Un'altra primavera agitata nelle scuole francesi
Studenti e insegnanti francesi in agitazione contro tagli, flessibilità, aumento di alunni per classe e altre misure del Ministero dell'Educazione.
Oggi gli studenti parigini tornano in piazza. E’ la seconda volta in pochi giorni: un’altra imponente manifestazione si era svolta venerdì scorso. E venerdì prossimo i due sindacati studenteschi di sinistra Unl e Fidl si incontreranno col Ministro dell’Educazione Darcos.
A scatenare l’agitazione studentesca è il taglio di 11.200 posti previsti dal governo all’inizio dell’anno scolastico. Le conseguenze sugli studenti della secondaria sono la perdita di continuità didattiche, la riduzione delle materie opzionali (teatro, latino/greco, ebreo/russo ecc.) e soprattutto l’aumento del numero massimo di alunni per classe da 34 a 36, che non faciliterà certo il successo scolastico.
La cosa, insieme ad altre misure contenute nel cosiddetto “Libro verde” che disegna la scuola “ sarkozienne”, ha già scatenato più volte la reazione dei sindacati degli insegnanti che a cadenza grosso modo mensile dal novembre scorso sono scesi sul piede di guerra: i primi scioperi si sono svolti infatti il 20 novembre e il 24 gennaio, il 4 febbraio c’è stato uno sciopero di tutto il pubblico impiego (le misure di taglio non colpiscono solo la scuola), un ultimo sciopero ancor più massiccio si è svolto il 18 marzo, il 26 marzo a Parigi si sono riunite le scuole in lotta e da lì è partita un’agitazione che si è articolata per un verso in iniziative locali (Parigi, Tolone, Lille, Aix-Marsiglia, Clermont si sono già mosse) per un altro in un calendario di scadenze snocciolate nazionalmente (27 marzo solidarietà con i colleghi perseguitati, 2 aprile giornata di lotta insieme ai genitori, dal 5 aprile al 5 maggio momenti di lotta in funzione dei diversi calendari scolastici). Il tutto convergerà in una manifestazione nazionale prevista per il week-end del 17 maggio.
Oltre agli organici le questioni che hanno scatenato la reazione di insegnati e sindacati sono:
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l’introduzione nella scuola media della bivalenza, per cui l’insegnante può essere impiegato sulla sua materia o su una materia affine), l’annualizzazione dell’orario di servizio (adesso è settimanale) con flessibilità dell’orario settimanale, l’allungamento da 16 a 18 ore dell’orario settimanale degli agregè, l’introduzione di ore aggiuntive obbligatorie o volontarie a seconda di decisioni regionali o di scuola (“Sarkozy ha inventato il flexiprof” titolava due mesi fa Le Monde de l’Education);
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il nuovo reclutamento non più su base nazionale, ma su base di “ academie” (grosso modo regionale) in una situazione in cui già oggi solo 7 regioni su 30 accolgono i nuovi insegnanti;
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l’attribuzione al solo capo di istituto della valutazione degli insegnanti (ora c’è una doppia valutazione: pedagogica, da parte di una equipe elettiva, e amministrativa, sulla correttezza degli atti, da parte un ispettore nazionale);
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la riduzione del baccalaureato (maturità) professionale a soli tre anni (uscita a 18 anni di età, come i baccalaureati generali e tecnologici) contro i 4 attuali (2 +2 con uscita a 19 anni) e l’eliminazione del BEP (titolo intermedio, simile alla nostra qualifica, a 17 anni: è soprattutto la sua eliminazione a destare perplessità);
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la soppressione delle due ore di lezione del sabato nella primaria e il loro riutilizzo in compiti meramente di sostegno agli alunni in difficoltà.
Roma, 8 aprile 2008