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Comitato Pan Europeo dell’Internazionale dell’Educazione. Presa di posizione sui documenti della Commissione Europea

Il Comitato si è espresso sulla modernizzazione delle università e qualità ed efficienza nei sistemi d’istruzione e di formazione.

13/11/2006
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Pubblichiamo due documenti elaborati dal Comitato permanente Istruzione superiore e Ricerca dell’Internazionale dell’educazione - Europa e fatti propri dal Comitato Pan -Europeo dell’IE, nella riunione dell’ottobre scorso. I documenti esprimono la posizione dei sindacati europei dell’educazione relativamente alle seguenti Comunicazioni della Commissione europea: “Efficienza e qualità nei sistemi d’istruzione e di formazione europei”, del settembre 2006, e “ Proseguire nell’agenda di modernizzazione delle università”, del Maggio 2006. Entrambi i documenti sono pubblicati nel sito della Commissione (educazione). Una sintesi è stata pubblicata anche nel sito della FLC, nella rubrica Europa Mondo .

Roma, 13 novembre 2006

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE EUROPEA SU “PROSEGUIRE NELLA MODERNIZZAZIONE DELLE UNIVERSITÀ: INSEGNAMENTO RICERCA E INNOVAZIONE”

I rappresentanti delle organizzazioni sindacali dell’istruzione superiore e della ricerca, si sono riuniti a Oslo il 27 settembre per discutere i prossimi sviluppi nel campo dell’istruzione superiore e della ricerca, tra cui, i passi intrapresi dalla Commissione Europea. Rispetto alle analisi e alle proposte della Comunicazione “ Proseguire la modernizzazione delle università: insegnamento, ricerca e innovazione”, i sindacati presenti esprimono soddisfazione per i riferimenti fatti ai concetti di mobilità geografica ed inter-settoriale, alla trasferibilità delle sovvenzioni e dei prestiti, all’apprendimento per la vita e ad un dialogo rinforzato con tutti gli stakeholders. Nonostante questi aspetti positivi, sentiamo la necessità di esprimere una certa preoccupazione che nasce dalla lettura di tale documento, relativamente ai seguenti argomenti.

