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Repubblica-La Velina della Verità

La Commissione cultura vota una risoluzione che impegna la Moratti a vigilare sull'insegnamento a scuola Il Polo: la Storia sotto controllo La Velina della Verità "I libri di testo siano oggett...

12/12/2002
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la Repubblica

La Commissione cultura vota una risoluzione che impegna la Moratti a vigilare sull'insegnamento a scuola
Il Polo: la Storia sotto controllo
La Velina della Verità
"I libri di testo siano oggettivi". L'Ulivo: è il Minculpop
MASSIMO L. SALVADORI
LA RISOLUZIONE fatta approvare dalla maggioranza alla commissione Cultura della Camera, in cui si afferma che è compito del governo attivarsi affinché l'insegnamento della storia venga svolto secondo criteri "oggettivi", "rispettosi della verità storica", costituisce un passo di eccezionale gravità. Coloro che negano, pur di fronte a tanti segni evidenti, che l'attuale governo e la sua maggioranza agiscano così da creare una situazione di emergenza democratica, hanno più che mai nuova materia su cui riflettereGli equilibri fondanti di una società democratica vengono ancora una volta attaccati. Tra i principi cardini della democrazia vi sono la libertà di informazione, il pluralismo culturale, la libertà di insegnamento. Orbene la pretesa di attribuire al governo la tutela sull'insegnamento della storia contraddice frontalmente questi principi.
Tre sono le principali considerazioni che mi pare si debbano opporre all'incredibile attentato alle libertà politiche e civili progettato dalla maggioranza di governo nella commissione Cultura.
La prima è che tipico dei regimi più autoritari e di quelli totalitari è sempre stato il voler sottoporre al controllo del governo l'insegnamento della storia, mentre è sempre stato proprio dei regimi liberali e democratici il tutelarne la libertà. Chi vuole controllare il passato, ha di mira il controllo politico del presente e del futuro. Che la "Casa delle libertà" anche solo concepisca un simile proposito dimostra a tutte lettere che questi sedicenti "liberali" sono fatti di una pasta che è la negazione del liberalismo. Quando Fini fece la sua autocritica riconoscendo che era stata la Resistenza a dare libertà e democrazia al nostro paese, essa venne giustamente apprezzata. Ma a questo punto dobbiamo domandarci: sono state parole al vento? Ci risiamo? Siamo tornati nientemeno che a concepire una scuola al diretto servizio del potere?
La risoluzione della commissione è una cartina di tornasole anzitutto per le forze di governo. E vi è da augurarsi che ad insorgere contro la mostruosità che essa contiene non siano soltanto l'opposizione parlamentare, il mondo della scuola, i settori della società civile i quali sentono il pericolo del vento di misure autoritarie che minacciano apertamente la democrazia e le sue istituzioni.
La seconda considerazione è che non dovrebbe esservi alcuno il quale non capisca che il progetto della commissione calpesta i valori sanciti dalla Costituzione in materia di libertà della ricerca e di insegnamento. I costituenti e con essi i cittadini italiani avevano alle loro spalle umilianti esperienze come la scuola trasformata in strumento e "voce" del governo, nella quale agli insegnanti e ai loro allievi era imposta la "verità" a misura dei padroni del vapore. E' poi ovvio che l'intento del governo di assumere la tutela dell'insegnamento della storia porta con sé necessariamente un passo successivo: quello di assicurarsi che gli insegnanti obbediscano al ruolo loro assegnato. Quindi dal controllo sui contenuti dell'insegnamento discendono inevitabilmente le commissioni di censura e di controllo sugli insegnanti.
Arriveremo per questa strada al giuramento di fedeltà alla verità gradita al governo? Non siamo ancora ad una legge. Ma è più che sufficiente quanto è avvenuto alla commissione Cultura per giustificare la più energica riposta. Si tratta di un dovere politico e civile, che riguarda, oltre che le forze politiche che si oppongono a questo sciagurato governo e gli insegnanti, anche gli storici, gli autori dei manuali di storia per le scuole, le case editrici, i quali tutti dovrebbero fin da ora affermare con la maggior forza e in maniera esplicita di non essere disposti a trasformarsi in autori ed editori di corte.
La terza considerazione tocca il problema del come la storiografia, quale si manifesta tanto nei saggi di carattere scientifico quanto nei manuali scolastici, possa proporsi di perseguire la verità e l'oggettività. Si tratta di osservazioni scontate e persino banali, ma ad esse costringono quei nostri legislatori desiderosi di imporre la loro verità come "oggettiva". Nella storia del sapere la verità si configura come proposta, indicazione di modi di vedere e comprendere le cose da sottoporre non al controllo del potere e dei governi, bensì alla verifica e alla discussione nel quadro del libero dibattito. Quando queste condizioni mancano, allora si impone la verità del più forte ovvero non già l'oggettività criticamente raggiungibile ma la soggettività più arbitraria, perché non è più dato distinguere, ragionare, riflettere, confrontare. Chi ha voluto e vuole ergersi a guardiano alla verità è sempre stato ed è il suo peggiore nemico.