Per quanto riguarda la ricerca pubblica nazionale la Finanziaria presenta caratteristiche fortemente negative, che contrasteremo a tutti i livelli: risorse insufficienti e concentrate sul finanziamento di improbabili attività di ricerca industriale ed innovazione comunque mai valutate e controllate, assunzioni ancora bloccate ed erogate con il contagocce ed una varietà di norme centralistiche e burocratiche che riportano sotto il controllo diretto del Governo l’attività di ricerca.
Se queste norme non verranno drasticamente modificate costruiremo, speriamo e crediamo unitariamente, tutte le forme di mobilitazione necessarie, fino, se necessario, allo sciopero generale della categoria.
Il neocentralismo ministeriale si manifesta appieno negli artt. 42 e 47 che prefigurano una complessiva manovra di riordino del sistema: viene rivisto il sistema di governo degli enti sostituendo Presidenti e CdA con un direttore generale ed un comitato di gestione costituito dai dirigenti apicali di ciascun ente.
Il fatto che per gli enti di ricerca si preveda di affiancare alla dirigenza amministrativo-gestionale un comitato scientifico “per la definizione degli indirizzi e dei programmi di ricerca” per di più costituito “nel rispetto del principio di pari opportunità” senza fare alcun cenno alla competenza scientifica dei suoi membri (e delle stesse ricercatrici) non fa che aggiungere un tocco di grottesco ad una concezione dell’attività di un Ente di ricerca che non condividiamo e che non funziona: ciò è tanto vero che per l’APAT (unico ente di ricerca, peraltro con funzioni di agenzia, in cui già tale modello organizzativo era in vigore) si prevede invece l’introduzione del Presidente e del CdA.
Come se ciò non bastasse all’art. 47 si rinnova la validità della norma che permise l’ultima sciagurata riforma degli enti di ricerca prefigurando gli obiettivi di risparmi per il triennio in 200, 300 e 400 milioni di euro. Ma di questo dirigismo centralista troviamo tracce in numerose altre norme, da quelle all’art. 39 in cui gli enti di ricerca vengono decapitati (di nuovo) qualora non adeguino la propria organizzazione del lavoro a parametri astrattamente stabiliti per il complesso delle Agenzie e degli enti pubblici non economici, a quelle all’art. 104 tramite il quale si definiscono le modalità di gestione dei fondi a favore dell’innovazione industriale e le aree sottoutilizzate, fino a quelle con cui all’art. 106 viene istituito il FIRST, fondo costituito presso il Ministero dell’Università e della Ricerca unificando FAR, FIRB e di parte del Fondo per le aree sottoutilizzate: si tratta di una norma che potrebbe in astratto rispondere anche a obiettivi condivisibili di razionalizzazione della spesa, ma che rischia di concentrare sulla burocrazia Ministeriale il potere, ad esempio, di spostare risorse dalla ricerca di base a quella precompetitiva senza nemmeno passare per una discussione parlamentare.
Permane il blocco delle assunzioni (art. 70) ed il fatto che alle poche assunzioni (vincolate comunque al turn-over e la cui decorrenza slitta all’1.1.2008) si aggiunga un “piano straordinario” per l’assunzione di circa duemila giovani ricercatori nel triennio 2007-2009 per il complesso di università ed enti pubblici di ricerca è evidentemente meno che una goccia nel mare.
Per quanto riguarda le risorse si richiede che il fabbisogno dei principali enti di ricerca non cresca per ciascuno degli anni del triennio più del 4% del consuntivo dell’anno precedente, vincolo che nella sostanza implica l’invarianza o una lieve diminuzione dell’investimento complessivo, considerando cioè l’effetto combinato dell’inflazione e dei tagli degli anni precedenti. Non si lesina invece sulle risorse destinate ad attività incontrollate di presunta ricerca industriale: dalla deducibilità per le imprese delle spese per gli addetti alla ricerca e sviluppo (art. 18) al credito di imposta per i costi dell’attività di ricerca industriale e precompetitiva (art. 20), dal finanziamento degli interventi a sostegno dell’industria militare ad “alto contenuto tecnologico” per più di 1.5 Mld di Euro (art. 113) ai 100 Mln di Euro per la promozione della competitività nei settori industriali ad alta tecnologia (art. 110) fino ai microfinanziamenti per fantomatici progetti per la società dell’informazione (art. 112).
E’ sulla base di queste ragioni che le segreterie nazionali FLC Cgil, Fir Cisl e Uil Pa-Ur, che già avevano proclamato lo stato di agitazione di tutto il personale hanno deciso di avviare le procedure previste dalla legge, ed in assenza di risposte positive da parte del Governo, indicono, sin d’ora, una giornata nazionale di sciopero dei ricercatori, dei tecnologi e del personale tecnico ed amministrativo per lunedì 20 novembre.
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