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Escludere l’educazione dalla Direttiva sui servizi interni

Il documento votato dal Comitato Esecutivo dell’ETUCE.

05/06/2006
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Sulla base del votoespresso in prima lettura dal Parlamento Europeo il 16 Febbraio, la Commissione Europea ha proposto una versione emendata della bozza di Direttiva sui servizi. L’ETUCE riconosce che la Commissione ha pensato di assicuraremaggiori certezze legislative a proposito dell’applicazione della Direttiva nel settore educativo, come nel caso della ridefinizione del punto 16, che ora afferma esplicitamente che la Direttiva non si applica ai sistemi d’istruzione nazionali. In ogni caso, è opinione dell’Etuce che l’approccio della Commissione non assicuri certezze legislative sufficienti.

Come descritto in seguito, rimangono numerose incertezze sul modo in cui la Direttiva influenzerà il settore educativo.A conseguenza di ciò, ci sarà indubbiamente un aumento del contenzioso presso la Corte Europea di Giustizia che determinerà l'applicazione delle norme sul commercio interno e sulla concorrenza nei settori educativi a livello nazionale. Ritenendo fermamente che il potere di organizzare, finanziare e regolare i settori educativi dovrebbe stare saldamente nelle mani dei governi nazionali, l’ETUCE chiede al Consiglio dei Ministri di assicurare la completa esclusione del settore educativo dalla bozza di Direttiva sui servizi.

  • La questione se le attività educative siano coperte o meno dalla direttiva dipende dal fatto se i corsi d’istruzione ricadono nella categoria dei Servizi d’Interesse Generale (SGI) o in quella dei Servizi d’Interesse economico generale (SGEI), con i primi esclusi e i secondi rientranti nella Direttiva. Non esiste al momento alcuna base legislativa per la definizione d’entrambe le tipologie di servizi, la definizione resta nelle decisioni prese caso per caso dalla Corte europea di giustizia. Sebbene gli stati membri abbiano il diritto di definire la loro applicazione nazionale dei Servizi d’interesse generale e d’interesse economico generale in accordo con le normative comunitarie, l’ultima parola tocca alla Corte Europea di giustizia in caso di controversie sulle definizioni nazionali.

  • A parere dell’ETUCE, una questione cruciale come quella se certe parti del settore educativo debbano essere governate da un’aperta concorrenza e dalle regole del mercato all’interno dell’Unione Europea o debbano essere regolate da normative pubbliche, dovrebbe essere totalmente definita a livello nazionale e dovrebbe, cosa più importante, essere sottoposta alla verifica politica a livello nazionale, non soggetta alla pratica giuridica della Corte Europea di giustizia.

  • Considerando le varie tipologie miste di finanziamenti pubblico/privato e/o di fornitura dei corsi, le categorie di servizi d’interesse e d’interesse economico generale non sono facilmente trasferibili a livello nazionale. Istituti privati che ricevono fondi pubblici, istituti pubblici che ricevono fondi privati o partnership pubblico-private di vario tipo sono fenomeni familiari in molti stati membri.Sulla base di precedenti sentenze della Corte di giustizia, la categoria dei servizi d’interesse generale può essere definita come comprendente corsi d’istruzione fondati “essenzialmente su fondi pubblici”, forniti da istituzioni non finalizzate al profitto e che hanno uno scopo d’interesse generale, mentre la categoria dei servizi d’intereresse economico generale può essere definita come comprendente i corsi d’istruzione “ fondati essenzialmente su fondi privati”, forniti da istituzioni che mirano al profitto, e cui viene affidato uno specifico affidamento pubblico da parte dell’autorità a livello nazionale. Ma la corte non fornisce una sufficiente chiarezza interpretativa per quanto riguarda il confine tra interesse generale e interesse economico generale, considerando il mix di finanziamenti pubblici /privati o il mix di forniture Pubbliche /private nel settore educativo.

  • In aggiunta, l’ETUCE si chiede se l’approccio presente nella Direttiva sui servizi non mini le competenze nel settore dell’istruzione e della formazione come garantite dagli articoli 149 e 150 del Trattato. In conformità a tali articoli, gli stati membri mantengono piena responsabilità sull’organizzazione e i contenuti dei sistemi d’istruzione e formazione nazionali. Ma, evidentemente, se l’educazione viene inclusa nella Direttiva sui servizi, la suaadozionedi fatto comporterà che parti delle competenze che regolano il settore educativo passeranno dal livello nazionale a decisioni prese a maggioranza all’interno del Consiglio dei Ministri.

L’ETUCE rileva che la questione da porsi è se la protezione del diritto al libero commercio e alla libertà di movimento debbano stare al di sopra degli sforzi degli Stati membri di assicurare un’alta qualità ai loro sistemi educativi. Gli Stati membri dell’Unione europea hanno evidentemente un grande interesse ad avere una popolazione con elevato livello d’istruzione, particolarmente d’innalzare i livelli dei risultati educativi dei gruppi meno istruiti della popolazione. Ma una vera equità nell’accesso e alta qualità dell’istruzione non si acquisiscono aumentando la commercializzazione del settore educativo e il commercio nei settori educativi. La bozza di direttiva sui servizi e le sue implicazioni per il settore educativo sollevano una questione politica cruciale: a che cosa bisognerebbe attribuire valore più alto, al diritto del libero commercio in un mercato educativo aperto o al diritto degliSstati membri di regolamentare pienamente il settore educativo con l’ottica di assicurare alta qualità e uguaglianza d’accesso per tutta la vita alla propria popolazione?

In conclusione, l’ETUCE chiede al Consiglio dei Ministri di eliminare tutte le incertezze legislative ed escludere il settore educativo dalla direttiva sui servizi.

Roma, 5 giugno 2006

Tag: etuce/csee