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Repubblica-Il cavaliere all'assalto del colle

EUGENIO SCALFARI LA COSA che sa fare meglio di tutti è prender la scena tutta per sé oscurando gli altri. Meglio di tutti sa fare l'attore. Per il resto - lo dice lui stesso e anzi se ne vanta -...

07/12/2002
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la Repubblica

EUGENIO SCALFARI
LA COSA che sa fare meglio di tutti è prender la scena tutta per sé oscurando gli altri. Meglio di tutti sa fare l'attore. Per il resto - lo dice lui stesso e anzi se ne vanta - è un dilettante, ma in tempi di dominio mediatico e soprattutto televisivo lui la fa da padrone e ieri se n'è avuta l'ennesima conferma: avrebbe dovuto essere la gran giornata del congresso Udc ma Berlusconi è riuscito a oscurarlo. Come? Lanciando sul tavolo al tempo stesso devoluzione, presidenzialismo, candidatura di se stesso al Quirinale, riforma della legge elettorale, riforma della giustizia. Piatto ricco mi ci ficco.
Vediamolo, dunque, questo piatto.
Al primo posto c'è il presidenzialismo, patata bollente, a quarantott'ore appena dallo sbrego istituzionale provocato da Bossi e malamente rammendato da padron Silvio. Il quale vuole trasformare il 2003 nell'anno della Grande Riforma a braccetto di Bossi, Fini, Tremonti. Tutti per uno, uno per tutti, come i tre moschettieri che in realtà erano quattro.
Berlusconi deve aver capito da molti segnali, compresi i sondaggi che non siano quelli dell'agenzia di casa, che il favore popolare per lui e per il suo governo sta scemando; perfino nella Casa delle libertà, perfino all'interno del governo stesso sono in molti a pensare che se dovesse ancora guidare la coalizione nelle elezioni del 2006 sarebbe battuto. La gente, la sua gente, è stufa delle barzellette, delle corna in fotografia, delle goliardate, del "ghe pensi mi", degli sproloqui senza fine e delle sistematiche bugie con le quali condisce le sue esibizioni mentre intanto l'economia è a pezzi, il bilancio si tiene col filo bianco, gli operai sono in rivolta, la competitività dell'azienda Italia è in caduta libera e l'Europa ci considera ancora come un sorvegliato speciale. La terapia da applicare a questa diagnosi è semplice e secondo lui molto efficace. Si condensa nei seguenti punti: 1. Con la devoluzione si deve andare fino in fondo
Tutt'al più ci si aggiungerà, come è già avvenuto in Senato, una raccomandazione, un codicillo di buone intenzioni che, dopo aver scassato il sistema con 20 scuole regionali, 20 sanità regionali, 20 polizie regionali, affidate in via esclusiva alle 20 regioni, affermi tuttavia che la Repubblica resta comunque una e indivisibile.
2. Per dare sostanza a questa indimostrata e indimostrabile affermazione priva a quel punto di ogni normativa di sostegno, ecco spuntare il presidenzialismo: un Capo dello Stato eletto a suffragio universale. Non è questa la miglior garanzia di unità e indivisibilità?
3. In prospettiva - è sempre lui che lo dice - i poteri di questo Capo dello Stato dovranno essere molto diversi da quelli attuali: alla francese, poteri di governo effettivi e diretti, nomina e revoca del presidente del Consiglio indipendentemente dalla fiducia del Parlamento, partecipazione del leader indiscusso alle sedute del governo, avocazione a se stesso della politica estera e di quella della difesa.
4. Questo mutamento radicale non dovrebbe tuttavia avvenire nel 2003: troppe questioni entrerebbero in ballo, troppe istituzioni andrebbero riformate a cominciare dal voto di fiducia parlamentare e dai poteri della Corte costituzionale, troppi interessi sarebbero disturbati. Nel 2003 - è sempre lui a spiegarcelo - sarebbe presentato un disegno di legge di modifica costituzionale di un solo e scarno articolo che suonerebbe così: il presidente della Repubblica viene eletto con suffragio popolare diretto. Risulta eletto il candidato che riscuota il numero maggiore dei voti espressi.
5. Per non fare uno sgarbo a Ciampi si potrebbe anche aggiungere a quell'articolo che la legge entra in vigore soltanto nel momento in cui l'attuale presidente della Repubblica abbia portato a termine il suo mandato settennale. Senza fretta: a quel punto la legge è già fatta e il candidato non deve far altro che utilizzarla.
6. Fatta questa riforma il bipolarismo non ha più senso alcuno. Molto meglio una legge proporzionale dove il partito del candidato numero uno verrebbe trascinato dalla forza del leader. La proporzionale del resto è comunque un salvagente per un Berlusconi in perdita di velocità come presidente del Consiglio ed è intuitivo capirne le ragioni.
7. Certo c'è un ostacolo non da poco a tutto questo marchingegno. Le leggi di modifica costituzionale debbono essere approvate con maggioranza qualificata, ma nel Parlamento attuale, nonostante la fortissima maggioranza della Casa delle libertà, la maggioranza costituzionale non c'è. È necessario allora, affinché la legge sia valida, un referendum confermativo. I dirigenti della Casa delle libertà hanno il fondato timore che il referendum confermativo sulla devolution federalista darebbe (darà) esito negativo.
Sperano invece che il referendum confermativo sul Capo dello Stato eletto a suffragio popolare dia risposta positiva e abbia sufficiente forza di traino per portare dal no al sì anche il referendum sulla devoluzione.
Questo è il piano. Dopo un anno terribile come quello che sta per chiudersi se ne preannuncia dunque un altro altrettanto agitato e contrastato mentre ancora pioverà a vento sull'economia e sulla finanza.
Imbarcarsi per questa impresa con acque così tempestose può sembrare una dimostrazione di forza. Ma a guardar bene è piuttosto la forza della disperazione a spingere Berlusconi ed i suoi soci a puntare tutto su una sola carta visto che la partita è diventata di assai dubbio esito. È la carta dell'avventura, ma non sono forse uomini d'avventura quelli che si accingono a giocarla?

