Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Attualità » Europa e Mondo » Nuovo scivolone di Bush al Senato sul buono scuola

Nuovo scivolone di Bush al Senato sul buono scuola

Stati Uniti, Giugno 2001

01/06/2001
Decrease text size Increase  text size

Giugno

Nuovo scivolone di Bush al Senato sul buono scuola. E’ stata fatale anche in tema di politica scolastica la defezione del senatore repubblicano passato con i democratici. La proposta del buono scuola di Bush è stata sonoramente battuta al Senato. Artefice della vittoria del fronte anti-vaucher (con i democratici hanno votato contro anche tredici senatori repubblicani) il senatore democratico Ted Kennedy, oppositore intransigente del buono scuola. La campagna dei democratici, sostenuta anche dai sindacati degli insegnanti americani, in particolare da parte dell’Aft, che paventano come il buono scuola significherebbe sottrazione di fondi alle scuole pubbliche sta trascinando Bush in un pantano politico. Dopo le sconfitte nei referendum della California e del Michigan sembrava che il presidente dovesse addivenire a più miti sentimenti, ma probabilmente deve pagare il conto all’integralismo cattolico e conservatore su cui ha basato la sua elezione. E’ inutile sottolineare le evidenti analogie col caso italiano, ma il caso americano mette in luce l’importanza del controllo di una delle camere da parte dell’opposizione. E’ di lì che passano o, meglio, non passano le politiche finanziarie, compresa quella che dovrebbe servire per lo scudo spaziale.

Ricerca di insegnanti all’estero: molti i chiamati, pochi gli eletti. Che negli Stati Uniti mancassero gli insegnanti lo abbiamo già detto. Che questo spingesse alla ricerca di insegnanti all’estero, Italia compresa, lo si è visto dalle offerte di lavoro apparse anche su alcuni quotidiani italiani. La massiccia operazione di ricerca va dalla Russia alle Filippine, passando per l’Unione europea e il nostro paese: contratti di un anno prorogabili fino a tre, stipendi variabili tra i 28.000 e i 38.000 annui dollari (gli stessi che fanno si che i laureati americani non accettino, in un mercato del lavoro che sembra offrire di meglio), e il visto di immigrazione gratuito. Ma se i candidati sono molti, i prescelti sono pochi. Al Visiting International Faculty Program, una delle agenzie a cui è stato appaltato il reclutamento, solo il 10% degli aspiranti ha superato la selezione. Il Vif esige che siano laureati, abilitati all’insegnamento, abbiano almeno tre anni di esperienza e parlino un inglese scorrevole, ma secondo i dirigenti dell’agenzia il vero scoglio è saper coniugare all’adattamento al sistema statunitense un ruolo da “ambasciatore culturale” del paese di provenienza.
I primi sintomi della mancanza di docenti cominciarono ad apparire all’inizio degli anni novanta, quando a confronto con gli stipendi del mercato del lavoro statunitense, fare l’insegnante equivaleva quasi a fare voto di povertà. Adesso a ciò si sommano i pensionamenti dei baby-boomers, ormai cinquantacinquenni, e l’afflusso degli immigrati, che ha fatto lievitare gli alunni delle grandi città. Perciò la tendenza alla penuria di insegnanti promette di non essere un fenomeno passeggero. Non esistono stime nazionali ufficiali, perché la scuola è di competenza dei singoli stati, ma secondo il Ministero dell’educazione per i prossimi anni saranno necessari 240.000 nuovi insegnanti all’anno e se la maggior parte saranno reclutati negli “States” è presumibile che questi riusciranno a coprire solo il 90% degli organici e che il 10% si dovrà continuare a reperire all’estero.