Autonomia Universitaria
La comunicazione fa riferimento alla necessità per le università di darsi “ reale autonomia e capacità di rendicontazione”. Però, notiamo che la Comunicazione raccomanda che gli stati membri “ guidino il settore universitario nel suo insieme per mezzo di un quadro di regole, di obiettivi politici, di meccanismi di finanziamento e di misure incentivanti per consentire loro di assicurare le missioni educative, di ricerca e innovazione”. L’apparente contraddizione è che si fa riferimento a ciò come ad una “liberazione” da ogni eccesso di regolamentazione e di micro gestione, in cambio delle quali “ le università in quanto istituzioni dovrebbero accettare di rendere conto davanti alla società dei loro risultati “. Noi siamo favorevoli solamente a quadri politici generali che facciano riferimento ai principi di base e ci opponiamo ad interventi più dettagliati e prescrittivi su tali questioni. La Comunicazione procede facendo riferimento ai sistemi di governo interni basati su “priorità strategiche, e sulla gestione professionale delle risorse umane, degli investimenti e delle procedure amministrative”, nel contesto di tale sistema di autonimia-rendicontazione. Questi non sono i concetti su cui si basano i principi dell’autonomia istituzionale e respingiamo ogni riferimento ad essa in tali termini. Piuttosto, l’autonomia istituzionale è un principio da abbinare alla libertà accademica, come indicato nella recente Raccomandazione fatta dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Il riferimento alla gestione delle istituti fatta nella Comunicazione nega il ruolo degli accademici nella comunità universitaria, trattandoli semplicemente come “risorse umane”, con una serie di obiettivi da soddisfare. In questo modo, agli accademici è negata la possibilità di portare avanti una ricerca libera ed indipendente, di sviluppare e disseminare una conoscenza disinteressata, di partecipare alle strutture di governo e di far sentire la propria opinione sulle questioni quotidiane degli istituti. Di fatto, gli attuali trend verso le direzioni sopra citate si sono tradotti in una quasi completa rimozione delle strutture collegiali di governo.
E’ importante, invece, notare che il corpo dei cattedratici che ha consentito la massima espansione dell’istruzione superiore degli ultimi 25 anni è sull’orlo della pensione. L’attenzione dovrebbe essere focalizzata sulle condizioni che possono favorire il rinnovamento dello staff accademico e non sulle infrastrutture di gestione.
Il finanziamento dell’istruzione superiore e della ricerca
L’istruzione superiore e la ricerca sono riconosciute come un bene pubblico essenziale che contribuisce allo sviluppo sociale, culturale ed economico delle comunità, delle regioni e delle nazioni. Di conseguenza, le università operano in accordo con principi di servizio pubblico chiaramente definiti: pari opportunità nell’accesso, inclusione, alti standard qualitativi e responsabilità pubblica. Le università sono dunque un patrimonio pubblico e dovrebbero basarsi primariamente su investimenti pubblici. Di fatto, le università in Europa sono primariamente finanziate dal pubblico in modo da assicurare la loro qualità nel tempo e l’accessibilità universale a tutti gli studenti qualificati di tutte le età.
In quest’ottica, noi siamo contrari a qualsiasi enfasi eccessiva che la Comunicazione fa sulla relazione tra università e comunità del mondo degli affari in termini di finanziamento della ricerca, in quanto non tiene in considerazione una serie di elementi. Sulla base dell’esperienza diretta di tutto il mondo accademico, questa relazione provoca una serie di conseguenze negative, tra le più importanti:
• l’eccessiva separazione tra insegnamento e ricerca, che diventa particolarmente problematica quando la ricerca è collocata al di fuori delle università;
• le restrizioni nell’uso dei fondi per la ricerca, in termini di settori della ricerca e, inoltre, restrizioni nella libertà accademica
• restrizioni nella pubblicazione dei risultati della ricerca. Un fatto frequente e molto grave è che il mondo degli affari spesso rifiuta di rendere pubblici i risultati della ricerca se visti come lesivi alla loro immagine ed identità, così negando la disseminazione di conoscenze disinteressate. Ciò è particolarmente pericoloso nei campi di ricerca collegati con argomenti connessi alla salute e alla alimentazione.

In termini generali, rifiutiamo la “modernizzazione”, se cifra per politiche neo liberali e l’infiltrazione di comportamenti e pratiche del mondo degli affari nelle università che , invece, hanno costruito il loro successo e la loro durata sulla collegialità, sulla libertà accademica e su un attento e bilanciato legame con la società e i beni pubblici. Tali caratteristiche devono essere mantenute. Una più stretta connessione col mondo degli affari potrebbe essere di danno.
Per quanto riguarda il finanziamento dell’istruzione superiore, dobbiamo esprimere grande preoccupazione sul concetto di finanziamenti basato sui risultati. E’ un concetto da esaminare con molta cautela, che può dare adito a conseguenze negative e pericolose. Devono essere date le dovute considerazioni ai notevoli sforzi richiesti per identificare gli indicatori rilevanti su cui viene costruita tale modalità di finanziamento e cercare di evitare un eccesso di complicazioni nel sistema. L’esperienza ha mostrato che i sistemi basati su numerosi e complessi indicatori sono falliti, che sono richiesti ampi costi di transazione nei processi di report e che l’aumentata pressione sulle università e sul corpo accademico di centrare l’attenzione sui risultati non assicura una migliore qualità dell’istruzione superiore.

