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Repubblica

Domenico Starnone ha fatto per molti anni l'insegnante. Parallelamente ha iniziato una fortuna carriera di scritt...

28/03/2003
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Domenico Starnone ha fatto per molti anni l'insegnante. Parallelamente ha iniziato una fortuna carriera di scrittore con al centro il mondo della scuola. D'obbligo la prima domanda: la letteratura, a scuola, come si insegna?
"Ci va una forte dose di passione unita ad un'elevata competenza, nel senso che l'insegnante deve conoscere sempre, e bene, l'argomento di cui parla, e non limitarsi a ripetere quello che c'è scritto sui manuali. Non è possibile spiegare la "Gerusalemme Liberata" senza averla letta e studiata attentamente. La preparazione e la passione, insieme, permettono all'insegnante di trattare il testo letterario come qualcosa di vivo: un organismo le cui parti può smontare e rimontare, per capire come l'autore sia giunto ad ottenere determinati effetti, a caricare le parole di senso, di emozione".
Chi è più vicino alla letteratura, l'insegnante o lo scrittore?
"Le ho sempre viste come due attività molto simili fra loro. Per scrivere ci va dedizione, passione e creatività; per insegnare, è lo stesso: ai ragazzi devi dare il meglio di te per organizzare un percorso che li coinvolga, che tenga continuamente desta la loro attenzione. Infine, sia lo studente che il lettore devono essere sufficientemente convinti che è bene, per loro, stare lì fermi a leggere o ascoltare. Che restare comporterà per loro dei vantaggi. Il rapporto che si instaura con lo studente deve essere altrettanto intenso di quello che lega lo scrittore al lettore: va condotto con lo stesso impegno e risorse di una relazione alla quale si tiene molto, per la quale si dà il massimo".
Ci sono testi letterari più o meno educativi, formativi? Meglio i classici o i contemporanei?
"L'unica discriminante è l'interesse dell'insegnante per quel libro. Se il docente è in grado di insegnare (che è diverso dal 'parlare di...') Petrarca, tanto meglio. Ma i classici non sono più classici se smettono di funzionare, almeno in classe. Perché in realtà il testo classico è ciò che continuiamo a sentire vicino e comprensibile anche a distanza di secoli: sarebbe quindi altrettanto discutibile la scelta di preferire i contemporanei, credendo che i ragazzi li capiscano meglio. Ciò che invece funziona sempre è proporre agli studenti i testi che si amano e si conoscono bene, perché in quel caso si fa davvero di tutto per interessarli e appassionarli". (t.c.)