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Repubblica-Conti in rosso, lo spot del governo

MASSIMO RIVA L'ECONOMIA italiana è cresciuta lo scorso anno d'uno stentato 0,4 per cento. Bisogna tornare indietro di un decennio, alla recessione che seguì alla drammatica crisi della lira nel se...

01/03/2003
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la Repubblica

MASSIMO RIVA
L'ECONOMIA italiana è cresciuta lo scorso anno d'uno stentato 0,4 per cento. Bisogna tornare indietro di un decennio, alla recessione che seguì alla drammatica crisi della lira nel settembre '92, per trovare un risultato peggiore. Siamo così a un consuntivo di circa 6 volte inferiore a quel 2,3 per cento che l'accoppiata Berlusconi-Tremonti aveva promesso nelle sue stime iniziali, seducendo molti italiani con l'illusione d'un miracolo economico dietro l'angolo che il paese non ha mai svoltato e neppure intravisto da lontano
Ma, con la sfrontatezza di chi è ormai abituato a reinventarsi una nuova verità ogni mattina, il presidente del Consiglio ha accolto con compiaciuta soddisfazione il magro annuncio perché - ha notato - l'Italia ha comunque fatto meglio di Germania e Paesi Bassi, entrambi cresciuti di appena lo 0,2 per cento. Mentre, per parte sua, il ministero dell'Economia ha avuto l'ardire di chiosare le cifre dell'Istat affermando che esse mostrano come il governo abbia "il pieno controllo della finanza pubblica".
Come sarebbe dimostrato dal fatto che, a dispetto di tante pessimistiche previsioni, il consuntivo 2002 segna un miglioramento dell'indicatore più critico dei conti italiani: il rapporto fra debito pubblico e prodotto interno lordo (Pil), sceso al 106,7 per cento dal 109,5 del 2001. Quasi tre punti, perbacco!
Salvo che né Berlusconi né Tremonti hanno speso una sola parola per chiarire quale sconfortante retrobottega si nasconde dietro gli spot accesi sulla loro vetrina statistica. Punto primo: come è stato costretto ad ammettere lo stesso ministero dell'Economia, la vantata riduzione del rapporto debito/Pil è dovuta a misure strutturali soltanto per un modesto 1,2 per cento, mentre per il resto dipende da fantasiosi artifizi finanziari. Con i quali, fra l'altro, Tremonti è riuscito nella formidabile impresa di ridurre alcuni debiti, facendone aumentare la spesa per interessi. Punto secondo: si è aggravata la tendenza al peggioramento di un altro indice fondamentale di sanità dei conti pubblici italiani, il saldo fra entrate e uscite dello Stato al netto della spesa per interessi.
A fine 2000 questo avanzo primario, vitale per un paese altamente indebitato, aveva raggiunto il 5,8 per cento, ma nel 2001 - primo anno della gestione Tremonti - era già sceso al 3,8 per cento, mentre lo scorso anno si è ulteriormente ridotto al 3,4. Il circuito virtuoso avviato in proposito dalla salda mano dell'allora ministro Ciampi appare pericolosamente a rischio. Come esempio di "pieno controllo della finanza pubblica", davvero niente male.
Quel che è ancora peggio, tuttavia, è che Berlusconi e Tremonti - nonostante le brutali smentite ricevute dai fatti - vogliano insistere a colorare di rosa una situazione che dal grigio, semmai, minaccia di passare al nero. È da irresponsabili, per esempio, consolarsi della scarsa crescita italiana chiamando a confronto quella inferiore di altri paesi europei. Il Pil tedesco sarà aumentato meno del nostro, ma almeno in Germania l'inflazione è tuttora attorno al punto percentuale mentre in Italia siamo al 2,7-2,8 per cento. Il che significa che i nostri illuminati governanti sono riusciti sì a compiere un vero prodigio, ma alla rovescia: quello di ottenere una più alta inflazione pur in presenza di una bassa crescita.
Tendenza questa che ora rischia di aggravarsi sensibilmente per i venti di guerra che soffiano sull'economia mondiale. A causa dei picchi raggiunti del petrolio, i prezzi dei carburanti stanno toccando nuovi primati storici, mentre il presidente dell'Autorità per l'energia ha annunciato che per luce e gas si è aperta una nuova stagione di rincari. Già più alta di quella altrui, l'inflazione italiana appare perciò destinata a nuove accelerazioni, con ovvi effetti nefasti per la competitività del made in Italy.
Ma anche di questa allarmante prospettiva non v'è traccia nei sorrisi con i quali la coppia Berlusconi-Tremonti continua a voler far credere che gli italiani vivano nel migliore dei mondi possibili. Perfino, quanto agli scenari strategici sulle conseguenze politico-economiche della guerra in Iraq, si può scommettere che siano convinti che tutto si risolverà con un conflitto-lampo, dopo il quale si riaprirà un nuovo bengodi petrolifero. Figuriamoci se chi non sa trarre lezione dai propri errori di banale previsione congiunturale può ricordare che l'ultima volta nella quale qualcuno parlò di blitzkrieg era l'estate del 1939 e il lampo bruciò uomini e cose fino all'estate del 1945.