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Unità/Bologna: Casse delle scuole vuote «A marzo stop alle supplenze»

Le scuole bolognesi hanno in cassa da poche centinaia a 3000 euro. Una cifra che presto non garantirà più le supplenze. I dirigenti scolastici prevedono il blocco dell’attività didattica.

20/01/2009
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l'Unità

Lezioni a rischio nelle scuole bolognesi. Dal 2006, per pagare le supplenze gli istituti del nostro territorio hanno accumulato un credito dallo Stato pari a 10 milioni. E se le sostituzioni fino ad ora sono state finanziate con anticipi di cassa - sottraendo fondi per i compensi accessori al personale o per finanziare attività – da quest'anno i presidi non metteranno più mano ai fondi. Entro marzo, infatti, quella cassa sarà vuota e non ci saranno soldi per reperire insegnanti in sostituzione di malattie o maternità. «In questo momento la maggior parte delle scuole ha in cassa tra 500 e 3 mila euro – spiega il presidente del Collegio dirigenti, Giovanni Schiavone – e il ministero per il 2009 ha predefinito un budget di spesa per le supplenze ridotto a circa un terzo del fabbisogno storico e senza possibilità di compensazioni di fine anno». Ma con la prospettiva di non essere retribuiti i supplenti potrebbero essere indotti a disertare le cattedre, rifiutando gli incarichi. Il rischio è quindi l'interruzione della didattica. «Quando finiremo i budget – continua Schiavone – non faremo più anticipi di cassa, andremo dal giudice del lavoro a dire che non abbiamo più soldi per pagare i supplenti». Il giudice, dal canto suo, «farà un'ingiunzione di pagamento all'Amministrazione – dice il presidente dell'Associazione scuole autonome di Bologna, Luisa Quintabà – e lo Stato sarà costretto a pagare». Lo scorso anno, le scuole bolognesi hanno sborsato circa 100 mila euro ciascuna. «In questo modo – riprende Schiavone – non abbiamo potuto liquidare i compensi accessori per le attività aggiuntive di tipo organizzativo o di insegnamento».

i rifiuti del personale

Così, «in molte scuole il personale si rifiuta di accettare incarichi aggiuntivi», per paura di non essere poi pagati. In altri istituti, invece, l'organico è talmente ridotto che «non si riescono a tappare i buchi e bisogna chiamare i supplenti anche per un giorno o due di malattia». Le scuole incappano anche nel meccanismo del pagamento delle indennità fuori nomina. Se, ad esempio, il supplente chiamato entra in maternità, la scuola è obbligata a retribuirlo nonostante non possa fare lezione, ed è pure costretta a chiamarne un altro. Di fatto vengono retribuite due persone, ma questo meccanismo può diventare una spirale che coinvolge più lavoratori. «La quota per le supplenze non può essere predefinita perché imprevedibile – denunciano i presidi in un documento – ma allo stesso tempo è obbligata: i supplenti vengono nominati per il tempo strettamente necessario, quando la normativa lo impone». Asabo e Collegio dirigenti hanno già comunicato le loro intenzioni all'Ufficio Scolastico Regionale e Provinciale e hanno chiesto una presa di posizione al ministero, anche perché «il livello di sofferenza finanziaria delle scuole è destinata ad aggravarsi nel futuro».

ALICE LORETI