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Unità-Ora Pera e Casini devono agire-di N.Tranfaglia

Ora Pera e Casini devono agire di Nicola Tranfaglia Chiunque conosca, per mestiere o per passione o per entrambe, la storia d'Italia sa che, nello Stato liberale come in quello repubblicano, ci s...

12/08/2003
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l'Unità

Ora Pera e Casini devono agire
di Nicola Tranfaglia

Chiunque conosca, per mestiere o per passione o per entrambe, la storia d'Italia sa che, nello Stato liberale come in quello repubblicano, ci sono state numerose Commissioni d'inchiesta parlamentari su grandi problemi nazionali (la miseria, il brigantaggio, la mafia) e che queste Commissioni sono sempre nate per impulso dei partiti che erano all'opposizione e che chiedevano ai governi e alle maggioranze al potere di far luce su problemi politici, sociali ed economici e di rispondere l'opinione pubblica nazionale su questioni di grande importanza.

A volte ci vollero molti anni perché la maggioranza accettasse la richiesta dell'opposizione e dicesse pienamente di sì all'istituzione della Commissione: basta ricordare la storia dell'Antimafia che venne istituita soltanto nel 1963 quando il centrosinistra succedette con molte difficoltà al centrismo democristiano.

E dopo che si erano portate dai governi centristi le più incredibili ragioni per opporsi alla Commissione, come quella che la mafia era legata al clima caldo della Sicilia o che i giudici siciliani si sarebbero offesi di fronte alla Commissione per la scarsa fiducia in loro.

Per la prima volta nella nostra Storia in questa legislatura, la cosiddetta Casa delle Libertà ha deciso di utilizzare le Commissioni parlamentari d'inchiesta da maggioranza piuttosto che da opposizione per obiettivi differenti e in un certo senso opposti rispetto a quelli che erano stati in passato gli obiettivi dell'istituzione che peraltro correttamente usata aveva a volte aperto scorci e lampi di verità grazie al controllo esercitato dall'opposizione durante i lavori: penso, per fare qualche esempio, alla Commissione istituita sul caso Sindona o a quella sulla P2 importante anche per le relazioni di minoranza che misero in luce aspetti ignorati dalla maggioranza della Commissione. E si potrebbe continuare con molti altri esempi.

Dal 2001 a questa parte, invece, il governo Berlusconi e la maggioranza che lo sostiene avevano deciso di usare le Commissioni d'inchiesta come una clava da scagliare contro il centrosinistra o per rovesciare fango, accuse non dimostrate contro i suoi maggiori leader o per arruolare improbabili testimoni disposti a qualsiasi rivelazione per propri obiettivi individuali o ancora per acquisire documenti segreti della magistratura altrimenti irraggiungibili, mettendo completamente da parte ogni interesse per l'acquisizione di risultati utili all'opinione pubblica e in generale agli italiani ma perseguendo in questa azione obiettivi strettamente privatistici, magari limitati agli interessi del leader e dei suoi famigli.

Un simile modo di procedere è apparso particolamente chiaro da parte della maggioranza nel caso dell'affare Telekom-Serbia dove c'era da attingere un bersaglio di particolare importanza costituito dall'unico politico che era stato in grado di battere Berlusconi, cioè Romano Prodi, ma anche il segretario del maggior partito d'opposizione, Piero Fassino, e ancora l'ex presidente del Consiglio Dini, reo di aver abbandonato il Cavaliere nel drammatico e sfortunato 1995, ma analoghi obiettivi appaiono chiari in altre Commissioni già aperte o da aprire ora, come la Commissione sui giudici di Milano che si presterà meglio di altre al conseguimento di documenti e di pezze d'appoggio preziose per realizzare fino in fondo la sistematica delegittimazione della magistratura a tutto vantaggio dei politici attualmente al potere.

Di fronte a quello che è avvenuto negli ultimi due anni spetta all'opposizione mostrare con chiarezza che non si può partecipare a un simile gioco che porta discredito a istituzioni parlamentari e, nello stesso tempo, rischia di creare nel Paese un clima impossibile per la vita politica nazionale. E questo può significare non soltanto minacciare di disertare le riunioni quanto addirittura porsi il problema di dare le dimissioni in gruppo e chiedere ai presidenti delle due Camere di intervenire a tutela delle istituzioni che essi sono chiamati a presiedere.

Da questo punto di vista è ormai necessario che Pera e Casini, che più volte hanno ammonito le forze politiche ad abbassare i toni e a tentare di riprendere il dialogo in forme civili, facciano seguire alle parole comportamenti coerenti e tali da riportare le Commissioni al loro effettivo ruolo istituzionale e la maggioranza parlamentare a un uso conforme all'istituzione dell'una o dell'altra Commissione.

Il che significa far rispettare con la lettera anche lo spirito e le leggi istitutive delle Commissioni, assicurarsi che le richieste legittime di audire testimoni o di visionare documenti espressi dall'opposizione non siano sistematicamente rigettate dalla maggioranza, che le proroghe accordate alle Commissioni siano utilizzate per perseguire gli obiettivi di legge non per reiterare le mere azioni propagandistiche e così via. Se questo non avverrà nelle prossime settimane, a ripresa dei lavori, il governo continuerà a varare nuove Commissioni con obiettivi simili e a loro volta i presidenti delle Camere non agiranno, alle opposizioni si porrà ancora una volta, e con maggior peso, la scelta su che fare di fronte a un uso illegittimo e anticostituzionale di un istituto che per tanto tempo ha avuto un ruolo positivo, o almeno problematico nella storia dell'Italia liberale e di quella repubblicana.