Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa locale » Repubblica: Bari, il piano del boss sul tavolo della Gelmini

Repubblica: Bari, il piano del boss sul tavolo della Gelmini

Maxi blitz, il gip: quel progetto sull´università presentato dalla Savino a due ministeri Ma l´affare non è mai andato in porto La deputata: ho fatto solo quello che mi competeva

03/12/2009
Decrease text size Increase text size
la Repubblica

MARA CHIARELLI

GIULIANO FOSCHINI

BARI - L´affare da tre milioni di euro per la costruzione di un centro universitario, tanto caro al boss di Bari, Savinuccio Parisi, era arrivato sul tavolo di due ministeri italiani. E grazie all´interessamento della deputata del Pdl, Elvira Savino, aveva ottenuto dai palazzi romani una «dichiarazione di interesse» fondamentale per l´autorizzazione a costruire. A scriverlo è il gip di Bari, Giulia Romanazzi, nell´ordinanza di custodia cautelare che martedì ha fatto scattare le manette per 83 persone. Tra gli indagati c´è anche la deputata del Pdl, accusata di aver fatto da prestanome a Michele Labellarte, l´uomo incaricato dal clan di riciclare il denaro sporco. «La Savino - scrive il giudice - era perfettamente a conoscenza quantomeno della più importante operazione di reinvestimento degli illeciti capitali, e cioè il cosiddetto affare universitario. Successivamente alla sua nomina a deputato si è attivata, su sollecitazione dell´amico Labellarte, a presentare il progetto al ministero dello Sviluppo economico e dell´Istruzione. Da questi ministeri la deputata ha ottenuto una dichiarazione di interesse utilizzata in occasione della pre-conferenza di servizi». «Ho fatto quello che rientra nel lavoro di una parlamentare - si difende però la Savino - Presentai il progetto al sottosegretario Pizza e ne parlai con i collaboratori del ministro Gelmini. Mi spiegarono che non erano possibili finanziamenti e la storia finì lì».
Secondo i finanzieri del Gico di Bari quella "dichiarazione di interesse" non era però un carta qualunque. Ma uno dei documenti necessari per ottenere l´autorizzazione a costruire e sbloccare l´affare per il quale il boss Savinuccio era arrivato a minacciare anche di morte Labellarte (scomparso a settembre per colpa di una malattia). L´uomo aveva frequentazioni molto importanti nella Bari bene. E non solo. Molti testimoni lo ricordano per esempio al matrimonio della Savino, quando incrociò il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, e l´imprenditore (allora sconosciuto a molti) Gianpaolo Tarantini.
Nelle due storie giudiziarie che stanno sconvolgendo Bari ci sono molti nomi, molte frequentazioni che ritornano: la Savino, per l´appunto. Ma anche quella dell´imprenditore barese, vicino al Partito democratico, Enrico Intini, che pagò Tarantini a marzo del 2009 per avvicinare Berlusconi e incontrare il capo della protezione civile, Guido Bertolaso. L´incontro avvenne ma Intini non riuscì a concludere nessun affare. La coincidenza vuole che il 23 marzo del 2009, in un´intercettazione telefonica per lunghi tratti incomprensibile, Labellarte parlando con un referente del boss mette insieme il nome di Intini e proprio quello di Silvio Berlusconi.
Il passaggio sul premier è quasi sicuramente casuale. Quello su Intini no. Labellarte - con l´acqua alla gola con il clan - cerca di tirarlo dentro nell´affare universitario. Intini (che in questa inchiesta non è indagato) ci sta e firma un preliminare di contratto per 300 mila euro. «Un accordo sbilanciato a favore di Intini», sostiene il gip, ma l´uomo dei Parisi aveva «l´urgenza di chiudere l´affare per dare un segnale ai clan». Non è un caso che uno dei luogotenenti di Savinuccio - conclude il giudice - telefoni subito dopo «al segretario di Intini per chiedere se fosse vera la notizia del contratto».