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L'estensione del numero chiuso decisa dal Senato Accademico dell’Università Statale di Milano è scelta irresponsabile e sbagliata

Comunicato stampa di Francesco Sinopoli, Segretario generale della Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL.

24/05/2017
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La decisione di estendere il numero chiuso anche ai corsi di laurea di indirizzo umanistico decisa ieri dal Senato Accademico dell’Università Statale di Milano è una scelta irresponsabile e sbagliata.

Ora, a partire dal prossimo anno accademico, tutti i 79 corsi di laurea di uno tra i più prestigiosi atenei italiani ed europei diventano a numero chiuso. Così, non solo l'Università pone uno sbarramento di censo alzando vistosamente le tasse, senza tutelare il diritto allo studio, ma lo estende sulla base di un frainteso senso della "meritocrazia", termine ideologico, di moda ma quanto mai sbagliato e pericoloso.

A nulla è servita la vigorosa protesta di studenti, docenti e personale. A nulla è servito l'appello di decine di intellettuali, forze politiche, sociali e sindacali, ad evitare una decisione che non ha alcun tipo di ragionevole giustificazione. Anzi. Si è voluto, da parte del rettore e di 17 senatori accademici andare allo scontro, andare alla prova di forza.

Questo voto dà un brutto segnale alla società intera: l'alta formazione universitaria è limitata agli studenti che abbiano i mezzi economici e che riescano a superare la tagliola dei quiz.
Eppure, sarebbe bastato leggere l'intervista che ieri Amartya Sen, premio Nobel per l'Economia, ha concesso alla Stampa, per capire quanto sia sbagliata la strategia di chiusura dell'Università. Il suo invito a considerare l'istruzione come un servizio pubblico universale e gratuito, come la sanità, diventa la grande sfida del XXI secolo, per cambiare economie attualmente malate e disuguali come la nostra. Su questo versante la FLC CGIL è sicuramente in prima linea.

Perciò, non solo la scelta del Senato Accademico dell'Università Statale di Milano di chiudere tutti i 79 corsi di laurea è sbagliata e irresponsabile sul piano della democrazia e del dettato costituzionale, ma anche sul piano economico e sociale. Ed è un pericoloso precedente, contro il quale crediamo che la stessa ministra Fedeli debba esprimersi tempestivamente e con determinazione, perché trasformare l'università in una specie di azienda pubblica della quale un rettore è il manager unico e indiscutibile, che chiude le porte a decine di migliaia di studenti, invece di aprirle, è in palese contraddizione con gli obiettivi, condivisi da tutti i nostri Governi che si sono succeduti in questi anni, di aumentare il numero dei laureati. L’Italia infatti su questo è tristemente fanalino di coda tra tutti i Paesi europei.

Invece di restringere gli spazi di accesso all’università occorrerebbe puntare su una sua riqualificazione, investendo risorse per un piano straordinario di assunzioni che consenta di aprire corsi e non di chiuderli. Il miliardo di euro che in soli 9 anni è stato sottratto al sistema universitario va restituito per ridare speranza a questo paese e per ridare ai giovani, di tutte le classi sociali, l’opportunità di studiare e conseguire i più alti titoli di studio.

Auspichiamo che sull’argomento l’Università di Milano riconsideri la propria scelta e che il mondo della politica e della cultura non rimanga ancora una volta indifferente ad episodi che non sono circoscritti ad un Ateneo ma sono di rilievo nazionale.

La FLC CGIL continuerà a restare al fianco degli studenti, dei docenti e del personale per un’università pubblica, democratica, aperta, laica, libera, in coerenza con il dettato Costituzionale.