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Repubblica-CONTI PUBBLICI TREMONTI, COLBERT E IL DILUVIO

CONTI PUBBLICI TREMONTI, COLBERT E IL DILUVIO MASSIMO RIVA Quando ha chiamato in causa niente meno che Jean-Baptiste Colbert per tentare di nobilitare il suo acrobatico passaggio dai larghi ...

05/12/2002
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la Repubblica

CONTI PUBBLICI TREMONTI, COLBERT E IL DILUVIO

MASSIMO RIVA

Quando ha chiamato in causa niente meno che Jean-Baptiste Colbert per tentare di nobilitare il suo acrobatico passaggio dai larghi panni del liberista a quelli angusti del protezionista, il ministro Tremonti ha compiuto un duplice errore, politico e storico. In primo luogo, non si è reso conto che evocare oggi la dottrina economica del segretario di Stato del Re Sole significa attribuire all'Italia un ruolo secessionista nell'Unione europea. La caratteristica dell'opera di Colbert, infatti, fu quella di una difesa ad oltranza degli interessi nazionali fondata, fra l'altro, sulla chiusura delle frontiere alle merci altrui. Esattamente l'opposto del cammino che in questi decenni - superando mille difficoltà ed egoismi nazionalistici - i paesi del vecchio continente hanno compiuto per creare un mercato continentale unico, culminato nella creazione di una moneta comune. Un errore grave che rischia di indebolire pericolosamente la voce dell'Italia nel concerto europeo.
In secondo luogo, il responsabile dei nostri conti pubblici - nell'ansia di trovare precedenti assimilabili alla sua situazione - ha probabilmente sbagliato secolo. Anziché richiamarsi all'età di Luigi XIV, avrebbe fatto meglio a riferirsi a quella del suo successore. Quel Luigi XV che alla storia è passato soprattutto per il cinismo di una visione politica immortalata dalla celebre frase: "Après moi, le deluge". In questo caso sì che la similitudine sarebbe apparsa pertinente perché l'on. Tremonti, giorno dopo giorno, avvalora l'impressione di gestire la finanza pubblica con l'improvvisazione e l'affanno tipici di chi si sente sotto la minaccia di un diluvio incombente e si aggrappa a qualunque espediente pur di rinviare anche di un solo mese la scadenza inesorabile della resa dei conti. Con ciò rendendo più prossimo e più drammatico l'appuntamento con il diluvio.
Sintomi inequivocabili di una politica ridotta ormai ad un'estemporanea navigazione a vista fra gli scogli contabili sono le ultime mosse finanziarie del governo. Pur di far apparire in virtuale miglioramento il saldo della cassa di novembre, dopo dieci mesi di passivi alluvionali, non si è esitato a farsi anticipare dalle banche cinque miliardi di euro sui proventi di un piano di cartolarizzazione previsto per dicembre. Se già le cartolarizzazioni costituiscono uno strumento per far cassa subito a scapito degli introiti futuri, in questo caso - come ha notato ironicamente qualcuno - siamo all'anticipo dell'anticipo. Un trucchetto miserevole che, per giunta, si vorrebbe far passare come gratuito per il Tesoro.
Né meno sconcertante risulta l'altra operazione di abbellimento contabile che il sedicente Colbert sta negoziando con Bankitalia. Cioè, la trasformazione di un vecchio prestito da circa 40 miliardi di euro all'uno per cento in uno nuovo di zecca di valore dimezzato con un tasso prossimo al 6 per cento. Il tutto solo per far figurare in discesa il debito pubblico a fine anno, ma al pesante prezzo di dover poi caricare un maggior onere per interessi nell'ordine di 4/500 milioni (se non peggio) di euro sui bilanci futuri. Proprio come Luigi XV: si esorcizza la paura del diluvio con atti che lo rendono sempre più certo e più vicino.