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RepIdee, Bianchi: "Niente obbligo di vaccino per gli insegnanti. Mi batto per riapertura, ma il Cts ci dica quali sono gli scenari"

"Io non sono Harry Potter, mi sto battendo per tornare in presenza, il comitato tecnico ci deve dire cosa succede se ci sono certi livelli di copertura vaccinale". Così il ministro nel corso del primo incontro della quattro giorni di Repubblica a Bologna. E aggiunge: "Educazione agli affetti ma anche al sesso, che fa parte della vita"

08/07/2021
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la Repubblica

di Micol Lavinia Lundari

Benvenuta Repubblica delle Idee a Bologna, dove è cominciata la quattro giorni di eventi e dibattiti che ha come tema il "Diritto al futuro" e che proseguirà fino a domenica 11 luglio. Dopo il saluto alla città con il sindaco Virginio Merola, il presidente della Regione Stefano Bonaccini, il direttore di Repubblica Maurizio Molinari e Conchita Sannino, sul palco del Teatro Comunale il ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi ha risposto alle domande degli studenti e di Ilaria Venturi, e ha discusso con loro dei temi principali della scuola. In particolare sul ritorno in presenza. Su questo il ministro è stato molto netto.

"La sto facendo la battaglia per tornare in presenza a settembre, è quella che faccio giorno e notte da quando sono arrivato. Ognuno qua ha una responsabilità. Il Cts non è Voldemort e io non sono Harry Potter. Loro stanno facendo analisi, ma ci sono responsabilità diverse che bisogna assumersi. Mi impegno in questa battaglia: io la faccio ma dico anche a tutti facciamola insieme. Il Cts fa le sue affermazioni, loro ci dicono che ci sono ancora dei problemi sanitari e ci devono dire loro cosa succede se ci sono certi livelli di copertura vaccinale".

Sull'obbligo vaccinale per il personale scolastico, però, Bianchi dice: "Allo stato attuale non c'è nessuna ipotesi di obbligo. Non abbiamo in mente di farlo, però c'è un fortissimo appello alla solidarietà collettiva. Facciamo oggi un appello perché tutti si possano vaccinare proprio nel senso di una solidarietà collettiva".

Il ministro guarda oltre le diffcoltà. "In questi mesi ci sono state tante cose belle - spiega - dobbiamo scambiare di più le esperienze, dobbiamo scambiarle e farle diventare patrimonio di tutti. Ci sono esperienze bellissime, vanno fatti scambi in tutto il paese, il tema della ricucitura del paese è il principale. Serve una scuola affettuosa, ma per questo non bastano i computer occorrono le persone. Bisogna investire in formazione".

"Io non prometto di impegnarmi nella battaglia per la scuola in presenza: io la battaglia la sto già facendo. Facciamola pero tutti insieme, serve responsabilità", insiste il ministro, che sul palco affronta la sofferenza, le incertezze, le speranze dei ragazzi che hanno affrontato due anni di Dad. Accanto a lui sono seduti Anna, 19 anni ("ma mi sembra di averne vissuti 18, mi chiedo se potrò andare a seguire le lezioni in Università") e Jacopo, 16 anni, che ha trasformato la sua bicicletta in banco e ha seguito le videolezioni davanti alla sua scuola chiusa. Chiedono certezze, di poter tornare davvero in classe, di smettere di fare lezioni dalla loro cameretta.

"La scuola, in quanto luogo in cui si cresce, deve essere in presenza. Ma dobbiamo impegnarci tutti. Tornare alla normalità? Io dico sempre: non quella di prima. In quella di prima della pandemia un ragazzo su 3 si perdeva. Da questa fase si esce innovando profondamente, e per farlo occorre occuparsi anche di quella parte del Paese che non è Bologna". La platea di Repubblica delle Idee strepita, la scuola è un tema che tocca tutti. Il ministro insiste: "Sto lavorando giorno e notte, facciamolo insieme. La scuola deve tornare in presenza, deve essere molto più aperta di quella prima, deve essere una scuola di affetti. Dobbiamo educare agli affetti, e in questo ricade anche il sesso, fa parte della nostra vita".

Ma ripartire non è semplice, soprattutto perché la pandemia non è conclusa. "La ripartenza deve avere al centro la scuola, ma non è un discorso banale questo, visto che la scuola non è mai stata al centro del Paese. In questi mesi ho visto una quantità incredibile di sperimentazioni, di esperienze di "scuola nuova": non siamo ancora stati capaci di farla diventare sistema. Capacità critica, curiosità, lettura, sono alcuni dei valori su cui fondare il futuro in classe. Per me - puntualizza il ministro - la scuola deve avere tre caratteristiche: saper usare gli strumenti dell'epoca, e non essere usata da essi; comprendere, non solo apprendere; fare comunità, un tema fondamentale".

Ripensare la scuola significa "ripensare gli spazi fisici e dell'apprendimento - continua il ministro - non possono essere gli stessi dei miei tempi. E per farlo ci sono i fondi dell'Europa, che non sono un regalo, ma sono soldi da investire. Ma come è emerso al G20 dell'Istruzione bisogna aumentare anche la spesa corrente in educazione, che significa investire sulle persone: certo che ci vuole la struttura materiale, ma occorrono anche le persone".

"Cogliamo l'occasione di ritornare in presenza ma costruiamo una nuova normalità", insiste il ministro rispondendo a Jacopo, che ribadisce le difficoltà affrontate in due anni di Dad, la solitudine vissuta sulla sua pelle, l'impossibilità di avere un dialogo e un confronto con i compagni e gli insegnanti. "Non si può andare avanti solo sulla tecnologia", puntualizza Jacopo. "La tecnologia va gestita con tutto lo spessore umano possibile: gli strumenti devono essere tali, e non riferimento della vita", risponde il ministro dialogando sul palco con i due studenti.

La scuola tenta di ripartire dopo la pandemia, ma ci sono dei problemi storici, ormai radicati, come le classi pollaio, causate, ricordano alcuni in platea, dal taglio delle cattedre. "Da quindici anni, dalla riforma Gelmini, c'è questo problema" ribatte Bianchi. "Stiamo vedendo come fare con i fondi europei, analizzando il bilancio. Ci stiamo lavorando", insiste il ministro. "Io non ho dobbio poi che ci voglia più personale", dice il titolare dell'Istruzione rispondendo alla sollecitazione di un lavoratore Ata. E la scuola che priorità ha all'interno del governo, chiede un altro spettatore: "Il premier Draghi ha ben presente la situazione della scuola, ma non è solo il governo, che è sensibilissimo, ma tutta la società italiana che deve riprendere a pensare alla scuola come suo centro".

Finisce il dibattito, ma le domande sono tante: insegnanti e studenti che chiedono certezze, passi avanti visto che settembre è dietro l'angolo. Finisce la formalità del panel, le distanze si accorciano col ministro che si mette seduto a gambe incrociate per rispondere agli interlocutori. La scuola è certamente al centro delle preoccupazioni e delle aspettative di questa platea.