***
Ci sono molte incognite sulla strada del progetto berlusconiano. Vorrei qui esaminarne la principale che ha un nome preciso. Si chiama Carlo Azeglio Ciampi.
Il presidente della Repubblica si è condotto fin qui in modo esemplare e tutti indistintamente ne danno atto (con la sola eccezione di Bossi che ha licenza di abbaiare dal suo diretto padrone). Ciampi ha seguito alla lettera la sua coscienza e il dettato costituzionale; ha affermato principi e valori senza mai interferire nelle competenze del Parlamento e del governo; ha segnalato tempestivamente e riservatamente errori di forma e di sostanza ottenendo spesso che fossero emendati prima d'essere commessi. È stato il punto di riferimento di tutti gli italiani proprio per la sua imparzialità, la sua dignità, il sentimento morale che tanto più spicca in mezzo ad una classe governante incolta e sguaiata, spesso inadatta ai compiti che le sono stati affidati, quasi sempre mendace.
Il settennato di Ciampi terminerà nel maggio 2006, ma se il Parlamento voterà la legge presidenzialista entro la fine del 2003 o agli inizi del 2004, il settennato avrà termine con ogni probabilità nelle ventiquattr'ore successive a quel voto.
Come percepirebbero gli italiani le sue dimissioni che a quel punto risulterebbero lucidamente provocate da chi ha voluto quella modifica costituzionale? Come si schiererebbero nel caso di una contrapposizione oggettiva tra Ciampi e Berlusconi?
Inutile dare risposte ipotetiche ad un conflitto di questo genere. Tre osservazioni però debbono essere formulate fin d'ora.
La prima è che quel conflitto oggettivo si è aperto ieri dopo le avvisaglie dell'attacco di Bossi contro il Quirinale, nel momento stesso in cui il presidente del Consiglio ha posto pubblicamente il tema del presidenzialismo, ne ha indicato le date di percorso e ha lanciato la sua candidatura ponendo fin d'ora Ciampi in una posizione oggettiva di estrema difficoltà.
La seconda osservazione riguarda i settori moderati e liberali della Casa delle libertà: assisteranno silenti ad una politica d'avventura di questa pericolosità? Già ieri il relatore ufficiale che ha aperto il congresso dell'Udc, Rocco Buttiglione, ha anticipato la risposta con parola non equivoche: non assisteranno silenti, anzi hanno cominciato a parlare.
La terza osservazione riguarda tutti noi, cittadini di questo paese. Quali altri elementi di conoscenza e di esperienza dobbiamo ancora raccogliere per arrivare alla conclusione che questo è uno dei peggiori governi della nostra storia repubblicana? "Usque tandem..." con quel che segue?