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Scuola, tutti i nodi ancora irrisolti: ecco cosa manca e cosa cambierà da settembre

Dai pochi insegnanti, all’impatto dovuto al Covid. E poi le classi pollaio e la nuova maturità. Via le prove scritte anche il prossimo anno? Tutte le ipotesi allo studio

11/06/2021
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La Stampa

Flavia Amabile

L’anno scolastico è terminato, a parte chi deve sostenere gli esami di terza media o di maturità ragazze e ragazzi possono riprendere fiato e recuperare un pezzo di serenità perduta. La scuola, invece, proprio come l’anno scorso si trova davanti a troppi nodi ancora irrisolti che rischiano di far partire di nuovo in salita il prossimo anno scolastico.  

Gli insegnanti che mancano 

Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi è al lavoro da tempo per garantire un rientro a settembre con tutti i docenti in cattedra. Ha anticipato di un mese la data i cui si fissano le cattedre di ruolo per avere più tempo per   completare gli organici. Vuole completare il concorso straordinario dello scorso anno, dare il via a un concorso ordinario e reclutare personale tra chi è in graduatoria e chi ha l’abilitazione.

Cifre alla mano, i sindacati gli hanno dimostrato che anche il prossimo settembre si aprirà con un esercito di supplenti. Su 110 mila posti utili promessi per settembre al massimo si potrà sperare di avere 30-35mila assunzioni di ruolo mentre i supplenti dovrebbero aggirarsi sui 180-200mila, sostiene la Cisl in un rapporto presentato pochi giorni fa.  In base alle previsioni la stragrande maggioranza dei posti vacanti dopo i trasferimenti si trova al Nord, oltre il 55% (con una punta sulla scuola primaria che raggiunge il 63%). Attorno al 22% le quote di trasferimenti al Centro e anche al Sud. Sono le disparità che si ripresentano ogni anno: 5 docenti ogni 10 potranno aspirare a una cattedra al Nord, tra le 45.168 cattedre vuote; mentre solo 2 ogni 10 potranno sperare altrettanto nel sud Italia o nel centro.  Mancheranno oltretutto gli insegnanti dell’organico Covid che non hanno ottenuto la proroga. 

Sotto accusa ci sono innanzitutto le misure inserite nel decreto sostegni. I sindacati chiedono di lasciare alla contrattazione la materia della mobilità, di chiudere definitivamente la questione ex Lsu, di prorogare l’organico Covid;, di rispettare l’autonomia scolastica. «Chi ha scritto quelle misure non si intendeva di scuola –sostiene Maddalena Gissi, segretaria generale della Cisl scuola - Se il governo non cambia il decreto Sostegni Bis vuol dire che verranno meno le condizioni del Patto siglato e che bisognerà ridiscuterne con il ministro». I sindacati promettono uno stato di mobilitazione permanente.  

Lo scontro sulla futura maturità 

Partono dal 16 giugno gli esami di maturità per 540 mila ragazze e ragazzi. E’ la generazione di chi ha trascorso metà del triennio delle superiori in gran parte a distanza e che si trova ad affrontare un esame senza le due prove scritte, una scelta che sta creando grandi polemiche ma che potrebbe essere riproposta anche il prossimo anno decretando la fine dell’esame di Stato degli ultimi cinquant’anni. Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi difende la formula scelta, un elaborato assegnato dal Consiglio di classe che studentesse e studenti stanno preparando dalla fine di aprile e che sarà la base del colloquio orale. Lo definisce «un passo in più per poter sviluppare un pensiero articolato, complesso. Bisogna ricostruire il piacere della scrittura, rifiutando la banalità in cui abbiamo vissuto negli ultimi anni, con parole che sembrano piume al vento». Dura la risposta di Fratelli d’Italia: «Una maturità senza tema di italiano mina i concetti di merito e di valutazione che sono i cardini sui quali si dovrebbe basare la scuola».  

La conferma delle classi-pollaio 

Le regole del rientro in classe a settembre per il momento restano le stesse dello scorso anno: distanziamento, igiene, mascherine da indossare. Un anno è trascorso, tra scuola  a distanza, quarantene e contagi ma - accusano i sindacati - nulla è cambiato per garantire un rientro in condizioni di maggiore sicurezza. Sotto accusa c’è innanzitutto la legge del 2009 approvata quando Silvio Berlusconi era capo del governo e Mariastella Gelmini era alla guida del ministero dell’Istruzione e si inaugurò la stagione dei tagli nella scuola innalzando il numero di alunni nelle classi per diminuire il numero di insegnanti. «Le classi avranno ancora  fino a 30 alunni  - spiega Pino Turi, segretario generale della Uil Scuola -  Ci saranno i banchi con le rotelle ma nessun investimento in impianti di ventilazione. Anche l’anno prossimo si andrà avanti con le finestre aperte e con una generazione che per il terzo anno si troverà a frequentare una scuola in emergenza».  
«Per il momento il protocollo sembra identico a quello dello scorso anno - conferma Francesco Sinopoli, segretario generale della Flc-Cgil -e non è stato riconvocato nemmeno un tavolo di discussione. Mi aspetto che arrivi una convocazione formale e che il governo ci esponga come intende avviare l’anno scolastico  a settembre».   

I vaccini, l’arma più potente 

In questa situazione, se non arriveranno novità da parte del governo, il rientro a settembre rischia riproporre gli stessi problemi dello scorso anno con un’unica differenza, le vaccinazioni.  Di sicuro in classe sarà necessario portare ancora la mascherina, come ha precisato il commissario straordinario all’emergenza Covid-19 Francesco Paolo Figliuolo. “L’architrave – ha detto in un'intervista a 24Mattino su Radio24 – del discorso scuola, per riaprirla in massima sicurezza in presenza è la vaccinazione poi continueremo con il tracciamento e il diradamento”.  La sicurezza quindi si basa quindi innanzitutto sul fatto che l’83% del personale scolastico è stato vaccinato e che è in corso l’immunizzazione dei giovani. Sono in corso di valutazione i dettagli sulle misure da adottare.