Sognando un’altra Europa
Prima, durante e dopo il III° Congresso della FLC CGIL a Napoli.
Durante l’incontro internazionale del nostro III° Congresso di Napoli, alla Città della Scienza, abbiamo ascoltato i sindacati di molti paesi che ci hanno elencato le conseguenze delle politiche di austerity sull’istruzione e sulla vita quotidiana delle lavoratrici e dei lavoratori dei loro paesi.
Abbiamo concluso insieme che solo uniti avremo la forza necessaria per contrastare queste politiche aggressive e regressive che distruggono l’economia e lo stato sociale dei nostri paesi.
Abbiamo dichiarato di voler spingere, da dentro l’Europa, verso politiche economiche di crescita, inclusive ed innovative mettendo al centro l’energia propulsiva di un’istruzione di qualità e su questa strada stiamo lavorando e ci siamo impegnati, già tanti anni fa dall’inizio della crisi, quando ancora qualcuno nel nostro paese ci raccontava che la crisi non c’era ed era una nostra invenzione.
A Napoli, durante l’incontro dell’internazionale, la FLC CGIL si è impegnata a cambiare l’Italia e l’Europa.
Domenica, il nostro paese ha scelto la stessa strada con una partecipazione perfino inaspettata e con una voglia di protagonismo che ha sorpreso tutti e quindi anche noi. Il voto in Italia ha frenato le spinte-anti-europeiste e populiste e si puo' aprire una fase nuova.
È innegabile la volontà di cambiamento che ha spinto le italiane e gli italiani ad andare alle urne e votare premiando il PD e la sinistra. L'Italia può ora dare un contributo decisivo per cancellare le politiche di austerità favorendo la crescita e l'occupazione. Deve essere questo, dopo il risultato elettorale, l'obiettivo prioritario del Presidente del Consiglio Matteo Renzi alla Presidenza del semestre europeo con una evidente legittimazione rafforzata dal voto.
C'è un prestigio del nostro Paese che deve essere messo al servizio di un rinnovato progetto di costruzione di una nuova Europa politica e sociale. Ma i motivi di preoccupazione per il futuro sono tanti e lo scenario presenta moltissime incognite.
Nei due terzi dei Paesi prevalgono le forze conservatrici e liberiste e l'avanzata, in paesi come Francia, Regno Unito ed altri, delle forze euroscettiche e nazionalistiche, che sono la conseguenza della grave crisi economica e delle politiche sbagliate della Troika, pongono seri interrogativi sulle reali possibilità di cambiamento. Non bisogna sottovalutare che rimane alto il tasso di astensionismo in quasi tutti i paesi a conferma dello scetticismo e della contrarietà dei cittadini a questa Europa.
I grandi gruppi tradizionali del parlamento europeo escono ridimensionati e pensiamo che il nuovo Presidente della Commissione europea dovrà essere consapevole di un clima certamente non favorevole a queste politiche e di cittadini desiderosi di un’altra Europa nella quale si possa realmente decidere le scelte politiche, economiche e sociali.
Nel lungo periodo l’Europa dovrà sicuramente saper conciliare integrazione e processo democratico e, per avere un futuro, dovrà muoversi verso l’unione politica e fiscale con un vero bilancio europeo finanziato anche con emissione di titoli di debito comune.
Ma questo progetto sarà possibile con l’avanzata degli euroscettici?
Dipenderà da quello che si farà nell’immediato e dalla determinazione con la quale si procederà a rivitalizzare le politiche macroeconomiche per uscire dalla stagnazione e combattere la disoccupazione.
Per combattere la disgregazione attuale l’Europa ha bisogno di riconquistare un’identità e quindi deve attivare politiche appropriate e coordinate tra i paesi membri perché è solo con la crescita e il perseguimento della piena occupazione che si potranno ritrovare le giuste motivazioni che ci permetteranno di credere ancora ad una prospettiva di unione europea. Non siamo di fronte ad una crisi economica transitoria legata alla recessione, ma siamo alla fine del vecchio modello di accumulazione e serve una nuova visione dello sviluppo in termini di sostenibilità sociale e ambientale. Basta con un'Europa chiusa nella dimensione economica e finanziaria nella quale i diritti sociali sono diventati residuali e crescono le disuguaglianze. Ribadiamo perciò la nostra radicale contrarietà al TTIP che pretende di smantellare i beni comuni, le regole e i diritti dei lavoratori.
Ed in questo nuovo percorso bisognerà rivitalizzare ed investire nel pubblico, nei servizi, nell’equità sociale, ripartire dall’economia della conoscenza, dall’innovazione e dalla ricerca, come abbiamo sempre detto, coinvolgendo i sindacati e riaprendo il dialogo sociale. L'Europa della conoscenza non può essere travolta dal mercato se si vuole costruire una vera cittadinanza europea.
Nel nostro congresso nazionale abbiamo riproposto la necessità di escludere gli investimenti in istruzione, formazione e ricerca dai vincoli del rapporto deficit-PIL per segnare una inversione di tendenza rispetto alla dimensione rigorista e liberista anche nei settori della conoscenza. È l’ultima occasione che l’Europa ha.
L'Italia ha la forza per diventare la protagonista di un'altra Europa che affermi democrazia e benessere. Solo così, per i cittadini, l'Europa non sarà un problema ma una grande opportunità per migliorare le proprie condizioni di vita. Se non si assume questo orizzonte ci sarà un ritorno alle piccole patrie e ai confini nazionali.
Spetta anche alla CES rispondere adeguatamente alla crisi e al disagio sociale perché solo con una forte dimensione sovranazionale il sindacato potrà imporre politiche espansive in grado di rilanciare occupazione, sostenibilità sociale e ambientale e welfare inclusivo.
Troviamo tutti il coraggio di ripensare il modello Europeo perché in fondo è questo il messaggio che viene dal voto.