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Unità-Delitto su commissione

Delitto su commissione di Antonio Padellaro In una democrazia, le commissioni parlamentari d'indagine vengono nominate per fare luce su importanti questioni d'interesse nazionale. In un regime, l...

08/05/2003
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l'Unità

Delitto su commissione
di Antonio Padellaro

In una democrazia, le commissioni parlamentari d'indagine vengono nominate per fare luce su importanti questioni d'interesse nazionale. In un regime, le commissioni parlamentari d'indagine vengono adoperate come un nodoso bastone con cui tenere a bada gli avversari politici e da calare sulla loro testa se non fanno i bravi. Sì, regime, una parola che finalmente si può usare senza il rischio che qualcuno ti multi per eccesso di opposizione o ti ammonisca ad abbassare i toni come se fossero rumori molesti. "Questo Paese rischia il regime", dice adesso il leader dell'Ulivo Francesco Rutelli, uno che la voce la alza raramente e che ha lanciato un appello drammatico al capo dello Stato e ai presidenti delle Camere per chiedergli di vigilare, di essere i garanti di una democrazia "a rischio".

Vigilare sul premier in preda a ossessione giudiziaria, che prende a spallate le istituzioni, che cerca di stravolgere la Costituzione, che vuole eliminare i contrappesi della Repubblica. Mentre rilascia queste dichiarazioni, Rutelli non conosce ancora l'ultima trovata honduregna del presidente del Consiglio nei confronti dell'opposizione: volete processare me?, e io faccio processare voi. A Tegucigalpa, il caudillo di turno crea una commissione con il capo della polizia e il responsabile dei servizi segreti, che scovano nell'auto del leader dell'opposizione mezzo etto di cocaina o una valigetta piena di dollari. Fine dell'opposizione. A Roma, il caudillo imprenditore impone a colpi di maggioranza l'istituzione di due commissioni che dovranno indagare sull'affare Telekom-Serbia e sul dossier Mitrokhin. Nel primo caso, c'è il sospetto che siano state pagate alcune tangenti per acquisire la rete telefonica jugoslava ai tempi di Milosevic.

Una pratica quella delle mazzette, come è noto, del tutto eccezionale nel nostro morigerato paese. Nel secondo caso, invece di chiedere scusa ad alcune decine di galantuomini, additati al pubblico ludibrio come spie del Kgb da una misteriosa fonte che nei casi più gravi può dimostrare di averli invitati a pranzo in qualche trattoria fuori porta, si spendono i soldi del contribuente per dare modo a un club di parlamentari di documentarsi sulle ultime novità in fatto di panzane e gaglioffi. L'opposizione, naturalmente, non subdora nulla e tiene i toni bassi. E, in effetti, i due illustri consessi, uno presieduto da un ingegnoso giornalista, l'altro da un avvocato di Catania, non tirano fuori un ragno dal buco.

Ma il nodoso bastone è là, e quando il caudillo di Arcore, accusato di corruzione di magistrati si sente messo alle corde, lo consegna ai suoi fidi perché ne facciono l'uso migliore. Nell'aula di un tribunale di Milano indica i bersagli da colpire, tra i quali il suo possibile avversario alle prossime elezioni politiche che, per inciso, è anche il presidente della Commissione europea. Al diavolo il prestigio dell'Italia alla vigilia del semestre italiano in Europa. In puro stile bananiero le due commissioni producono sull'istante un paio di informatori da leccarsi i baffi. Il più attendibile, un pregiudicato per truffa, sostiene di aver custodito in Svizzera le prove che a tre personaggi, soprannominati la Mortadella, la Cicogna e il Ranocchio (il succitato esponente europeo, il leader del maggior partito della sinistra e un ex presidente del Consiglio) sono stati versati fior di quattrini, nell'ambito di Telekom Serbia. A Lugano, a Lugano subito grida l'avvocato di Catania mentre, per non essere da meno l'ingegnoso giornalista annuncia sensazionali rivelazioni su Mortadella al soldo di Mosca. Nelle prossime settimane sono previste le audizioni di Tiramolla e dell'Uomo Ragno, che ha in serbo un dossier su Ciampi. Sì, siamo in un pericoloso regime. Di buffoni.