioè nella capitale, sede del parlamento, la vita pubblica già affermava che quella invasione della città era solo un assaggio della sua potenza.
Ma poi la parola è passata a Mariastella Gelmini, che, se su YouTube invitava al confronto, nelle stanze segrete del ministero stilava pessimi decreti attuativi della riforma della scuola primaria e modificava il decreto legge sull'Università. Ieri, infine, il voto in Parlamento che ha approvato la nuova versione.
Sulle modifiche introdotte non c'è molto da dire. Gli ottimisti potrebbero dire che è solo maquillage, i pessimisti che sono peggiorative. Più realisticamente si può dire che il ministro rompe ogni indugio e mette nero su bianco un tassello importante nel progetto di una differenziazione dei finanziamenti alle università, al fine di creare centri di eccellenza e università di «secondo piano». E che uno dei criteri portanti è dato dalla riduzione dei costi del personale. Una logica aziendalista denunciata nei mesi scorsi, ma le modifiche introdotte, stabilendo che sia il bilancio a stabilire quali gli atenei meritevoli e quelli no, la dicono lunga sullo stile di pensiero attorno alla formazione di questa compagine governativa.
Quando dal governo giunse la dichiarazione che il decreto non sarebbe stato rinnovato per presentare una proposta organica di riforma, in molti scrissero che se non era una vittoria piena le mobilitazioni erano riuscite almeno a mettere in difficoltà Silvio Berlusconi. Ma i decreti attuativi e il voto di ieri mettono in evidenza una strategia del governo, che dovrebbe far riflettere. Il governo, infatti, di fronte al conflitto sociale ha scelto una precisa strategia. Si dice sempre disposto al dialogo, sceglie un basso profilo rispetto alle manifestazioni di piazza, ma poi quando le mobilitazioni perdono intensità riprende il suo cammino come se nulla fosse accaduto. Un cambiamento di strategia rispetto alla precedente esperienza governativa di Silvio Berlusconi, quando il cavaliere mostrava il volto duro del decisionista che non indietreggiava di fronte a nulla.
La prola torna adesso all'Onda per dimostrare la sua anomalia. Vuol creare una propria agenda politica senza diventare una variabile dipendente di nessuno. Non vuole cedere alle lusinghe di chi la corteggia; sostiene semmai che i suoi soli e naturali alleati sono gli altri movimenti sociali. Una strategia espositiva delle proprie ragioni che paga in termini di consenso, perché mostra una capacità autonoma di elaborazione. Ma proprio perché vuole essere una forma specifica dell'agire politico, l'Onda è costretta a misurarsi con i nodi della politica. La costruzione del consenso, ovviamente, ma anche la necessità di dare continuità alla propria azione. Assieme a una lettura dei rapporti sociali vigenti. E di conseguenza il nodo del potere e delle alleanza da stabilire. Se la scelta è di non delegare alle forze politiche la rappresentanza delle proprie proposte è con questo ordine del discorso che si misura un sempre un movimento sociale
Il filosofo francese Alain Badiou ha scritto che la politica si può pensare solo in casi eccezionali, quando cioè si crea una rottura nel tempo lineare dell'esercizio del potere. Solo in questi casi, afferma Badiou, la politica può essere pensata. È difficile sostenere che la realtà italiana sia in questa situazione. Eppure l'Onda ha accumulato sapere critico, una vision innovativa sul tentativo di trasformare il sistema della formazione in una struttura di servizio delle imprese.
È finora sfuggita anche alla tentazioni di trasformarsi in un movimento che privilegia una single issue, lasciando così ad altri il compito di trovare una praticabilità politica di quella «questione». Non riesce però a pensare politicamente la parzialità da cui guarda la totalità dei rapporti sociali. Urgenza data anche da una crisi economica che sta radicalmente e ferocemente cambiando il panorama sociale e le caratteristiche del capitalismo che sin qui è stato variamente chiamato neoliberista, postfordista o cognitivo.
Nei mesi scorsi l'Onda ha mandato a dire che è fatta di uomini e donne che non «mollano mai»; che l'Università è diventata un nodo importante nella produzione della ricchezza e che i progetti di riforma vogliono legittimare il fatto di trasformarla in attività direttamente produttiva. Tematiche e attitudini al conflitto che devono fare i conti con una politica istituzionale che fonda la sua legittimità nell'investitura avuta nel voto elettorale. Ma se si vuole incrinare il monopolio della decisione politica occorre che quei temi e attitudini diventino discorso programmatico. Innovando dunque le forme di agire politico e di organizzazione, evitando così i vicoli ciechi del passato.
L'anomalia è uno stile di pensiero e di agire politico da sperimentare. Anche perché altrimenti un'onda è destinata sempre alla risacca. L'anomalia va quindi inventata in una pratica culturale e politica dove nulla è dato per scontato. Neppure quello che sembrava acquisito.