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Unità: «Non versi i soldi per la mensa? Tuo figlio a digiuno».

Pugno di ferro del sindaco leghista di Adro (Brescia) Da lunedì i bambini «debitori» non potranno accedere al refettorio scolastico. Ma se italiani si chiude un occhio

09/04/2010
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l'Unità

Ma non metterti a fare tutta questa polemica, manda un fax: tu sei italiana, non sei tu il problema», le ha detto la mamma di un compagno di scuola di sua figlia. Una bambina di dieci anni, molto timida, che frequenta la quinta elementare ad Adro, comunedel bresciano, dove la Lega governa da sola con il 61% dei voti. L’altra mattina quasi si metteva a piangere quando si è vista consegnare in classe la lettera della vergogna. Quella in cui il preside spiega che «il sindaco mi ha comunicato che Vostra figlia è stata sospesa dal servizio mensa a causa di ritardi o mancati pagamenti». «È stata una distrazione », spiega la mamma, Ilaria Poli, che fa l’infermiera part-time «e per ora ce la faccio a far fronte alle spese ». Da gennaio il Comune ha deciso che bisogna pagare in anticipo (il 10 del mese) ed è bastato qualche giorno di ritardo a far scivolare sua figlia nella “lista nera” dei 40bambini «morosi ». Ultimo bersaglio del “Bossi locale”. Tranne lei, che è una specie di «effetto collaterale», quasi tutti stranieri. Oscar Lancini, sindaco di Adro dal 2004, su queste crociate ci ha costruito il suo consenso. Nel 2006 si inventò persino una «taglia» per chi arrestava i clandestini. Catture zero, pubblicità tanta. Quattro anni dopo nel mirino ci sono finiti i figli degli immigrati regolari che con le loro zuppe di verdure non pagate gravano “addirittura” per 12mila euro sul bilancio di Adro. Alcune mamme immigrate hanno chiesto i soldi in prestito pur di evitare ai figli la vergogna di esser cacciati da mensa. «Avevo pagato marzo: per ora saldo l’ultimo mese, poi pagherò anche i due arretrati, pensavo. E invece mio figlio è arrivato a casa con la lettera, mi sono messa a piangere per la rabbia: paghiamo i contributi come gli altri, sai quanto mi deve ilmio datore di lavoro?», racconta Amina, marocchina, che per7 anni ha lavorato in nero come lavapiatti. E anche quando l’hanno messa in regola, ha continuato a fare in nero gli straordinari. Ferie, malattia, tutto da strappare. E alla fine, quando ha fatto troppe storie, è arrivato il licenziamento. È per quello che non ce la fa a pagare la mensa. «Ogni volta che siamo andate a chiedere aiuto al comune, per l’affitto o per i figli, ci è stato risposto che gli aiuti sono solo per gli italiani », racconta Amina, che, per non avere umiliazioni a mensa i suoi bambini non ce li ha mai mandati: «Mangiano a casa, non ho i soldi per pagarla». Suo marito fa il tornitore, vive ad Adro da 10 anni. «Un tempo qui era bello». Adesso? «Non abbiamo altro posto, ma se va avanti così ce ne andiamo via». Così va avanti da anni. La strategia - racconta Giovanna Lazzaroni, assistente sociale in pensione - è chiarissima: «Non dare risposte ai cittadini bisognosi per metterli in condizioni di cambiare paese». Sono loro che la spiegano così. Il Comune ha persino rinunciato al contributo regionale all’affitto: era aperto anche agli stranieri. Demagogia e discriminazione. Però funziona: alle ultime elezioni la Lega si è fagocitata anche il Pdl. «Soffiano sulla paura dell’altro», racconta Ferretti, segretario locale del Pd: «Promettono alloggi e sostegni solo agli italiani e la gente li segue». Così bilancio e welfare vengono utilizzati per tracciare la linea di confine. E ora anche la pappa. Il preside Cadei per ora ha continuato a far entrare tutti a mensa, a dispetto del sindaco. È cominciata così la resistenza della zuppa. Sono partite le collette per pagare gli arretrati. Ma chi non ha pagato (diciotto) da lunedì resterà fuori. «Il sindaco ha detto che i bambini verranno accompagnati a casa dai servizi sociali», spiega Ilaria: «Noi abbiamo intenzione di resistere».