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Messaggero-I maestri in coro: no alla devolution delle note

I maestri in coro: no alla devolution delle note di SALVATORE ACCARDO LA PROVINCIA italiana ha fatto per la musica quanto e più delle grandi città. Da giovane, per me, gli Amici della Musica di ...

15/05/2003
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Il Messaggero

I maestri in coro: no alla devolution delle note
di SALVATORE ACCARDO
LA PROVINCIA italiana ha fatto per la musica quanto e più delle grandi città. Da giovane, per me, gli Amici della Musica di Perugia diretti da Alba Buitoni o la società 'Barattelli" di L'Aquila guidata da Nino Carloni erano traguardi ambìti come Santa Cecilia. Per questo dev'essere chiaro che quando io e i miei colleghi, da Claudio Abbado a Maurizio Pollini, diciamo che nelle nuove proposte di legge bisogna evitare ogni forma di provincializzazione, pensiamo solo ai rischi di appiattimento e confusione che la devolution può creare nella vita musicale.

A un ruolo centrale dello Stato non si può rinunciare. Significherebbe tornare indietro di decenni. Proprio ora che siamo in Europa, governare la musica con una logica regionale è un controsenso. Festival come quelli di Pesaro o di Ravenna sono ormai inseriti in una dimensione internazionale e hanno bisogno di strategie di ampio respiro, non certo localistiche.

Nessuno vuole mettere in discussione il ruolo delle Regioni. Anzi, ogni Regione dovrebbe avere un'orchestra. Con la quantità di musicisti validi che abbiamo oggi in Italia dovrebbe essere tutto molto più semplice. Fino a pochi anni fa il materiale umano mancava. Oggi, invece, le orchestre importanti bandiscono un concorso per violino di fila e per un posto ci sono 300 domande. Con tutti questi elementi si potrebbero formare orchestre regionali di altissimo livello. Ma il fatto è che musica e cultura, da noi, sono neglette: quando c'è bisogno di tagli vengono subito prese di mira. E questo succede solo in Italia.

I problemi, semmai, sono altri. Per quanto mi riguarda ho molto a cuore le sorti dell'Orchestra da Camera Italiana. Ma devo dire che da quando è nata non è stata sostenuta dallo Stato. Il Ministero tra l'altro ci deve dei contributi per delle tournées fatte in America quattro anni fa. Non sono cifre enormi, ma per un'orchestra giovane che si autogestisce vogliono dire molto. Venendo a mancare un rapporto con lo Stato la cosa diventerebbe ancor più complicata perché l'Orchestra non è regionale ma nazionale: i suoi componenti vengono da tutta Italia anche se sono usciti dalla scuola di Cremona. Se la musica dovesse passare alle Regioni sarebbe un ulteriore intoppo.

La nostra paura è che si standardizzi tutto e che la qualità non venga premiata. Con un certo tipo di legge si può passare all'assurdo: possono venir privilegiati, cioè, complessi stranieri, che vengono non dico gratis ma quasi, perché a pagare sono i loro governi. Ma ancora più assurdo è che nell'elaborare le proposte legislative non c'è stata una vera consultazione coi musicisti, non è stata formata nessuna commissione, come del resto non è successo nemmeno per la riforma della musica nella Scuola.

Noi non siamo contro la devolution: vogliamo che si apra un dialogo. Ma se regionalizzazione fa rima con globalizzazione, non ci sta bene.