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Messaggero-Liberiamoci dall'omologazione e dallo stress della performance immediata

Il dibattito sulla qualità e gli obiettivi della scuola "Liberiamoci dall'omologazione e dallo stress della performance immediata" Continua il dibattito su come è e su come dovrebbe essere la S...

23/11/2002
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Il Messaggero

Il dibattito sulla qualità e gli obiettivi della scuola
"Liberiamoci dall'omologazione
e dallo stress
della performance immediata"
Continua il dibattito su come è e su come dovrebbe essere la Scuola di oggi. Dopo quello dell'insegnante che faceva autocritica dicendo che anche i docenti pensano troppo spesso soltanto al voto (cosa questa lamentata, a proposito dei ragazzi, dal preside Gagliardi), il dirigente del Liceo Scientifico torna sull'argomento con un nuovo intervento in cui allarga le valutazioni, coinvolgendo anche le famiglie. Il dibattito resta aperto.

GINO GAGLIARDI *

Ho letto con piacere e vivo interesse l'intervento dell'insegnante, madre e zia, riguardante la scuola e la sua funzione.
Condivido molte delle osservazioni svolte, specie per quello che riguarda i professori cosiddetti 'bravi", sui modi di trasmettere cultura e accertare i livelli di preparazione dei ragazzi. Non condivido i particolari (importanti ma non significativi) con cui la professoressa ha evidenziato alcuni errori degli insegnanti.
La Scuola deve fornire gli stimoli e gli strumenti di lettura del reale, più che 'contenuti" sic et simpliciter. Il contenuto staccato dal più complesso processo cognitivo, diventa infatti autoreferenziale, costituisce una pietrificazione concettuale difficilmente collocabile in un più complesso ambito educativo.
Credo che compito della Scuola sia soprattutto (e non un 'soprattutto" riduttivo, ma l'elaborazione di un sogno più grande) 'educere" dai giovani curiosità intellettuale, il cosiddetto 'bisogno di cultura", la necessità di uscire da orizzonti vicini per guardare lontano.
Tradotto in termini di quotidianità: la Scuola può dirsi soddisfatta soltanto quando gli alunni (e questo dato prescinde dal profitto numerico, dal 'voto", è chiaro) hanno desiderio di leggere un libro, di acquistarlo per rileggerlo, come spazio reale ed ideale da tornare a frequentare, o quando decidono di andare a vedere 'un bel film", uno spettacolo teatrale, di guardare, di una città non loro (o anche loro, perché no?) non sono gli usuali luoghi di aggregazione, ma ciò che è da loro 'diverso".
Già, perché il compito più arduo per chiunque educhi, in questo momento, è forse proprio indurre il bisogno di uscire dall'omologazione, dagli standard comportamentali di riferimento, le vere e proprie gabbie ideologiche che segnano i limiti entro e fuori dai quali un giovane è 'in" o 'out". E i modelli standard cui facciamo riferimento non sono solo l'abbigliamento o le mode alimentari, ma anche i motivi ritenuti di successo o di insuccesso (un uomo da 1.000.000 di dollari); è facile cadere nell'equivoco che la Scuola debba potenziare tale successo attraverso il riconoscimento formale del 'voto".
Spesso non solo la Scuola nei suoi docenti, ma le famiglie stesse (il cui compito è senz'altro molto difficile, ora forse più che mai) esigono tempi rapidi di recupero, un 'buon voto" magari privo di contenuto stabile di sapere, è più tranquillizzante rispetto ad un più lento, ma sicuro processo di acquisizione di sapere teorico e di abilità pratica.
Chiunque abbia cognizione di giovani studenti, sa come oggi valga la performance immediata (del resto propagandata come valore sociale dai vicari dell'educazione, i mass media); i ragazzi spesso studiano (o, meglio, accumulano nozioni e neanche più con la tensione 'eroica" delle veglie notturne in funzione dell'esame finale, stile di vita consacrato da tanta letteratura dei decenni passati, ma molto passati) in funzione della valutazione' e poi dimenticano, perché l'accumulo forzato, annoiato e doloroso di nozioni non induce amore per il sapere e, soprattutto, non fa scattare la curiosità, l'unica vera e stabile molla della cultura e non solo scolastica (si può dare un aggettivo alla cultura?).
Certo, la Scuola induce ansia per la valutazione, quindi, adrenalina per la performance, ma siamo sicuri sia solo la Scuola nei suoi attori principali (studenti e professori) a fare questo? O non apparteniamo tutti alla cultura dello 'star bene presto"?
Siamo sicuri che la famiglia faccia completamente la sua parte o che non partecipi in primo piano al raggiungimento dell'obiettivo 'star bene presto"?
Per quanto ci riguarda in prima persona tutte le iniziative che il Liceo prende, tra mille difetti, limiti e difficoltà, hanno proprio l'obiettivo di promuovere la cultura con la 'c" maiuscola e sicuramente la crescita dello studente.
Ci confortano i risultati dei molti alunni che vediamo realizzati (intervento e inserimento nella società) senza illuderci di far tutto bene.
Importante è confrontarci quotidianamente, correggerci negli errori (in alcuni casi ci vuole tempo) senza mai accontentarci e mai perdere di vista l'obiettivo principale: l'alunno.

* Preside del Liceo
Scientifico Galilei