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Investire di più nell’istruzione superiore e continua

Pubblicato il rapporto 2005 “Education at a glance”

15/09/2005
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Il consueto rapporto annuale dell’OECD “Education at a glance”, presentato il 13 settembre a Parigi, dimostra ancora una volta l’importanza dell’istruzione e della formazione continua ai fini dell’inserimento nel lavoro, ma anche l’ancora scarso impegno che la maggior parte dei paesi dell’OECD riversa su tale fronte e il crescente divario tra chi più sa e chi meno sa in termini d’accesso al lavoro, di retribuzione e d’accesso alle stesse opportunità formative.
Si conferma, insomma, un dato più volte denunciato dalla FLC: il livello d’istruzione acquisito incide profondamente sul destino di ogni persona, aumentando le differenze sociali ed economiche.

In quasi tutti i paesi dell’OECD i livelli d’istruzione continuano a crescere. In media, i 3/4 delle persone nate negli anni settanta hanno compiuto studi a livello secondario superiore, la qualifica minima per entrare con successo nel mercato del lavoro. Inoltre, gli studi dell’OECD mostrano che il gap retributivo tra le persone con titoli di studio alti e quelle con bassi livelli culturali si accresce, invece di diminuire. In tutti i paesi dell’OECD le persone prive d’istruzione a livello secondario superiore affrontano rischi di disoccupazione significativamente più alti e crescenti. In media, il 15% dei 20-24enni senza il titolo di studio di scuola secondaria superiore è disoccupato, un tasso doppio rispetto a quelli che hanno completato gli studi secondari.

Cresce anche il numero delle persone che hanno completato gli studi a livello universitario, ma in modo differenziato nei diversi paesi. L’aumento, infatti, è determinato dalla crescita rilevante in alcuni paesi – Australia, Danimarca, Finlandia, Islanda e Polonia, - in cui il tasso dei laureati è superiore al 40%, grazie soprattutto ad un sistema d’istruzione superiore maggiormente flessibile.
L’innalzamento dell’istruzione a livello universitario non sembra, inoltre, aver avuto un effetto negativo sul valore dei titoli nel mercato del lavoro. Anzi. I benefici a livello individuale e sociale sono positivi, non solo per quanto riguarda i livelli retributivi, ma anche la produttività – dal 3 al 6% in più per ogni d’istruzione- e il benessere psicofisico delle persone. In tutti i paesi OECD, con dati confrontabili, il premio in termini di guadagni per le persone con istruzione a livello terziario cresce di un punto percentuale per anno di studio rispetto a chi possiede un livello di studio secondario.

Sul fronte, invece, dell’istruzione e formazione continua, le opportunità sono ancora scarse, insufficienti a rispondere alle richieste di innalzamento delle competenze, e sembrano, ancora una volta, dirigersi verso le persone coi titoli di studi più alti e già occupate invece che riguardare le persone in cerca di occupazione o con livelli occupazionali poco qualificati. I tassi di partecipazione delle persone che non hanno completato la scuola secondaria superiore sono, infatti, meno della metà di quelli delle persone che hanno terminato la scuola secondaria e solo un quarto rispetto a chi ha un titolo d’istruzione universitario.
Nei paesi dell’OECD, inoltre, gli impiegati ad alti livelli dell’industrie dei servizi hanno maggiori probabilità di accesso alla formazione continua dei lavoratori negli altri settori. In generale, i corsi di educazione e formazione degli adulti sono maggiormente presenti nelle fabbriche di grandi dimensioni e nei settori dei servizi, delle banche e della finanza; sono per i lavoratori a tempo pieno, più per i manager e i dirigenti che per chi fa lavori esecutivi o poco qualificati, più per i giovani e i lavoratori a metà carriera che per gli anziani. Ancora più preoccupanti le percentuali di giovani con bassi livelli di educazione che non sono né al lavoro né a scuola. E’ il caso dell’Italia, dove più del 10% dei giovani tra i 15 e i 19 anni si trovano in tale situazione.

L’analisi dell’OECD rispecchia pienamente la situazione italiana: buoni progressi nel campo dell’istruzione secondaria, ancora insufficienti a livello universitario, dove il tasso di laureti è ancora basso rispetto alla media dei paesi europei, e disastrosi a livello di educazione degli adulti e formazione continua, dove ci collochiamo in fondo alla graduatoria, appena al disopra di Ungheria e Grecia

Interessanti, infine, rispetto a quanto sta avvenendo in Italia, le conclusioni sul fronte della differenziazione degli studi. Facendo riferimento all’indagine PISA, l’OECD conclude che gli studenti nei sistemi d’istruzione più differenziati e selettivi ottengono, in media, risultati leggermente inferiori agli studenti nei sistemi comprensivi, anche se tale differenza non è statisticamente rilevante. Comunque, i sistemi maggiormente differenziati mostrano una variazione molto più ampia negli esiti tra gli studenti, non solo da una scuola all’altra, ma anche quando si confrontano studenti con retroterra familiari differenti.

Roma, 15 settembre 2005