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Repubblica.Palermo-"Diciamo no alla scuola business"

Istruzione, Nicosia spiega il piano di riforma dei professori I relatori presentano gli argomenti dell'assemblea del 13 aprile nell'aula magna della facoltà di Ingegneria "Diciamo no alla scuola bu...

10/04/2002
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la Repubblica

Istruzione, Nicosia spiega il piano di riforma dei professori I relatori presentano gli argomenti dell'assemblea del 13 aprile nell'aula magna della facoltà di Ingegneria
"Diciamo no alla scuola business"

"IL progetto del governo in tema di scuola e università si regge su un principio di fondo: il mercato e la concorrenza. E io contesto questo principio". Salvatore Nicosia, docente universitario ed ex preside della facoltà di Lettere, avrà il compito - nella assemblea di sabato 13 aprile alle 16 alla facoltà di Ingegneria - di svolgere il tema relativo a scuola e università. Lui va sul velluto. Perché sono temi che conosce a menadito e perché ha un paio di controproposte da offrire al dibattito.
Professore partiamo dall'analisi delle riforme annunciate in tema di scuola e università dal governo. Lei contesta il principio della concorrenza tra pubblico e privato che si vuole introdurre?
"No. Io contesto questo principio di concorrenza che il governo vuole introdurre. Un principio che definirei di concorrenza sleale, nel quale il privato viene favorito e che rischia a lungo termine di azzerare l'istruzione pubblica riservandola alle classi meno abbienti e di riservare le scuole e le università migliori solo a chi può pagare".
Provi a spiegare perché.
"Innanzitutto ci sono alcuni saperi, per esempio la filosofia, che non sono riconducibili a merce immediatamente spendibile sul mercato, che dunque rischiano di essere messi da parte pur risultando utili in qualsiasi formazione. Per esempio, i laureati alla nostra facoltà di Lettere sono stati in gran parte assunti dalla banca Mediolanum e preferiti ad altri perché la loro conoscenza gli consentiva di adattarsi alle situazioni più diverse. Eppure una forma di sapere come quella legata alle lettere potrebbe essere considerata fuori mercato".
E la concorrenza tra pubblico e privato perché non dovrebbe funzionare?
"Guardi che io sostengo che una reale concorrenza tra pubblico e privato, nella quale ognuno operi con i suoi mezzi, può fare bene all'università pubblica. Il fatto è che il governo non pensa ad una concorrenza reale".
Perché?
"Perché, per esempio, non stabilisce l'incompatibilità. Una reale concorrenza dovrebbe prevedere che il docente che insegna in una università pubblica non possa insegnare in una università privata. Perché con l'attuale possibilità di insegnare in entrambi i luoghi il privato paga molto meno del pubblico. In America non sarebbe concepibile che un docente insegni contemporaneamente in una università pubblica e in una privata. Di fronte ad una sperequazione dei costi il pubblico è destinato a soccombere".
E per quanto riguarda la scuola in cosa si concretizza l'intento "mercantile" del governo?
"In questo caso l'intento dei privati sarebbe quello di avere riconosciuta la possibilità di rilasciare diplomi senza intervento di commissari esterni agli esami. Ora se questo avviene al Gonzaga nulla a dire. Il fatto è che al Gonzaga potrebbero accodarsi le scuole diplomificio, quelle dove si insegna solo che se paghi puoi ottenere tutto".
Anche in questo caso concorrenza sleale?
"Pensi che è già stato previsto che ai fini del punteggio per l'ottenimento delle cattedre l'insegnamento presso gli istituti privati ha lo stesso valore di quello svolto negli istituti pubblici. È come mettere sullo stesso piano l'avere insegnato al "Garibaldi" e nell'ultima delle scuole diplomificio nelle quali, nella maggior parte dei casi, l'insegnante non viene neppure pagato".
e.d.m.