Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Unità-Silenzi di governo - di Nicola Tranfaglia

Unità-Silenzi di governo - di Nicola Tranfaglia

di governo di Nicola Tranfaglia La conferenza stampa del colonnello Roger King, portavoce del comando statunitense nella base di Bagram, a 50 chilometri da Kabul, è piombata come una mazzata sul...

03/02/2003
Decrease text size Increase text size
l'Unità

di governo
di Nicola Tranfaglia

La conferenza stampa del colonnello Roger King, portavoce del comando statunitense nella base di Bagram, a 50 chilometri da Kabul, è piombata come una mazzata sull'opinione pubblica italiana. King ha detto testualmente che la missione Enduring Freedom in Afghanistan che vede impegnati mille alpini del nostro esercito "non è cambiata, è essenzialmente una missione di combattimento con l'obbiettivo primario di affrontare, e distruggere o catturare i membri di Al Quaeda,i talebani e quelli che li appoggiano". Ed ha aggiunto, per chi non avesse ancora capito,che quella imminente "non è di per sé una missione di peacekeeping".

Scendendo nei dettagli il colonnello King ha parlato esplicitamente di settanta caverne da esplorare dopo che la 82ma divisione statunitense ne ha bonificate 46 e distrutte 12 verificando di dover lavorare in un quadro di netta ostilità ambientale e di scontri continui dei Talebani e dei loro alleati.

A queste parole, diffuse in tutto il mondo, la risposta del ministro della Difesa on. Martino tradisce un forte imbarazzo sia in Parlamento che sulla stampa-ha dichiarato il ministro- "quella degli alpini in Afghanistan è una missione a rischio ma le sue finalità è comunque di peacekeeping".

Confesso di non capire.

Come si fa a rispondere che una missione che porta i nostri alpini in prima linea a stretto contatto con le caverne inesplorate e piene di terroristi in armi resta una missione di pace? E come si fa ad accettare un simile compito mentre sta per scatenarsi una guerra in Iraq in cui le truppe angloamericane hanno già deciso di lanciare tremila bombe contro Baghdad prima di intervenire e avanzare nel deserto del Kuwait?

Ma il problema più grave riguarda il comportamento del governo Berlusconi che ha accettato una divisione del lavoro tra l'Italia e i maggiori paesi dell'alleanza riservando alle nostre truppe il compito più oneroso,in grado di provocare centinaia di vittime dopo che il nostro Parlamento aveva approvato il sette novembre scorso una risoluzione che non parlava affatto di missione di combattimento bensì di "sostegno alle azioni anche militari che si rendessero necessarie" al fine di collaborare con gli Stati Uniti di America e impegnava il governo a riferire tempestivamente circa gli sviluppi significativi degli eventi nonché a sottoporre ad esso (Parlamento) eventuali nuove decisioni che si rendessero necessarie per il proseguo del conflitto."

In altri termini il governo ha ottenuto il via libera alla missione degli alpini, appoggiata dalla maggioranza e da una parte dell'opposizione (la Margherita e l'Udeur) presentando la missione come la mera prosecuzione delle precedenti missioni alleate che non avevano mai comportato azioni di combattimento e che potevano apparire del tutto slegate alla guerra contro l'Iraq sulla quale le truppe angloamericane sono già arrivate al culmine della preparazione trasferendo quasi duecentomila uomini nel Golfo.

Ma nello stesso tempo,senza nulla comunicare né al parlamento né tanto meno all'opposizione,ha accettato dagli alleati una missione di prima linea, di difficile e pericoloso combattimento, ponendo a grave rischio la vita dei nostri soldati:sperando forse,dobbiamo dirlo purtroppo, che l'informazione non filtrasse(come ormai avviene in guerra e in pace) e che non ci fosse nessun portavoce americano disposto a dire con chiarezza come stavano le cose.

Ci troviamo, insomma,di fronte a quello che si può definire non più come abuso o dominio della maggioranza,come tante volte è accaduto in questi primi due anni e mezzo di legislatura guidata dal centro-destra,ma come assunzione da parte dell'esecutivo di decisioni che non spettano ad esso ma che devono essere portate in parlamento e condivise dal capo dello Stato che,nell'attuale Costituzione,è chiamato a condividere una scelta così grave e foriera di gravi lutti per il paese.
Quale fiducia si può avere,dopo questo incidente,di fronte alle parole degli uomini di governo,a cominciare dal ministro Martino non a caso officiato dagli americani come futuro segretario generale della Nato?

Come è possibile fidarsi di un esecutivo che a livello parlamentare dice una cosa e, a livello di attuazione delle risoluzioni parlamentari, va assai oltre il mandato ricevuto e accetta,per conto di tutti,di accettare rischi e oneri che non sono stati neppure comunicati agli italiani e che si legano,con tutta evidenza,con la guerra preventiva di Bush in quella parte del mondo?

A queste domande,se siamo ancora in uno stato di diritto,se è ancora vigente la costituzione del 1948, il ministro Martino e il governo Berlusconi dovrebbero rispondere al più presto non soltanto al Parlamento ma anche a un'opinione pubblica che aveva, almeno in parte, accettato la missione degli alpini convinta che si trattasse di una nuova missione di pace e che si sveglia qualche tempo dopo apprendendo non dal governo ma da un colonnello americano che le cose non stanno così e che gli alpini sono in prima linea, in una missione di combattimento contro Bin Laden e i suoi terroristi e ponendosi così,senza neppure saperlo,al centro delle possibili rappresaglie del terrorismo islamico in Europa?

Qualcuno ha valutato il significato di questi nuovi rischi? Rischi che il Parlamento non ha votato e non ha neppure capito e che i nostri mezzi di comunicazione, televisioni e giornali,che pure hanno inviati in Afghanistan si sono ben guardati dal manifestare?
La volontà propria di Berlusconi e dei suoi ministri, Martino in testa, di essere i più zelanti sostenitori di Bush e della sua guerra preventiva e infinita, unita a un disprezzo costante per il Parlamento come per l'opposizione, ha prodotto una nuova ferita ai precetti costituzionali,a cominciare dall'art. 11 tuttora vigente, e al nostro stato di diritto.

C'è da sperare che l'opposizione come la società civile capiscano di non potersi più illudere e che devono reagire con ogni mezzo democratico per fermare la febbre bellicista che si è impadronita del centrodestra e del governo in carica.