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La Sicilia-Sulla riforma

Non c'è nessuna organizzazione sindacale della scuola che sia d'accordo su questa riforma voluta con tanta forza e determinazione dalla ministra Moratti: ci sarà un motivo? Eppure su tante altre que...

19/02/2003
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La Sicilia

Non c'è nessuna organizzazione sindacale della scuola che sia d'accordo su questa riforma voluta con tanta forza e determinazione dalla ministra Moratti: ci sarà un motivo? Eppure su tante altre questioni, anche delicate (vedi abrogazione dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori o la separazione delle carriere), i sindacati spesso si sono trovati divisi e con sentimento autonomo hanno condotto le trattative e affermato la propria piattaforma. Anche la maggior parte dei docenti non sembra gradirla, soprattutto quando avverte che le ore di insegnamento diminuiranno e che le nuove assunzioni sono ferme al palo. Ma non basta. L'opposizione, di fronte alla impossibilità di farsi una chiacchierata sui contenuti di questa Legge, abbandona addirittura l'aula di Montecitorio, sbattendo la porta: perché mai?
E' sufficiente dire che i sindacati sono 'partitizzati' e che l'opposizione non è credibile né affidabile perché il suo compito è quello di remare contro? Non è troppo semplice? E a noi sembra che questa giustificazione lo sia, perché pensiamo che il Governo, con questa riforma della scuola, abbia raggiunto gli obbiettivi principali che aveva in grembo già all'annunciazione del suo mandato parlamentare.
Il primo e più evidente è quello di ridimensionare la scuola pubblica, tagliando investimenti in termini di assunzioni ed edilizia e non assicurando agli allievi una preparazione adeguata alla competizione europea. Le parole del ministero tuttavia affermano il contrario. Ma se così fosse non si spiegherebbe la riduzione complessiva delle ore curricolari, né la scelta assai prematura tra il binario dei licei e quello del professionale; né le verifiche spostate ad ogni biennio, piuttosto che annualmente, come è più corretto. In alcuni paesi d'Europa addirittura esse avvengono alla fine di ogni semestre per meglio capire dove si sbaglia, perché e come recuperare.
Avere una scuola ancorata all'Europa avrebbe potuto significare: da un lato svecchiare discipline obsolete, ma dall'altro articolare e incentivare curricoli con contenuti forti e di spessore, perchè è proprio lì che si fonda la conoscenza e quindi l'interpretazione del mondo che ci circonda. E non basta dare maggior rilievo alle lingue straniere, che è cosa banale, se queste sono slegate dal contesto culturale da dove nascono.
L'altro obiettivo è quello del risparmio forzoso; da qui l'obbligo per i docenti di completare l'orario cattedra per un minimo di 18 ore settimanali, senza ore a disposizione. Di contro l'intendimento della maggioranza è quello di premiare e favorire la carriera, e ridisegnare pure lo stato giuridico dei professori. In termini diversi il Governo vuol dire che quella grande libertà di cui i maestri godevano, nell'insegnamento e nelle garanzie di lavoro, sono privilegi del passato. E come se non bastasse sussurra pure che solo chi merita potrà avere qualche euro in più, sulla base di parametri in ogni caso contestati anch'essi dai sindacati tutti. Ma pare ancora sibilare, a chi voglia intraprendere questa carriera, che se non riga dritto ha vita dura e che la linea (d'ombra?) fra pubblico e privato è così sottile che alle famiglie conviene meglio una sana retta pagata dallo Stato in una scuola privata, piuttosto che una iscrizione in una delle tante scalcinate del pubblico. D'altra parte in America non è così? Ma lì a scuola dello Stato si va con la pistola e all'ingresso, oltre ai bidelli e al poliziotto, c'è anche il metal detector e la utenza-clientela è di quella veramente scalcinata.
PASQUALE ALMIRANTE