Le università e la società in Europa
La Comunicazione fa riferimento alla necessità di portare avanti i cambiamenti proposti come “ necessari al fine di rinforzare il ruolo sociale delle università in un Europa culturalmente e linguisticamente diversificata”. Riconosciamo e rivendichiamo il ruolo delle università nelle società europee, però non siamo d’accordo con i cambiamenti che la Commissione propone. In questo quadro, è poco costruttivo prendere gli istituti universitari americani più prestigiosi, storicamente fondati sulla base dei lasciti dei privati, a titolo di comparazione con gli istituti europei. Dobbiamo essere capaci di costruire sulla base della più forte sensibilità pubblica della nostra tradizione storica. In questo quadro, non possiamo che esprimere severi dubbi sulla proposta della Commissione di un Istituto europeo della Tecnologia che ha tutti gli aspetti di un progetto di alto profilo, che richiede una considerevole quantità di sforzi e di impegni finanziari, e che comunque appare come qualcosa di poco utile per il sistema nel suo complesso e per chi ci vi lavora e studia.

Conclusioni
Attraverso le riforme connesse al processo di Bologna, il sistema universitario in Europa si colLoca già in una situazione di continua e maggiore evoluzione. Le riforme proposte nella Comunicazione non sono a complemento del processo di Bologna. Piuttosto, quello che si spera di ottenere è una visione corporativa e orientata al mercato delle università, che manomette i successi acquisiti da lunga data dal sistema universitario europeo, in termini di iscrizioni, qualità e democrazia.

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE EUROPEA SU “EFFICIENZA ED EQUITÀ NEI SISTEMI EUROPEI D’ISTRUZIONE E FORMAZIONE”

I rappresentanti delle organizzazioni sindacali dell’istruzione superiore e della ricerca, si sono riuniti a Oslo il 27 settembre per discutere i prossimi sviluppi nel campo dell’istruzione superiore e della ricerca, tra cui, i passi intrapresi dalla Commissione Europea. I sindacati presenti esprimono soddisfazione per la discussione sull’equità nell’istruzione superiore, perché c’è una forte necessità di affrontare tale questione. Assicurare maggiore equità nella partecipazione e nell’accesso è un delle sfide centrali dei sistemi educativi europei, dell’istruzione superiore in particolare.

Sosteniamo l’affermazione fatta nella Comunicazione che i fondi per l’istruzione superiore sono inadeguati, specialmente se si tiene presente l’esorbitante aumento del numero degli studenti negli ultimi anni, però rigettiamo l’argomentazione presente più avanti nella Comunicazione che fa solo riferimento alle tasse universitarie come soluzione principale per risolvere il problema del gap di finanziamenti nell’istruzione superiore. Siamo convinti che l’equità nell’istruzione superiore debba essere acquisita attraverso l’offerta a tutti e ad ognuno di pari opportunità, non solo per quanto concerne gli accessi, ma anche per il completamento degli studi, e i governi devono fare di più al fine di eliminare tutte le barriere alla partecipazione agli studi superiori, compresi gli ostacoli di natura finanziaria. E’ nostra convinzione che le tasse e il crescente indebitamento costituiscano un serio ostacolo all’accesso, in particolar modo per gli studenti provenienti da condizioni economiche e sociali svantaggiate. Ribadiamo che il finanziamento pubblico è il mezzo più equo ed efficiente di finanziamento dell’istruzione superiore.

