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Unità-Una Repubblica da Bar Sport-di Nicola Tranfaglia

08.2003 Una Repubblica da Bar Sport-di Nicola Tranfaglia In molti tra gli sport più popolari, il calcio come la boxe, si parla spesso di uno-due per indicare il succedersi di due colpi, strettam...

25/08/2003
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l'Unità

08.2003
Una Repubblica da Bar Sport-di Nicola Tranfaglia

In molti tra gli sport più popolari, il calcio come la boxe, si parla spesso di uno-due per indicare il succedersi di due colpi, strettamente collegati tra loro di cui il secondo costituisce il qualche modo la compiuta realizzazione di un vero e proprio attacco all'avversario. In politica se si ha la fortuna di disporre in maniera esorbitante di mezzi di comunicazione di massa, il gioco dell'uno-due è particolarmente agevole e permette di portare a conclusione un attacco abbastanza efficace soprattutto di fronte a quegli italiani, e non sono pochi, che seguono con distacco e con una certa distrazione quel che dicono ogni giorno le televisioni e i giornali.

Ed è proprio quello che sta succedendo in questi giorni di fronte alla "sceneggiata" che la Casa delle libertà ha deciso di imbastire sul tema delle riforme istituzionali.

Anche se l'ha intermezzato con i richiami al problema delle pensioni e i ricorrenti progetti quirinalizi di Silvio Berlusconi.

La "sceneggiata" ha avuto inizio con la scelta del luogo remoto lontano dalla capitale politica, Lorenzago nel Cadore e degli attori scelti a rappresentare le diverse anime della Casa, Pastore, D'Onofrio, Nania e Calderoli, raggiunti in non perfetta clandestinità dall'esperto Petrone, pur nell'imbarazzante posizione di Consigliere di Amministrazione della Rai, prestato - si fa per dire - alla maggioranza di governo.

Ma l'aspetto centrale della "sceneggiata" è che si oscilla nel peso da dare all'accordo di Lorenzago alternando tra il valore di un patto importante e tra quello assai minore di una mera traccia da sottoporre al governo e che, nello stesso tempo, si sta molto attenti a far sapere all'opinione pubblica e alle forze dell'opposizione soltanto i titoli di quell'accordo ma non il loro contenuto effettivo giacché, proprio in una materia come quella istituzionale, non basta dire che si vogliono accrescere i poteri del primo ministro e quelli di garanzia del capo dello Stato, che si vuole riformare la Corte Costituzionale in senso federale se non si spiega bene che cosa cambia tutto questo nel rapporto e nell'equilibrio tra i poteri.

Di qui la cautela dell'opposizione che vuol saperne di più prima di decidere quale atteggiamento assumere e che a ragione, con Violante, richiama la necessità di un confronto parlamentare con testi scritti e tali da poterne tener conto con chiarezza delle proposte della maggioranza anche sulla legge elettorale.

Ma la "sceneggiata" ha svolto il suo compito, giacché, lasciando da parte i telegiornali e in particolare quello sempre più ufficiale e imbalsamato di Mimun, domenica e lunedì scorsi sul "Corriere della Sera", cioè sul più diffuso e influente quotidiano italiano, si sono succeduti due editoriali che, con parole e ragionamenti diversi, hanno utilizzato la vicenda tutt'altro che chiara della consulta di Lorenzago, per sferrare un attacco deciso e risoluto contro le forze politiche dell'Ulivo.

Domenica scorsa il nuovo direttore del quotidiano, non a caso succeduto da poco a Ferruccio De Bortoli con il più grande consenso di tutta la maggioranza e di buona parte dell'opposizione, ha sostenuto la tesi peregrina che l'Ulivo fa bene a criticare quando è il caso la maggioranza (come fa, del resto, sia pure a denti stretti, il suo giornale con alcuni vecchi articolisti arrivati in altri tempi) ma ha un grave difetto che è quello di non indicare agli italiani le sue vere priorità sulle grandi questioni nazionali, dalle pensioni al fisco, dalla scuola alla sanità e cosi via dicendo.

Ora che non esista ancora un progetto generale politico - culturale da parte dell'Ulivo (non dimenticando peraltro che alcune forze tra cui i democratici di sinistra hanno svolto in questi mesi un lavoro programmatico sfociato in un documento conclusivo) è vero e chi scrive, in questi ultimi tempi, è ritornato più volte proprio su questo giornale sulla necessità di affrettare i tempi di elaborazione del progetto cui si accennava.

Ma scrivere oggi che non si conoscono le priorità dell'Ulivo significa, a mio avviso, essere almeno distratti. Le battaglie condotte in questi ultimi due anni, a livello parlamentare come attraverso i movimenti, sulla scuola e sulla sanità pubblica, sulla difesa dei diritti dei lavoratori, sull'informazione, su un fisco più equo di quello attuale dovrebbero far capire all'opinione pubblica come al direttore del "Corriere della Sera" che le priorità esistono, hanno nomi precisi e che, in larga parte, si legano a quelle che caratterizzarono il programma di Prodi e della coalizione dell'Ulivo nel 1996.

Dimenticare tutto questo e non osservare contestualmente l'ampia inadempienza di Berlusconi rispetto al suo stesso programma elettorale mostra assai bene da quale parte si collochi l'attuale direttore del Corriere.

Ma perché l'uno-due fosse compiuto ci voleva un altro colpo ed è quello affidato lunedì scorso ad Angelo Panebianco che, consentendo pienamente con la pochezza programmatica dell'opposizione accertata - si è visto in quali modi - dal direttore, ha ritenuto di dover concentrare il suo attacco sulle riforme istituzionali e, pur non conoscendosi ancora il merito del patto misterioso di Lorenzago, ha deciso di definire l'opposizione di centrosinistra "conservatrice" in materia di riforme istituzionali ritenendo peraltro questo giornale il covo dei "conservatori" e salvando, sia pure con qualche dubbio, soltanto l'ormai lontano ricordo della Bicamerale nella precedente legislatura.

La lezione, per così dire, che si può trarre dall'episodio, almeno fino a quando il governo Berlusconi non renderà noti i contenuti di un accordo da sottoporre alle Commissioni parlamentari competenti è chiara ma significativa: la politica italiana fitta di annunci più che di realizzazioni, ha bisogno dei media per convincere gli italiani in un senso o nell'altro e la situazione attuale dà al presidente del Consiglio e alla sua maggioranza poteri mediatici che la nostra Costituzione non ritiene legittimi ma la maggior parte dei media ha accantonato il conflitto di interessi e il problema del pluralismo nell'informazione e non è bastato un messaggio del capo dello Stato per modificare l'anomalia.

Al contrario la maggioranza è pronta ad approvare la legge Gasparri che aggrava e di molto l'anomalia.
Vedremo nelle prossime settimane se succederà qualcosa o tutto andrà avanti come è accaduto in questi ultimi due anni.

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