Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Unità-La docenza modello Moratti non piace al sindacato: non chiari i criteri di scelta

Unità-La docenza modello Moratti non piace al sindacato: non chiari i criteri di scelta

La docenza modello Moratti non piace al sindacato: non chiari i criteri di scelta di r. g. Non più docenti a vita, almeno per i giovani professori universitari si apre una carriera diversa fatta...

24/01/2003
Decrease text size Increase text size
l'Unità

La docenza modello Moratti non piace al sindacato: non chiari i criteri di scelta
di r. g.

Non più docenti a vita, almeno per i giovani professori universitari si apre una carriera diversa fatta di un esame di Stato, una specie di abilitazione, e un iniziale incarico di docenza della durata di tre anni, rinnovabile per altri tre, scaduti i quali poi deve essere o meno confermato in via definitiva da un ateneo.

È questa la proposta annunciata dal ministro per l'Università e la Ricerca scientifica Letizia Moratti giovedì durante l'incontro con i rettori riuniti in assemblea generale. Una proposta che finora ha raccolto pareri contrari ma anche di favore e sulla quale l'assemblea dei rettori ha per il momento sospeso il giudizio.

Al centro dei colloqui tra rettori e ministro c'era la ridefinizione dello stato giuridico dei docenti. E la Moratti ha colto l'occasione per presentare ai responsabili degli atenei le sue linee guida e la sua proposta di rivedere il sistema di reclutamento dei docenti basandolo su un giudizio di idoneità attribuito a livello nazionale da una
specifica commissione. A questo dovranno poi seguire contratti per i professori di prima e seconda fascia per tre anni, rinnovabili per altri tre anni. Anche prima della scadenza, però, i contratti potranno essere tramutati in rapporti di lavoro a
tempo indeterminato. Obiettivo dichiarato della riforma sarebbe quello di spezzare l'anello di costrizione delle carriere universitarie basato secondo il ministro su un eccesso di localismo.

La riforma non si ferma qui. Moratti vorrebbe incentivare i dottorati di ricerca, rendere più flessibili i corsi di laurea per gli studenti e rilanciare le iniziative per stimolare la mobilità internazionale sia degli studenti che dei docenti. E anche gli assegni di ricerca, oggi a scadenza annuale anche se rinnovabili, dovrebbero tramutarsi in contratti da ricercatore di durata quinquennale.

Se le linee del progetto di riforma verranno confermate, l'epoca delle cattedre a vita ed anche per i docenti universitari verrebbe introdotto il principio della valutazione del lavoro svolto.

"Abbiamo analizzato quelle che sono le criticità del sistema - ha spiegato la Moratti ai rettori - il sistema di reclutamento attuale non premia la mobilità ed è troppo locale. Stiamo quindi cercando di avviare un sistema di reclutamento - ha affermato - che porti a un' idoneità scientifica nazionale, a un concorso ogni due anni - uno per
professori ordinari ed uno per professori associati, sulla base appunto di un'idoneità scientifica nazionale - e poi saranno le singole università a chiamare i professori che usciranno idonei da questa lista nazionale".

L'ipotesi, ha spiegato il ministro, è quindi quella di "un incarico ai professori universitari per tre anni, incarico rinnovabile per altri tre anni; poi le università decideranno se rinnovare l'incarico a tempo indeterminato o se farlo decadere". È una "flessibilità - ha commentato Moratti - che viene data alle università, perchè queste possano decidere anche sulla base di una valutazione che avranno potuto
effettuare negli anni di incarico svolti dai docenti; saranno cioè le singole università, nella loro autonomia, a valutare se e quando trasformare il contratto del docente in contratto a tempo indeterminato".

Il contratto triennale potrebbe essere rinnovato una sola volta (per un periodo massimo di incarico, cioè, pari a sei anni). Quindi, il giudizio di idoneità da parte dell'ateneo e la decisione se confermare a tempo indeterminato o revocare l'incarico al professore. Vi sarebbe - secondo quanto si è appreso, ma si tratta di ipotesi non confermate - anche una prefigurazione dell'impegno orario del docente: 350 ore mensili di cui una parte consistente, pari a 120 ore, da destinare alla didattica.
Le linee generali illustrate dal ministro dovrebbero tradursi in un disegno di legge delega e in successivi decreti attuativi.

Moratti ha anche fatto riferimento al blocco delle assunzioni per i docenti universitari previsto dalla Finanziaria 2003: "Ciò è previsto in Finanziaria, ma è anche prevista una possibilità di deroga; quindi, per i casi eccezionali, - ha concluso - se le università riterranno di aver necessità di deroghe, noi naturalmente ci faremo promotori per chiedere queste deroghe in modo che gli atenei possano attivare assunzioni se necessarie".

Interlocutorio sulla rivoluzione della Moratti è il giudizio di Piero Tosi, rettore a Siena e presidente della Conferenza dei rettori. Non si è pronunciato negativamente, ma al termine dell'incontro con il responsabile di Viale Trastevere, Tosi ha precisato che la
proposta va "regolamentata con limiti e criteri precisi e trasparenti". "Abbiamo preso atto del progetto - si limita a dire Tosi - e ci siamo riservati tutto il tempo necessario per dare un giudizio di merito, sia durante il confronto che si svilupperà all'interno della Crui sia tra i docenti degli atenei italiani".

Secondo il presidente della Conferenza dei rettori (Crui), vanno valutate accuratamente le condizioni e il contesto nel quale si "innesta il meccanismo, non ultimo il problema delle risorse" che è connesso, ha spiegato, con l'eventuale contrattualizzazione a tempo determinato.

La riforma dello stato giuridico della docenza universitaria, formulata ieri dal ministro
Moratti, nel corso dell' assemblea della Crui, porrebbe ad esaurimento il ruolo dei ricercatori e riformerebbe nuovamente le regole dei concorsi: sono queste due delle critiche che il Sindacato nazionale dell' Università e ricerca della Cgil muove
alla proposta del Ministro dell' Istruzione.

In un comunicato, lo Snur-Cgil contesta, innanzitutto, che la proposta del ministro non sia contenuta in un documento scritto "sul quale aprire un dibattito franco tra tutti i soggetti interessati".

Lo Snur, poi, esprime la propria contrarietà a quello che, a suo avviso, rappresenta il tentativo di portare a esaurimento il ruolo dei ricercatori. Il sindacato motiva la sua posizione con l' affermazione che la proposta di riforma sia "un modo di penalizzare i giovani, ritardando la loro assunzione in ruolo e mantenendoli in una situazione di prolungata precarietà" oppure un tentativo di "dequalificare la fascia dei professori
associati". Poi, con la modifica delle regole dei concorsi, aggiunge lo Snur, si arriverà -e questo al sindacato non sta bene - "a liste nazionali di idonei all' insegnamento
universitario nel numero risultante dalle richieste delle Università, da bandirsi ogni due anni alternativamente per la prima e la seconda fascia"; tutto ciò con una "chiara
contraddizione tra la valutazione di idoneità e limitazione del numero dei potenziali idonei".

Lo Snur chiede maggiore chiarezza sui criteri che saranno posti alla base della valutazione da cui discenderà la decisione delle Università di confermare o meno l' incarico ai docenti e sugli strumenti di garanzia che consentiranno ai professori di potersi tutelare di fronte ad un giudizio negativo.

Per lo Snur-Cgil, infine, "la struttura della norma fa pensare che la scelta dell' ateneo di rinnovare o meno il contratto sia insindacabile e ciò fa della norma stessa un
inammissibile attacco alla libertà di ricerca e di insegnamento, garantite dall' art.33 della Costituzione".