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Unità: Contratti, la Cgil chiede il referendum. Quattro ore di sciopero sul territorio

Epifani conferma al direttivo la linea della confederazione e punta a una grande campagna per informare i lavoratori. «Non si entra mai nel merito delle questioni, noi non siamo conservatori».

30/01/2009
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l'Unità

Assemblee da subito con il voto dei lavoratori, quattro ore di sciopero da gestire localmente e, soprattutto, la difesa convinta della propria scelta. La Cgil è in conclave, ieri il direttivo ha discusso dell’accordo separato che riforma la struttura della contrattazione e di come attrezzarsi per affrontare la fase che si è aperta. La priorità è informare i lavoratori, a questo serviranno le assemblee che si concluderanno con un voto «su documenti articolati che spieghino le nostre proposte, cioè quelle della piattaforma unitaria», ha detto Guglielmo Epifani nella relazione.

L’ABIURA

La piattaforma cui si riferisce è quella che Cgil, Cisl e Uil presentarono in primavera dopo mesi e mesi di discussione, limature, mediazioni. Cisl e Uil l’hanno di fatto abiurata ed è diventata carta straccia. Non è dunque un referendum in senso stretto, un sì o un no al testo uscito da Palazzo Chigi, ma una consultazione che farà il paio con una campagna capillare anche tra i pensionati e, più in generale, tra i cittadini. Le assemblee partiranno a breve e saranno accompagnate dalle iniziative di mobilitazione già decise: lo sciopero dei metalmeccanici e dei lavoratori pubblici del 13 febbraio, la manifestazione dei pensionati a Roma il 5 marzo, lo sciopero della scuola a fine marzo e due iniziative in Puglia e in Sicilia sul Mezzogiorno. Il calendario è chiuso dalla manifestazione, già annunciata, del 4 aprile. Di nuovo c’è un pacchetto di 4 ore di sciopero a livello territoriale.

Epifani ha insistito sull’autonomia della Cgil e sul rifiuto di etichette che la vorrebbero «un’organizzazione conservatrice». Il passaggio è dedicato a quanti si sono adoperati a far passare una campagna di informazione di questo tipo, e sono stati citati anche i partiti di opposizione. «Non si discute mai del merito - torna ad accusare il segretario Cgil - non si dice se i contenuti siano giusti o sbagliati e se abbiamo torto o ragione nel dire, per esempio, che il nuovo modello strutturalmente non consentirà mai il recupero dell’inflazione nella contrattazione di primo livello e se questo sia un bene o un male per i lavoratori». Di autonomia ha parlato ieri anche il segretario Pd Walter Veltroni, smentendo le tensioni con l’amico Epifani. «Per fortuna - ha detto - io ed Epifani non ci parliamo attraverso i giornali e ci vedremo nei prossimi giorni», «non c’è nessuna ragione di tensione e di conflitto ma due punti di vista autonomi che si rispettano reciprocamente».
Il sindacalista insiste però sul referendum. Bando alle «lacrime di coccodrillo» di chi a cose fatte lo rivorrebbe al tavolo, «davanti alle voci discordi su cifre, aumenti e quant’altro» Epifani reclama «una sede per dire ognuno la propria verità ai lavoratori». Perché l’accordo firmato vale per tutti non solo per gli iscritti a Cisl e Uil. Così nel corso di un’intervista al Tg3. Al direttivo, invece, il riferimento è ai «soggetti firmatari che non dicono la verità sui contenuti», ma in ogni caso la Cgil non può venir meno al principio della consultazione democratica. Tanto più che in ballo ci sono le regole e che come hanno affermato Carlo Azeglio Ciampi e Pierre Carniti, sulle regole non si possono fare accordi separati. Concorda su questo Massimo D’Alema, senza la firma del sindacato più grosso «il rischio - dice - è di avere una riforma ineffettuale e non un nuovo sistema che genera effetti positivi». Cioè un «manifesto ideologico».

CHI ROMPE

Durissimo con Confindustria «che non capisce che l’accordo non può reggere se manca uno dei pilastri della rappresentanza», Epifani accusa il governo, il regista che «ha fatto precipitare la situazione con l’intento di arrivare alla rottura sindacale». «Un ministro (Brunetta, ndr) definisce la Cgil “nemica” e nessuno nel governo si indigna» e, assurdamente «siamo noi ad essere accusati di troppa ideologia».