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Retescuole-RIFORMA' MORATTI: GRUPPO DI LAVORO O LAVORO DI GRUPPO

di Roberto Ferro 'RIFORMA' MORATTI: GRUPPO DI LAVORO O LAVORO DI GRUPPO Roberto Ferro Scrivo nelle vesti d...

27/03/2003
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Retescuole

di Roberto Ferro

'RIFORMA' MORATTI: GRUPPO DI LAVORO O LAVORO DI GRUPPO

Roberto Ferro

Scrivo nelle vesti di padre di una bambina d'otto anni iscritta alla seconda elementare di un istituto statale di Milano. Non nascondo la mia preoccupazione per le novità previste dalla cosiddetta 'riforma' Moratti, in particolare per l'introduzione del 'maestro prevalente'.
La filosofia che giustifica l'introduzione del 'maestro prevalente' contrasta con le scelte educative e didattiche adottate da oltre un ventennio alle elementari e che prima di essere abbandonate dovrebbero essere effettivamente valutate per il loro contributo educativo, a mio parere positivo e innovativo, apportato alla scuola pubblica. E' possibile tralasciare le polemiche relative alla burocratizzazione dell'insegnamento, all'inadeguatezza dei dettagli organizzativi, ed alle contese tra sindacati e governo che hanno giustificato agli occhi dell'opinione pubblica l'eliminazione del team di docenti (l'attività integrata di due insegnanti nella medesima classe con una sovrapposizione parziale dell'orario delle lezioni). Malgrado questi limiti la possibilità di definire l'insegnamento e la programmazione come attività di team ha rappresentato una novità di grande impatto sulle funzioni e gli obiettivi della scuola italiana. L'intervento di team è stato, volenti o nolenti, una provocazione nel mondo immobile dell'istruzione italiana e che a mio avviso è ben lungi dal concludere la propria carica innovativa.
Chiunque abbia dimestichezza con l'azione educativa sa bene che è controproducente creare disparità di ruoli, di potere e di presenza tra le figure degli operatori. La definizione attuale del 'maestro prevalente' (nel numero d'ore d'insegnamento, nell'esclusività del rapporto con i genitori degli alunni e nella compilazione del portfolio curriculare) esporrà questa figura a numerosi rischi ben noti a chi ha esperienza di lavoro in team. Per citarne alcuni posso elencare i tentativi di manipolazione e messa alla prova continua nei confronti delle figure più deboli (o percepite come provvisorie) dai ragazzi. Già ora e da tempo immemorabile, quando viene a mancare per un breve periodo un insegnante benvoluto e rispettato, anche gli allievi più disciplinati si scatenano. Ed ancora, a mio parere, creare delle disparità tra docenti con il medesimo titolo di studio sembra foriero d'incomprensioni e di conflittualità, ben più di quella richiesta dalla necessità di integrarsi in un team di pari. Il lavoro in team è faticoso, obbliga a frequenti riunioni, a mediazioni e talora a sacrifici, ma è l'unica alternativa all'impostazione verticale ed autoritaria tradizionale.
Il mondo delle aziende e delle libere professioni richiede sempre più un'attività di team anche nelle occupazioni apparentemente più semplici e dequalificate, purtroppo trovando ben pochi interlocutori credibili in ambito ministeriale!
La scelta di riproporre il 'maestro prevalente' ribadisce a mio avviso una realtà verticistica e monocratica delle relazioni di gruppo e come tutte le operazioni di restaurazione (ad un passato spesso mitizzato) si presta a molti interrogativi. Una scuola così definita porrà veramente i ragazzi al centro dell'attività didattica? Un unico insegnante, sia pure ben formato e motivato, potrà rispondere da solo alle richieste affettive ed educative dei ragazzi? Un ruolo così dominante come si potrà conciliare con eventuali possibili assenze prolungate del tutore? Quale idea si potranno fare i ragazzi quando da un lato il mondo del lavoro richiede loro un'azione di gruppo sempre più 'orizzontale' e la scuola un'azione formativa verticale? Perché si spera che poche ore di lezioni dedicate all'azione coordinata di team nel mondo del lavoro nei corsi di formazione professionale ed all'Università (in tutti i casi troppo tardi) possano garantire di per sé un aggiornamento delle strategie produttive? Quanti anni dovranno passare per sostanziare la figura del 'maestro prevalente' (un dirigente relativamente allineato alla posizione governativa ha parlato pubblicamente i 10 anni 'se ci si arriverà)?
Il mondo del lavoro del nostro Paese è eccessivamente conflittuale (indipendentemente dai conflitti a carattere sindacale o occupazionale), quasi un 'rumore di fondo' che stupisce gli stranieri americani, francesi, tedeschi, svedesi) che lavorano in Italia. E' possibile che questo dipenda dall'eccessivo individualismo italiano e che la scuola possa e debba lavorare per attenuarlo. Io ritengo che un 'insegnamento coordinato da un team di docenti, inizialmente indiretto e poi gradualmente discusso e spiegato debba iniziare sin dal primo anno delle elementari. Tra educatori si afferma che 'l'educazione prima s'impara con gli occhi e poi con il tempo con la parola e l'esperienza' e senza dubbio questo è il caso della scuola e della preparazione all'attività produttiva. Quanto potrebbe risultare utile ai ragazzi vedere (come già è accaduto nei team ben assortiti) due adulti che collaborano positivamente per il proprio benessere!
