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Repubblica: Ma questa volta nessuno dice "Siamo tutti abitanti della striscia"

TAHAR BEN JELLOUN La guerra di oggi prepara i kamikaze di domani, promuove ed esaspera l´odio tra i popoli Veniamo destinati a una guerra di cent´anni

13/01/2009
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la Repubblica

I semi dell´odio

MA QUESTA VOLTA NESSUNO DICE "SIAMO TUTTI ABITANTI DELLA STRISCIA"

La guerra di oggi prepara i kamikaze di domani, promuove ed esaspera l´odio tra i popoli Veniamo destinati a una guerra di cent´anni

TAHAR BEN JELLOUN

«Siamo tutti Americani», aveva scritto un giornalista francese dopo la tragedia dell´11 settembre 2001. Oggi che le vittime della guerra condotta da Israele contro Gaza si contano a centinaia e i feriti a migliaia (più di 900 morti e 4.000 feriti), chi dirà «siamo tutti cittadini di Gaza»? Forse la vita di un abitante di Gaza vale meno di quella di un americano. Gaza, per il fatto che è diretta da palestinesi democraticamente eletti sotto l´insegna di Hamas, movimento islamista, è votata alla distruzione, ai massacri d´innocenti come il bombardamento di una scuola delle Nazioni Unite, e tagliata in due perché i soccorsi e gli aiuti alimentari non possano raggiungere gli abitanti.
Devo reagire e esprimere la vergogna e il disgusto, non come cittadino arabo ma come semplice essere umano. Vergogna per il silenzio degli Stati arabi (eccetto l´emiro dell´Qatar), vergogna di assistere impotente al massacro dei deboli ad opera di uno Stato potente. Ho immaginato di essere a Gaza, dove il sogno e il sonno sono diventati impossibili perché l´esercito israeliano, per sua stessa ammissione, preferisce agire di notte. La morte che distribuisce con generosità somiglia a quella che ha dispensato spesso: è una morte che cade dal cielo come un fuoco d´artificio. Le bombe sono scoppi di luce che fanno una danza spettacolare nel cielo e poi scelgono i loro obiettivi per uccidere in totale impunità.
Abbiamo visto corpi dilaniati e grida spezzate dalla sofferenza, abbiamo sentito osservatori occidentali, medici e infermieri venuti da tutto il mondo esprimere la loro rabbia perché i feriti muoiono durante il tragitto per via delle strade interrotte.
Abbiamo visto dimostranti nei Paesi arabi e in Europa manifestare la loro indignazione, ma a tutto questo il governo israeliano oppone la legittima difesa. Ai razzi lanciati da Gaza per creare insicurezza, gli Israeliani hanno risposto scatenando una guerra senza pietà. Vivere nel timore dell´arrivo di un razzo non può giustificare una risposta così mortifera. Non è più legittima difesa, ma assassinio di massa deliberato.
Che cosa sperano di ottenere? La sottomissione della popolazione di Gaza? L´abdicazione della resistenza? Israele, seminando la morte con tale arroganza, nonché con incoscienza crudele, raccoglierà decenni di odio, di paura e di bisogno di vendetta. Come si può parlare ancora di un piano di pace, dopo tante ferite nel cuore e nel corpo di migliaia di palestinesi?
Commettendo un «disastro umanitario», come ha detto un uomo politico occidentale, affamando un popolo, distruggendo una grossa porzione della città, Israele si pone al di fuori dalla legalità internazionale e commette crimini contro civili. Ma la sua impunità sistematica benedetta dagli Stati Uniti non favorisce assolutamente la speranza di pace e questo non è nuovo: il massacro di Cana nel 1996, l´assassinio mirato dei dirigenti dei Palestinesi e la guerra contro il Libano nel 2006 sono fatti quasi dimenticati; i vivi e i morti sono stati seppelliti nello stesso sudario: quello dell´impotenza e dell´ingiustizia. Rispondendo all´arma del debole (i razzi) con distruzioni di massa fisiche e umane, Israele abolisce il futuro: infatti, come ha detto lo scrittore Abraham Yehoshua, «prima o poi vivremo insieme». Ma per vivere insieme bisogna ammettere l´esistenza e la necessità di vivere nella dignità e nel rispetto dell´altro: Israele, in quanto Stato forte, deve riconoscere Hamas e negoziare anche con essa e non soltanto con il presidente dell´Autorità palestinese Mahmoud Abbas, un pover´uomo che ha perso la sua credibilità e che da quando passa da una riunione all´altra non ha più ottenuto nulla. Hamas, per parte sua, dovrebbe rinunciare alla sua posizione radicale del tutto o niente e acconsentire, in pegno di buona volontà, al riconoscimento dello Stato di Israele. Per questo occorre che gli Stati che la finanziano smettano di utilizzarla per le loro strategie, e in particolare mi riferisco all´Iran. Ma finché l´esercito israeliano pratica la punizione collettiva e uccide dei civili, non è possibile nessuna speranza di riconciliazione e di pace. La guerra di oggi prepara i kamikaze di domani, promuove ed esaspera l´odio tra i popoli. Veniamo destinati a una guerra di cent´anni.

(traduzione di Elda Volterrani)