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Repubblica_Il regime dei balocchi (C.Maltese)

LA CIRAMI, I PIANISTI E IL REGIME DEI BALOCCHI IL TITANIC berlusconiano affonda, anche nel ridicolo, mentre i "pianisti" suonano la Cirami. Dieci milioni di italiani, gli spettatori di St...

26/10/2002
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LA CIRAMI, I PIANISTI E IL REGIME DEI BALOCCHI

IL TITANIC berlusconiano affonda, anche nel ridicolo, mentre i "pianisti" suonano la Cirami. Dieci milioni di italiani, gli spettatori di Striscia la Notizia, hanno potuto ammirare ieri sera il grottesco spettacolo dei senatori della maggioranza che votano per il vicino assente, due o tre volte, nascondono la mano sotto un giornale, una cartella, un portafoglio, e si guardano poi intorno come mariuoli. Quella dei "pianisti" non sarà una novità assoluta nella storia parlamentare. Ma in queste dimensioni non s'era mai visto e per giunta intorno a una legge che da mesi divide il Paese e le istituzioni e convoca milioni di cittadini nelle piazze.Sono immagini a un tempo inquietanti e comiche, che testimoniano un servilismo pronto a tutto pur di compiacere gli interessi personali del capo, una monolitica e pericolosa assenza di dignità e di scrupoli, eppure fanno ridere nel loro infantilismo. Sono insomma immagini di regime, sì, ma d'un regime dei balocchi.
E' destino della Cirami procedere come un carrozzone impazzito che travolge il già debole costume politico italiano o quel che ne rimane. Nasce come legge su misura per i processi Previti, tardi e male, quando altre strade erano fallite. S'impone alla discussione in Senato, l'estate scorsa, costringendo a strazianti "tour de force" fino all'alba e a strappi su strappi ai regolamenti parlamentari. Inciampa alla Camera in una serie di errori tecnici e nell'intrinseco analfabetismo costituzionale dei berluscones. Verso la fine della folle corsa, arriva il penoso concerto dei pianisti.
E non è ancora finita, il potenziale eversivo della Cirami non si ferma qui. Sempre nella giornata di ieri la Corte Costituzionale ha dovuto replicare alle pazzesche e sgangherate accuse mosse durante il dibattito parlamentare dall'autore della legge (o prestanome), il senatore Cirami. Senza che il presidente Pera trovasse il coraggio o la decenza di richiamarlo all'ordine e al rispetto istituzionale. Cirami è arrivato a dire che la Corte Costituzionale in passato ha assunto "decisioni devastanti", e che "prevarica" il Parlamento. Forse può non meravigliare che il padre della legge salva-Previti arrivi a pronunciare affermazioni così gravi contro l'organo che deve vigilare sulla costituzionalità delle nostre leggi, anche se è l'indizio di un'allarmante disprezzo delle istituzioni che evidentemente circola tra i fedelissimi della Casa della Libertà. Ma è stupefacente che nessuno abbia sentito il dovere di difendere nell'aula del Senato il ruolo e le prerogative che la Costituzione assegna alla Consulta. Costringendo la Corte stessa - ed è la prima volta che accade nella storia della Repubblica - a far trapelare la sua irritazione per il silenzio che ha accolto le esternazioni di Cirami.
E' ovvio che dai filmati televisivi e dalla reazione della Consulta esce a pezzi l'immagine di Marcello Pera, che già in precedenza non rifulgeva. La somma di errori, omissioni e patetiche autodifese messe in campo dal presidente del Senato è parsa in queste occasioni eccessiva anche per uno che, occupando la seconda carica dello Stato, aspirerebbe a rimanere in mutande in pubblico come detta la moda dei varietà. Ieri sera, non ha trovato di meglio che emettere un ipocrita comunicato, in cui non dice una parola sulla Corte, ma afferma invece che "le votazioni sono state regolari". Difficile che sia riuscito a convincere i milioni di italiani che hanno visto Striscia.
Ma allargando lo sguardo dai casi personali al generale, c'è da domandarsi fin quando può reggere una maggioranza così screditata (da se stessa) agli occhi del Paese. La risposta più probabile è: poco. In un anno e mezzo di governo la maggioranza di destra ha dimostrato di essere un esercito fedele e sull'attenti quando si tratta di proteggere con le barricate parlamentari gli affari del presidente (giustizia e televisione) ma di trasformarsi in un'armata Brancaleone ogni volta che si tratta di affrontare i grandi temi dell'economia che riguardano tutti gli italiani. Parallelamente, Berlusconi ha dimostrato di esercitare una leadership aziendale ma non politica, un comando che non è governo.
Alle porte c'è la riprova della Finanziaria, banco decisivo dell'azione di governo, al quale il centrodestra si presenta in ordine sparso, con una montagna di emendamenti in contraddizione per tutelare questa o quella bottega elettorale. E stavolta i "pianisti" non serviranno a distrarre dallo spettacolo della barca che affonda. Come in fondo sa bene anche Berlusconi, che comincia a mettere le mani avanti e a ventilare l'ipotesi concreta di una manovra bis, sia pure temperata da una vaga speranza di poterla evitare. I tempi dei miracoli promessi sono finiti e l'unica consolazione della maggioranza è la crisi dell'opposizione. Non si sente più l'unto dal Signore, al massimo dall'Ulivo.
CURZIO MALT