In questa prospettiva è preoccupante constatare quanto precocemente la 'riforma' Moratti obblighi i ragazzi ritenuti poco adatti agli studi superiori ad accedere alla formazione professionale e quindi, ci si augura, al mondo del lavoro. Questi ragazzi si troveranno nelle condizioni peggiori per rispondere alle richieste dei datori di lavoro ed esposti a maggiori rischi per la salute e la sicurezza, di burn out lavorativo precoce e di marginalità occupazionale. Questa constatazione imporrebbe anche con questi giovani, più che un precoce inserimento nella formazione professionale, di prestare la massima attenzione alla dimensione dell'attività di gruppo sin dall'accesso alla scuola dell'obbligo.
Se si tiene a mente il ruolo che sarà assegnato al 'maestro prevalente', temo si possano creare problemi non indifferenti nell'organizzazione del tempo dei ragazzi. Con la 'riforma' Moratti si è passati dal diritto delle famiglie ad avere tramite il tempo prolungato garantito dal tempo pieno e dalle attività del tardo pomeriggio i figli inseriti in un ambiente sicuro ed educativo sino alla conclusione del proprio orario di lavoro, alla dimensione di questo beneficio, sempre che i singoli Comuni decidano di stanziare fondi sufficienti. Il rischio che prefiguro e che sino a ora è stato poco discusso, è che in un futuro anche prossimo l'onere della 'collocazione dei ragazzi in orario pomeridiano passi alle famiglie stesse in termini di investimento finanziario e di organizzazione. In questo modo, invece di divenire centri di servizi educativi globali al servizio degli studenti e delle loro famiglie, gli istituti scolastici diverranno sempre più luoghi poco attraenti e nei quali rimanere il meno possibile. Invece di svalorizzare l'impegno degli insegnanti introducendo professionisti esterni per fare prevenzione perché non coinvolgerli in attività di consulenza da svolgere all'interno della scuola? Chi meglio di loro conosce contesti sociali e familiari degli alunni? Non certamente i ministri ed i burocrati del ministero! Cosa sarà dei ragazzi per i quali la scuola e gli insegnanti rappresentano l'unica occasione positiva con un gruppo di adulti positivi? Non si sta correndo il rischio con la 'riforma' Moratti di lanciare continuamente messaggi contrari al diritto '#8211; dovere di rendere possibile a tutti i giovani la valorizzazione delle proprie risorse?
Sono dell'opinione che sia indispensabile porre i ragazzi al riparo dall'attuale degrado degli obiettivi e delle finalità della scuola. Essi dovrebbero essere i protagonisti della propria formazione e, a mio parere, se abbiamo fiducia in loro, avere anche statutariamente la possibilità di negoziare con gli adulti (insegnanti, dirigenti scolastici e genitori) i propri diritti, aspettative e doveri. Tuttavia, sapranno i politici e gli adulti in generale riconoscere i limiti di cambiamenti motivati più da esigenze politiche, di bilancio ed organizzative che da intenti pedagogici? Serva da esempio la situazione del Regno Unito nel quale nel corso degli anni 70' - '80 si erano ridotti massicciamente (con soddisfazione dei cosiddetti benpensanti) i finanziamenti all'istruzione pubblica e che si trova attualmente a constatare il degrado sociale e la necessità di ricorrere a manodopera qualificata proveniente dall'estero.
Sono dell'opinione che anche gli insegnanti siano disposti a rimettersi in gioco togliendo se possibile quanto di burocratico e di 'abitudinario' nella propria attività si è andato accumulando nel corso degli anni. Molti di loro sono educatori di valore che spesso instaurano relazioni affettive ed educative più intense di quanto non avvenga in famiglia. Sarà tuttavia possibile risollevare la scuola dalle condizioni attuali se non si rivaluta il ruolo dei team di docenti?
Se penso ai messaggi che la politica ed i mass media della maggioranza governativa lanciano in continuazione riguardo alla scuola ed a chi vi lavora, questo mi rende malinconicamente pessimista.
Vorrei tanto essere smentito! Mi auguro che i Decreti Delegati previsti dalla 'riforma' Moratti non assestino ulteriori duri colpi alla scuola Italiana e che sia possibile monitorare e verificare con grande attenzione gli eventi, senza timore di rivendicare il diritto di avere una scuola di qualità sfidando i luoghi comuni della politica italiana e dando avvio a proteste visibili che coinvolgano insegnanti, famiglie e cittadini interessati.

PER IL BENE DELLA SCUOLA ITALIANA E IL FUTURO DEI NOSTRI FIGLI!

Originariamente alcune idee erano contenute in una lettera (mai pubblicata!) indirizzata a Mieli. Ho ritenuto infine di ampliarla e strutturarla sotto forma di articolo e di provocazione. Desidererei ricevere opinioni e consigli; da parte mia mi impegno a rispondere personalmente a tutti i contributi.

Roberto Ferro