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Unità-E ora chi chiederà scusa?

10.11.2002 E ora chi chiederà scusa? di Piero Sansonetti DALL'INVIATO FIRENZE Il "New York Times", lo sapete, è un giornale che si stampa in America. "Libero" si stampa in Italia, forse sap...

10/11/2002
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l'Unità

10.11.2002
E ora chi chiederà scusa?
di Piero Sansonetti

DALL'INVIATO
FIRENZE Il "New York Times", lo sapete, è un giornale che si stampa in America. "Libero" si stampa in Italia, forse sapete anche questo. Due o tre volte all'anno il "New York Times" si occupa d'Italia in prima pagina. Spesso per notizie tristi, tragiche: uccisioni, terremoti, mafia. "Libero" si occupa solo d'Italia (di norma ha una sola pagina di esteri su 36). Ieri, fatto eccezionale, il "New York Times" ha dedicato metà della sua testata di prima pagina alla marcia pacifista di Firenze. Anche il "Pais", anche "Le Monde" e molti giornali stranieri hanno fatto così. "Libero" ha trattato la marcia come quarta notizia, dopo informazioni sullo sport, sulla porno-tax ed altro. Si dirà: fatti suoi. Già, ma dopo Firenze il problema della stampa italiana si pone in modo serissimo, drammatico. Per tre motivi. Perché il gioco della faziosità e della manipolazione degli avvenimenti e delle informazioni, non riguarda più solo giornali piccoli ed estremi: riguarda i colossi della Tv e della carta stampata. Perché il diritto ad essere informati decentemente e pluralisticamente sulle cose che succedono, è un diritto che in Italia praticamente è scomparso. E perché le campagne di stampa intervengono nel normale svolgimento della dialettica democratica, lo condizionano, rischiano di spezzarlo. È stato così prima di Firenze, e le velocissime retromarce di queste ore non cambiano la sostanza del problema.

Cosa è successo prima di Firenze? Una martellante campagna di stampa, guidata dai giornali tradizionalmente di destra o di estrema destra e dal "Corriere della Sera", ha posto il paese di fronte alla probabilità di una invasione violenta e tumultuosa di no-global: pericolosa per l'incolumità dei fiorentini e per la salvezza della città. E ha chiesto al governo di mettere l'embargo a Firenze e di impedire lo svolgimento del forum europeo. Cioè del più grande congresso politico che mai si sia svolto in questo continente. Gli stessi giornali di destra e lo stesso "Corriere della Sera" hanno posto sotto accusa il sindaco di Firenze Leonardo Domenici e il presidente della Regione Toscana Claudio Martini, li hanno accusati di essere due irresponsabili, li hanno indicati ai lettori come esempio di gente che non sa fare il proprio mestiere e che mette a rischio le ricchezze e la sicurezza dei cittadini, e il rinascimento italiano. Sul "Corriere della Sera" sono intervenuti i principali editorialisti, e vari intellettuali e scrittori, per sostenere questa tesi anche in modo talvolta rozzo, qualcuno di loro coprendo di insolenze i dirigenti dei no-global e i rappresentanti delle istituzioni. Qualcuno di loro - di loro intellettuali - ha anche proposto l'uso delle cinghiate per rimettere a posto no-global e amministratori. Nelle cronache di questi giornali di destra e del "Corriere della Sera" si è raccontato di pericoli enormi, di rischi di infiltrazioni terroriste, di infiltrazioni islamiche, di azioni di pericolosissimi gruppi inglesi o austriaci e altre cose simili. Tutto senza prove, senza riscontri, senza citare le fonti. Tutto infondato.

Il governo, spinto da questa campagna di stampa, ha preso seriamente in considerazione l'ipotesi di proibire il forum a Firenze. Una parte consistente del partito di maggioranza relativa ha spinto in questa direzione. Anche il premier ha rilasciato dichiarazioni in questo senso. Bisognerà dare atto al ministro dell'Interno Pisanu (e forse noi in quei giorni siamo stati troppo critici con lui) di avere agito saggiamente per resistere a questa campagna di stampa e per sopire le spinte allarmiste e antidemocratiche che venivano dal suo partito. E di avere raccolto la pressione democratica, anche internazionale, che chiedeva che non fosse sospesa in Italia la libertà politica. Bisognerà anche dargli atto di aver saputo gestire molto bene l'ordine, grazie specialmente all'ottimo lavoro del prefetto di Firenze, Serra, e all'idea fondamentale di non usare la polizia come forza di "sfida" ma come forza di difesa.

