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Unità-Più sviluppo, meno Previti

.2003 Più sviluppo, meno Previti di Rinaldo Gianola Ogni giorno ha la sua pena per l'economia italiana. Abbiamo appena visto Silvio Berlusconi trionfante, armato di cazzuola, a Venezia, posare ...

16/05/2003
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l'Unità

.2003
Più sviluppo, meno Previti
di Rinaldo Gianola

Ogni giorno ha la sua pena per l'economia italiana. Abbiamo appena visto Silvio Berlusconi trionfante, armato di cazzuola, a Venezia, posare la prima pietra di una di quelle straordinarie opere con le quali, ci sia Prodi o Van Basten dall'altra parte, è sicuro di vincere tutte le elezioni a venire, che i guastafeste dei numeri diffondevano all'opinione pubblica le ultime statistiche. Il Prodotto interno lordo è fermo, anzi ha un segno negativo (-0,1%) nei primi tre mesi di quest'anno. Per ritrovare un dato simile bisogna tornare indietro al terzo trimestre del 2001, al tempo degli attentati terroristici alle Twin Towers di New York. Capito che aria tira? Intanto la produzione industriale scende, i posti di lavoro nelle grandi imprese diminuiscono e la fiducia dei consumatori è calata a livelli preoccupanti.

Proprio mentre la maggioranza di centro-destra celebra la vittoria elettorale di due anni fa, la nostra economia tocca il fondo e lavoratori, pensionati, imprese provano la consistenza del "miracolo" promesso da Berlusconi, sottoscritto in casa del notaio Vespa. Il presidente del Consiglio passa il tempo a occuparsi del destino giudiziario del suo amico Previti e dei suoi personali processi, cerca l'impunità e minaccia cittadini contestatori e giornalisti non allineati. Intanto il tessuto produttivo perde competitività, le imprese non investono più, importiamo più di quanto esportiamo e cresce in misura preoccupante il nostro deficit proprio con gli altri Paesi dell'area dell'euro.

La congiuntura economica è delicata in tutto il mondo industrializzato e la guerra breve in Iraq, che avrebbe scatenato una formidabile ripresa secondo economisti-marines un po' troppo entusiasti, si è risolta in un nuovo peso finanziario per gli Stati Uniti mentre l'Europa, sull'orlo della recessione, cerca faticosamente la strada della risalita e qualcuno pensa alla scorciatoia del taglio alle pensioni, alla destrutturazione del Welfare, alla riduzione dei diritti della gente che lavora. Ma proprio perchè la situazione è difficile ovunque, il governo avrebbe dovuto tenere un comportamento responsabile nei confronti dei cittadini e dire la verità invece di propagandare un inutile ottimismo. Tremonti ci aveva promesso una crescita del 3% all'anno per ogni anno di legislatura, quest'anno se va bene forse arriveremo all'1%.
E la Confindustria? Dov'è D'Amato? Il leader degli industriali prepara la sua relazione all'assemblea degli imprenditori della prossima settimana ed è molto impegnato a cambiare il marchio della sua associazione. Ma il direttore generale della Confindustria, Stefano Parisi, ammette che il dato del Pil "è più negativo del previsto" e che oggi servono "politiche a sostegno degli investimenti". Come sarebbe a dire "politiche per gli investimenti"? Se la memoria non ci inganna ricordiamo la felicità, i gridolini di gioia di D'Amato, Parisi e di tutta la compagnia cantante quando arrivò la Tremonti-bis che avrebbe dovuto trasformare il Paese in un Nirvana industriale. Invece non s'è visto niente. Il deserto, altro che "il turbo nell'economia".

Alla luce di questi dati economici oggi possiamo affermare, inoltre, che aveva ragione la Cgil quando si era rifiutata di firmare il leggendario "Patto per l'Italia" che nelle promesse del governo, sottoscritte da Cisl, Uil, Confindustria e altre organizzazioni datoriali, avrebbe dovuto rilanciare l'economia, riformare gli ammortizzatori sociali, tasformare i sindacati in erogatori di servizi per conto dell'esecutivo, consentire una più veloce creazione di posti di lavoro. Quel Patto, ammesso che ancora esista, è fallito perchè si basava, non su un programma coerente di sviluppo condiviso da tutte le parti sociali e rispettoso dei diritti dei lavoratori, ma era il grimaldello, nella strategia del centro-destra, per separare i sindacati, per cercare di isolare la Cgil, ammesso che si possa isolare un'organizzazione con 5 milioni e mezzo di iscritti.
Ieri sera il segretario della Uil, Angeletti, di fronte ai dati del Pil, ha detto, testuale, che "il governo non ha rispettato i patti". Davvero? E che cosa si aspettava da Berlusconi e dalla sua maggioranza?