Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Unità-La scuola italiana caccia i poveri

Unità-La scuola italiana caccia i poveri

La scuola italiana caccia i poveri Istruzione vietata per le famiglie a basso reddito: cancellati 103 milioni di euro destinati all'acquisto dei libri di testo Marina Boscaino ROM...

14/12/2004
Decrease text size Increase text size
l'Unità

La scuola italiana caccia i poveri

Istruzione vietata per le famiglie a basso reddito: cancellati 103 milioni di euro destinati all'acquisto dei libri di testo

Marina Boscaino

ROMA Missing. Spariti. Dalla Finanziaria del 1998 in poi (art. 27 della legge 448/98) è sempre stata stanziata una cifra pari a 103 milioni di euro da destinare all'acquisto dei libri di testo per le famiglie a basso reddito degli studenti della scuola superiore. Da ben 6 anni, dunque, lo Stato si faceva carico di alleviare da una spesa onerosa le famiglie in difficoltà. Quindi di garantire un accesso pressoché gratuito agli studenti meno abbienti e, contemporaneamente, di ridurre le differenze di condizioni tra studenti provenienti da aree sociali diverse. Adesso quei 103 milioni di euro sono spariti. Dimenticati, cancellati.
Scuola per chi?. La Finanziaria che non taglia la scuola - come hanno avuto modo di garantirci coloro che della menzogna hanno fatto ormai un vero o proprio stile di comunicazione - tra le tante smentite a questa affermazione registra questo taglio, che è forse il più odioso. Perché contribuisce a definire un modello di società che riduce drasticamente le possibilità di accesso alla promozione sociale per i non abbienti. Sembrano dirci, questi nostri spudorati governanti, che, se sei nato povero, pazienza: la scuola non è cosa per te. Vai piuttosto ad imparare un bel mestiere, che c'è tanto bisogno di braccia forti.Tutto nella politica scolastica del centro destra sembra suggerire questo tipo di soluzione.
Tutto sembra allontanare la scuola da quelle specifiche finalità che - seppure in maniera imperfetta - ha perseguito nella recente storia italiana, in un'invasione inarrestabile e a tutto campo del berlusconismo peggiore (ma ne esiste uno migliore?). Dalla scelta dell'anticipo alla scuola materna, per poi passare a quella alla scuola elementare (che premiano esclusivamente coloro che vivono nelle zone "bene", non tenendo conto che altrove molti bimbi non riescono ad entrare nemmeno per un giorno alla materna e frequenteranno classi elementari ai limiti della capienza massima); dalla visione individualistica, personalistica proposta dallo scardinamento del principio di condivisione che era alla base della nostra scuola elementare (portfolio, percorsi individuali, ore opzionali a scelta delle famiglie); dalla scelta a 12 anni tra istruzione e formazione professionale: scelta sulla quale ben più delle propensioni personali peseranno i portafogli (vuoti) di tanti genitori che preferiranno arrotondare l'entrata familiare; o - viceversa - il perpetuarsi di condizioni culturali incapaci di individuare nella scuola un valore competitivo rispetto a quello del profitto.
Non è un caso che nel nord-est (dove adesso, però, le fabbriche stanno chiudendo) si sia registrata una scarsa frequenza delle scuole superiori rispetto al sud, dove la scuola ha rappresentato e rappresenta tuttora l'unica possibile alternativa alla strada. E' questo il paradosso più drammatico, che sembra dirci che dove c'è ricchezza la scuola non è più utile, non serve più. E da questa lettura miope non può che derivare male per il nostro Paese. A più riprese parlamentari dell'opposizione hanno tentato di ostacolare l'ennesimo sacrificio che la politica sconsiderata del centro-destra richiede alla scuola italiana.
Un sacrificio che cadrà direttamente sulle spalle delle famiglie in condizione di maggiore difficoltà: confermando, ancora una volta, che a risarcimento dell'elemosina dei pochi spiccioli derivanti dalla riduzione delle tasse, per certe fasce di reddito non ci sono da attendere che tagli violenti aggiuntivi, che renderanno ancora più irrisori i benefici derivanti dallo "storico" provvedimento del governo Berlusconi (storico è uno degli aggettivi da loro più amati).
Per due volte (in commissione e in Aula) Alba Sasso e Piera Capitelli (Ds) hanno proposto un emendamento che prevedeva un rifinanziamento di interventi per la fornitura gratuita dei libri di testo tramite l'istituzione di un apposito fondo. E in entrambi i casi l'emendamento è stato bocciato. Anche la possibilità di usare i libri di testo scaricati da Internet - alla quale il centro-destra più volte ha fatto riferimento e che comunque ignorava i costi relativi che sembrano banalità, ma che pure devono essere considerati perché esistono (carta, fotocopiatrice, cartuccia, energia elettrica) - è stato reso impraticabile da uno stralcio disposto dal Presidente della Camera.
Paritarie sì, gli altri si accomodino. Insomma, una situazione senza via d'uscita. Che stupisce (e indigna) ancor di più se si pensa al fatto che rimane il contributo alle famiglie che abbiano scelto le scuole private paritarie.
Nella Finanziaria 2004 era previsto un incremento del fondo relativo pari a 20 milioni di euro e ad altri 40 milioni per il 2004 e per il 2005.