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Rassegna it: "Il governo è immobile"

Intervista a Epifani Il segretario Cgil: "La crisi è pesantissima e richiede un forte intervento a sostegno degli investimenti e della domanda". "Il decreto anticrisi del governo è insufficiente, pretendiamo un cambiamento di impostazione".

21/01/2009
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Rassegna.it

di Paolo Seventi Longhi

Tra le politiche economiche e sociali anticrisi di Barack Obama, appena insediato alla casa Bianca, e quelle del governo italiano vi è una distanza assai maggiore dell’oceano Atlantico. Ad una consapevole determinazione ad affrontare le conseguenze di una di crisi drammatica ed epocale, corrisponde da noi una forte sottovalutazione che rischia di aggravare la condizione di milioni di lavoratori e pensionati. Appena tornato da Washington dove, insieme ai dirigenti della Confederazione Internazionale dei Sindacati, ha incontrato alcuni tra i protagonisti del nuovo corso Usa e delle organizzazioni economiche mondiali, Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil, sottolinea gli aspetti maggiormente preoccupanti della situazione italiana.

Rassegna Quali sono i segnali che giungono dagli Stati Uniti?

Epifani Vista da Washington, e dal punto di vista del Fondo Monetario Internazionale e della Banca mondiale, di cui abbiamo incontrato i due presidenti, alla luce di quello che si appresta a fare Obama e che ha annunciato nel suo discorso, la crisi si profila pesantissima, epocale, dagli esiti imprevedibili e richiede nei tempi più brevi possibile un forte intervento a sostegno degli investimenti e della domanda.

Rassegna E quando si torna in Italia?

Epifani Qui da noi ci si accorge che la visuale cambia aspetto: la crisi non è un problema. Tremonti ha detto che tutt’al più si torna al reddito prodotto nel 2006, che il Paese sta meglio di altri, che la crisi noi l’abbiamo importata e non ne siamo causa. E tutto questo spinge a non fare interventi di carattere straordinario.

Rassegna Ma che dicono sulla crisi i dirigenti delle organizzazioni economiche mondiali?

Epifani A me colpisce trovare il Fondo Monetario così remissivo dopo che per anni ha sbagliato tutte le sue politiche e mi ha colpito quanto ha detto un alto dirigente del FMI il quale ha ammesso che si sono sbagliate tutte le previsioni. Non mi sfugge che nel riconoscimento della drammaticità della crisi e nelle richieste di intervento vi sia anche la consapevolezza di un ruolo negativo svolto dalle istituzioni mondiali che sono messe sotto accusa.

Rassegna Ma anche gli Stati Uniti hanno le loro responsabilità?

Epifani Non c’è dubbio che l’America sia la fonte primaria dei problemi perché qui si sono consumate le operazioni speculative di cui il mondo è stato inondato e che gli Stati Uniti stanno pagando in termini assolutamente unici. C’è poco da scherzare: si parla di milioni di posti di lavoro che sono già saltati da un mese all’altro, da un trimestre all’altro, e di altri che si perderanno. C’è la preoccupazione che la crisi finanziaria non sia finita, mentre è evidente che le conseguenze si sono trasmessa dall’economica di carta a quella reale: sia perché sono ancora in giro molti derivati tossici, sia per la questione del credito al consumo negli Usa, vuoi perché il sistema bancario qua e là, anche in Europa, mostra scricchiolii.

Rassegna Ma da noi non c’è la stessa preoccupazione.

Epifani Già. In Italia e solo parzialmente in Germania la visione sembra essere altra. La crisi è importata, l’economia è sana, non possiamo allargare troppo il deficit. Come se si trattasse di una crisi ciclica. All’America, alle istituzioni internazionali che segnalano la drammaticità della crisi, e chiedono una risposta eccezionale, corrisponde un’Italia che esprime una visione modesta della crisi stessa e dei suoi effetti. Una visione che anche Tremonti fa propri. Certo, il nostro sistema bancario è più solido di altri. Ci ha protetto, curiosamente, la nostra “arretratezza” e il nostro localismo. Le banche più sane sono quelle cooperative, quelle legate al territorio, così come tutti corrono agli sportelli delle Poste per depositare i loro risparmi.