La Comunicazione fa riferimento al “triangolo educazione, innovazione e ricerca” e menziona “l’impatto significativo e positivo” che l’educazione e le politiche di formazione possono avere sui “risultati economici e sociali”. Anche il rapporto dell’OECD “Education at a glance” mette l’accento sui benefici degli investimenti nell’istruzione superiore, compresi “i maggiori rientri che derivano dalla tassazione di salari più alti più i pagamenti per la previdenza sociale”. Ancora, si dice che “ persone meglio educate, in genere, godono di migliore salute, e incidono meno sulle spese pubbliche per l’assistenza sanitaria” e che “ per alcuni individui, l’acquisizione di livelli più alti di educazione può ridurre la probabilità di commettere alcune tipologie di reati, riducendo in tal modo la spesa pubblica”
In questo quadro, respingiamo il riferimento che la Comunicazione fa agli studenti come ai “principali beneficiari dell’istruzione superiore” e ci opponiamo al fatto di riferirsi agli studenti in quanto “consumatori” , motivo per cui sono elaborate considerazioni in termini di “domanda” e “offerta”. Respingiamo l’idea degli studenti come consumatori, allo stesso modo con cui respingiamo quella dei docenti come risorse umane con compiti pre-definiti. Gli studenti e i docenti devono essere considerati come partner nel sistema d’istruzione superiore, come citato nel processo di Bologna, e come reso evidente dalla partecipazione nel gruppo di monitoraggio.
La Commissione afferma che un sistema “gratuito” di istruzione superiore non è equo, in quanto i potenziali studenti provenienti da situazioni svantaggiate ancora non entrano nell’istruzione superiore, e che il sistema progressivo di tassazione non compensa i ricavi individuali nell’istruzione superiore. Ciò che, comunque, la Commissione non considera è che sono, senza dubbio, i sistemi gratuiti che hanno portato all’impetuosa crescita del numero di studenti nelle ultime due decadi, con la maggior parte degli studenti provenienti da famiglie a reddito medio. Queste sono le stesse famiglie che considerano attentamente le implicazioni finanziarie e i rischi connessi alla frequenza dei figli all’istruzione superiore, e sono quelli che lottano per stare dietro ai costi crescenti in termini di tasse, dove si applicano, ma anche in termini di altri costi come i materiali di studio, l’alloggio, il vitto etc.
L’accesso ai prestiti agli studenti provenienti da famiglie a reddito medio, al fine di poteri sostenere i costi universitari, non è la soluzione più adeguata e la stessa pubblicazione dell’OECD prima citata indica che il rimborso dei prestiti “può costituire un pesante fardello per gli individui e può avere un impatto sulla decisione di partecipare all’istruzione superiore”. Siamo convinti che gli aiuti agli studenti dovrebbero essere dati sotto forma di sovvenzioni, piuttosto che di prestiti, dati gli alti benefici economici e sociali derivanti da un’aumentata partecipazione nell’istruzione superiore, come detto prima.
Per quanto riguarda gli studenti socialmente svantaggiati, la Commissione fa riferimento alla necessità di sostegno economici finalizzato per il loro accesso all’università. Siamo totalmente d’accordo,e pensiamo che debbano essere garantiti in modo realistico ed efficace. Tuttavia ribadiamo che questa non è questione correlata alle tasse d’iscrizione, e che non dovrebbe essere connessa. Agli studenti provenienti da situazioni socialmente svantaggiate non dovrebbe essere dato sostegno se non dopo la messa in atto o l’innalzamento delle tasse d’iscrizione. Essi hanno bisogno di aiuto adesso, anche attraverso il sistema gratuito di accesso all’università, in modo da dare loro la garanzia di poter completare i loro studi con successo e in tempi giusti.
Se l’istruzione superiore deve soddisfare un mandato pubblico e dare il proprio contributo allo sviluppo sociale, economico e culturale delle società, crediamo che debba essere abbracciata una rinnovata visione del servizio pubblico d’istruzione superiore. Ciò richiede un sostegno finanziario pubblico, che significa che le tasse, laddove esistono, devono essere mantenute basse e che a nessuno deve essere negato l’accesso per motivi economici. Le tasse non promuoveranno un incremento dei tassi di partecipazione e un aumentata partecipazione da parte degli studenti provenienti da ceti medio bassi. Fondi stabili, definiti e di lungo termini assicurano che gli istituti universitari possono garantire spazi sufficienti e fornire una gamma di programmi atti a soddisfare la loro missione accademica e a venire incontro alle richieste degli studenti.