Crocifisso in classe: la Corte Europea dice NO
Una sentenza della Corte di Strasburgo spiazza tutti. I diritti alla serenità degli alunni prima di tutto, anche delle tradizioni religiose.
Secondo la Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo la presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche italiane.“è una violazione della libertà dei genitori di educare i figli secondo le loro convinzioni e della libertà religiosa degli alunni”. Infatti, argomenta la sentenza, il crocifisso è un evidente simbolo religioso che può fungere da incoraggiamento per i cattolici ma può “disturbare” quelli di altre religioni o gli atei. Il caso era stato aperto da una cittadina italiana di origine finlandese che aveva chiesto di rimuovere il crocifisso dalle aule della scuola di un paese del Veneto frequentata dai figli.
La sentenza conferma il diverso modo di vedere la questione in Europa rispetto alla “intoccabilità” dell’argomento nel nostro paese. Ed è giunta come un fulmine a ciel sereno sulla scena politica italiana nel momento in cui ripartono alla grande nel campo della politica le strumentalizzazioni dell’argomento religione, interpretata sempre meno in chiave etica, come dimostra la doppiezza di molti comportamenti, e sempre più in chiave etnico-tradizionalistica, con scelte culturali inadeguate alla crescita dei fenomeni multiculturali, multietnici, multi religiosi legati alle migrazioni del XXI secolo.
Duole dover trovare in questo campo, decisa a presentare ricorso, anche il Ministro dell’Istruzione Gelmini, la quale, secondo la stampa, avrebbe affermato essere il crocifisso non tanto un simbolo di appartenenza religiosa ma un simbolo della nostra tradizione italiana (come se il cristianesimo fosse un fenomeno solo nostrano!). Duole per due ragioni: primo perché il Ministro dell’istruzione dovrebbe essere ben altro che un alfiere del tradizionalismo, secondo perché dicendo queste cose il Ministro non sembra essersi neppure accorta delle sciocchezze che andava affermando sia nei confronti dei credenti che dei non credenti.
Ma duole anche vedere che quasi tutto lo schieramento parlamentare, chi per tradizionalismo, chi per devozione, non si sa quanto autentica, chi per compiacere le tendenze tradizionaliste nell’elettorato, preferisce iscriversi allo stesso campo invece che a quello della affermazione dei diritti, che non si calcolano in base a maggioranze o minoranze.
Roma, 3 novembre 2009