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Unità-Le quattro risposte che vengono da Firenze

10.11.2002 Le quattro risposte che vengono da Firenze di Antonella Marrone Che cosa resta degli incontri di Firenze? Un animo più sereno, un pizzico di ottimismo in più. E alcuni punti chiari,...

10/11/2002
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l'Unità

10.11.2002
Le quattro risposte che vengono da Firenze
di Antonella Marrone

Che cosa resta degli incontri di Firenze? Un animo più sereno, un pizzico di ottimismo in più. E alcuni punti chiari,ineludibili per chi è appassionato di politica. Questo movimento ha ridato vigore alla politica in Italia, ha forzato un modo di ragionare spento,concentrato sulla politica-partito. Forse non se ne è parlato a sufficienza sui giornali, in questi giorni, ma moltissimi, tra i dibattiti alla Fortezza da Basso, toccavano direttamente o indirettamente, il nodo politica e cittadinanza. La partecipazione non è più un tabù. La politica è passata, sta passando e passerà sempre più tra i fili delle amministrazioni locali, i politici del futuro saranno quelli che sanno amministrare bene la cosa pubblica. Non ci saranno più deleghe in bianco.

Secondo punto: a Firenze non sono state poste domande. Sono state date risposte, avanzate proposte. Dunque: nessun politico deve sentirsi obbligato, oggi, a dare risposte a questi "ragazzi", anche perché non ci sono solo ragazzi e non si tratta di un Movimento giovanilista in cerca di padri. Chi pensa di lavorare per un'alternativa a questo sistema economico e alle ingiustizie del mondo, non può non tenere conto delle centinaia di migliaia di persone (in rappresentanza di milioni) che costituiscono questo Movimento. E' l'unico ambito con cui ci si deve confrontare. Se poi le alternative che si cercano sono solo nell'ambito di un'alternativa al governo, allora gli ambiti possono essere diversi. Il pacifismo dei manifestanti (che in larghissima parte erano quelli di Genova con molti in più) non era in discussione come non è in discussione la "radicalità" delle scelte del Movimento. Violenza e radicalità delle proprie convinzioni, non sono sinonimi. La guerra "senza se e senza ma" (non si aspetta la decisione dell'Onu per essere contro una strage di innocenti) e l'opposizione ad un sistema economico cannibalesco sono due principi irrinunciabili, il primo estensione del secondo. Un altro messaggio chiarissimo che arriva da Firenze.

Il tempo stringe. Dai fatti di Genova solo qui, ora, è stato possibile superare collettivamente il dolore e andare avanti. Usciti dalla spirale lotta-repressione-lotta (come si diceva una volta) i movimenti, le organizzazioni sono entrati in una fase matura. Le quattro campagne lanciate a conclusione dei lavori - guerra, Tobin Tax, privatizzazioni, libertà di circolazione dei migranti (più la convenzione per la Costituzione Europea) - sono macigni lanciati nel mare della politica europea. Saranno, queste campagne, portate avanti ed elaborate sia nazionalmente che in gruppi misti da varie nazioni. Non accetta cappelli il Movimento, da nessun partito politico e l'equilibrio dimostrato a Firenze, in ogni dibattito e in ogni conferenza, indica proprio questa strada. "Il Movimento italiano - ci dice Agnoletto - ha mantenuto come obiettivi la difesa del pluralismo, dell'unità e dell'autonomia e questo ha fatto sì che diventasse un'esperienza unica". Infatti, Firenze, è stato un grande esperimento da punto di vista organizzativo, lontano anche da Porto Alegre (che ha una struttura decisionale più ristretta): è stato uno sforzo inclusivo a tutti i livelli, con grandi assemblee (anche 300-400 persone) a Salonicco, Barcellona, Bruxelles, per decidere l'organizzazione e riunioni del Comitato Organizzativo Italiano che hanno espresso il massimo del pluralismo.

Ora tocca alla politica tradizionale tirare delle conclusioni e capire quanto vuole "sporcarsi le mani". Non servono dichiarazioni di principio, bastano i fatti. Si voterà per la guerra? Si modificherà la legge sulle armi? Si cambierà la 180? Si farà una riforma agricola? Si privatizzeranno i servizi pubblici? E l'acqua e la luce? E l'educazione? No, non è di questo Movimento il problema della leadership, come non lo è quello della piazza, quello della violenza. Certo, si sottrae a molte delle categorie politiche e concettuali cui molti sono abituati. Ma questo, come si dice, è un problema degli altri, non del Movimento