Dopo aver dato atto - per onestà - si può anche pretendere qualche spiegazione - per onestà - da chi la deve dare. Il "Corriere della Sera" ieri ha pubblicato un bell'editoriale di Paolo Franchi, nel quale si esprime soddisfazione perché tutto è andato bene a "dispetto di tanti profeti di sciagure che hanno vaticinato scempi e devastazioni, versando non acqua, ma benzina sul fuoco". Giustissimo. Paolo Franchi è tra i pochi editorialisti del "Corriere" che non ha partecipato alla campagna contro Firenze, e quindi può scrivere queste parole ampiamente condivisibili. Ma il "Corriere" è un giornale, non un foglio di carta nel quale si pubblicano articoli a caso. Come risponde il "Corriere" alle brucianti accuse del suo editorialista? All'accusa di avere sparso benzina? E' normale, è giusto che un giornale tratti l'informazione come un'arma politica, conduca campagne senza informazioni, senza fatti, senza notizie, rischi di portare a una vera e propria sospensione della democrazia - questo sarebbe stato il divieto di svolgimento del Forum - e di provocare un gravissimo turbamento dell'ordine democratico? Per quali motivi lo fa? Per scelta editoriale, per linea politica, perché si pensa che vende di più, perché forse così piace a qualcuno potente? O per nessuno di questi motivi, e semplicemente per la totale incapacità di comprendere la natura del movimento no-global, cioè del più importante fenomeno politico apparso negli ultimi due anni?

Il "Giornale" di Belpietro, che è stato alleato del "Corriere" e di altri nella campagna contro Firenze e contro i no-global, ieri si è giustificato con un articolo di Salvatore Scarpino nel quale sostiene che gli allarmi eccessivi sono sempre utili. Servono a evitare incidenti. Non è così. Innanzitutto perché quei falsi allarmi hanno rischiato di provocare la chiusura del Forum. Cioè di fare un danno enorme alla democrazia, all'immagine dell'Italia, e probabilmente all'ordine pubblico. E poi perché è dimostrato che non sono gli allarmi, ma è il comportamento della polizia a determinare o evitare gli incidenti. Gli allarmi ci furono anche a Genova (islamici, sangue infetto, pistole, mitra, bombe...) anche quelli erano infondati, ma a Genova gli incidenti ci furono perché la polizia del ministro Scajola e di Fini cercò, e costruì, prima gli incidenti poi l'indecente repressione. A Firenze l'allarme c'è stato e gli incidenti no.

Come mai? Perché la polizia di Pisanu e Serra ha fatto bene il suo lavoro. I no-Global erano gli stessi a Genova e a Firenze, non sono cambiati (sono solo diventati molti, molti di più) : i disobbedienti, i Cobas, Lilliput, l'Arci, quelli di Agnoletto, Mani Tese, gli anarchici, Pax Christi, i boy scout e varie altre organizzazioni. E poi nel nostro mestiere, nel mestiere di giornalisti, non dovrebbero esistere cose inutili o utili. Non è il nostro compito decidere cosa è utile. Quello era il compito del min-cul-pop e dell'agenzia Stefani durante il fascismo. Noi dobbiamo capire solo cosa è vero e cosa è falso, cosa è fondato e cosa infondato. Giusto? Allora il problema che si pone riguarda tutti noi giornalisti. Cosa è rimasto di questa nostra professione? Dov'è il nostro senso critico, il nostro diritto e dovere, al di là delle ideologie e delle opinioni politiche, di rispettare i fatti, di cercare le notizie, di raccontare gli avvenimenti, di non nascondere, di informare il lettore? Negli anni settanta, e anche negli anni ottanta, conducemmo delle epiche battaglie su questi campi. E ne vincemmo molte. Oggi ci troviamo ad essere gli operatori del settore più arretrato e fatiscente della vita civile italiana. Eppure l'informazione è un servizio pubblico. Il livello dell'informazione, in Italia, è lontano anni luce da quello degli altri paesi d'occidente. L'altro giorno Gino Strada citava non so quale studio che assegnava all'Italia il quarantesimo posto nella classifica dei paesi con maggiore libertà di informazione. Un posto sotto il Mali. In tutti gli altri campi della vita pubblica l'Italia è nei primi sette o otto posti. Il "Corriere della Sera" è un punto di riferimento decisivo per la stampa italiana. Ed è diretto da persone serie e per bene. Non sentono il dovere di chiedere scusa a Firenze e ai No-Global per l'errore giornalistico così grande che hanno commesso? Sarebbe un gesto magnifico. Che permetterebbe a tutti noi di riprendere seriamente un discorso, non fazioso, sulla necessità di riformare e liberalizzare la nostra professione.