Rassegna Quindi un giudizio duro, il tuo, sull’impostazione del governo.

Epifani Si, è sbagliata. Per due aspetti: sottostimando gli effetti della crisi si evita di dare un governo alla crisi stessa. Se tendi a sottovalutare, sei portato a non fare nulla, a non misurarti con un progetto, e cioè su come la crisi possa cambiare in meglio il sistema produttivo, il sistema sociale, il welfare. Ti inibisci il processo riformatore del futuro. In secondo luogo, puoi far finta di non vedere la crisi ma questa monta, tante persone perdono il posto di lavoro perché sono precarie, vanno in cassa integrazione senza prospettive, nei settori pubblici i tempi determinati e i precari sono lasciati a casa, a 60 anni vengono espulse molte persone in ruoli importanti della pubblica amministrazione, proprio mentre ci si propone di innalzare l’età pensionabile nel pubblico. Tutto questo sta generando problemi sociali evidenti. Ai quali si accompagna il sostanziale fallimento delle politiche sociali anticrisi, come dimostra la social card e il bonus familiare, misura anticongiunturale, mentre restano nelle intenzioni i tanti annunciati interventi a favore dei precari.

Rassegna Il decreto anticrisi è quindi insufficiente?

Epifani Certo. Qui sta il punto chiave sul quale dobbiamo pretendere dal governo un cambiamento di impostazione. A partire dalla convocazione per giovedì a palazzo Chigi della quale non è chiaro né il contenuto né il contesto. Dobbiamo quindi sostenere, anche con la manifestazione nazionale di marzo, le nostre richieste in campo economico e sociale, come quella che il governo deve avere uno straccio di politica industriale, evitando di procedere a tentoni, per esempio sulla situazione dell’auto e sulla sfida del cambiamento energetico. Ancora, si abbandona il terreno di una riforma degli ammortizzatori sociali, rischiando ingiustizie sociali clamorose a danno dei più deboli lasciati senza nessuna tutela. In più, sul fisco il governo fa orecchio da mercante. Sui redditi si può dire che la riduzione dei prezzi conseguente alla recessione in arrivo può alleggerirne il peso sulle retribuzioni e sulle pensioni ma questo non nasconde il fatto che si sta realizzando una nuova grande redistribuzione contro il lavoro dipendente e le pensioni. Sacconi ha detto all’assemblea dei pensionati della Cisl che non c’è spazio per fare nulla dal punto di vista dei processi redistributivi per le due grandi categorie di chi lavoro e di chi sta in pensione. E’ un governo assolutamente immobile con un progetto difensivo e che rinuncia a qualsiasi idea che porti alla fuoriuscita dalla crisi. Ed è l’unico governo che fa così. In Germania, dove c’è un esecutivo attento alla spesa, esiste un sistema straordinario di ammortizzatori sociali che copre quasi tutti mentre l’industria si è fortemente ristrutturata negli ultimi anni mettendo il sistema produttivo nelle condizioni dei riprendere la crescita.

Rassegna In tutto questo c’è anche il negoziato sui contratti.

Epifani Vi sono voci, non si capisce bene cosa si vuole fare. Si è lavorato in questi giorni, da parte di tanti, per estendere gli accordi separati di settore, mandando in cavalleria la possibilità di migliorare gli accordi fatti con Confindustria e Confcommercio. Sento parlare di una volontà di chiudere la partita. E’ chiaro che si deve sapere che è una partita che si chiude senza il nostro consenso e questo è un fatto obiettivamente grave perché le regole o sono condivise o non sono. Si può procedere senza di noi ma alla fine si creeranno molti più problemi di quelli che si intende risolvere con questa forzatura.