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Mare e veleni: al centro, di nuovo, la precarietà della ricerca nel Paese

Comunicato stampa di Domenico Pantaleo, Segretario generale della FLC Cgil

22/09/2009
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Nei giorni scorsi, il ritrovamento di una delle cosiddette «navi dei veleni» al largo di Cetraro ha riportato alla luce loschi intrecci tra traffici d’armi e rifiuti radioattivi che sembrano coinvolgere affarismo internazionale, settori della politica, criminalità organizzata.

È l’ennesimo episodio che ci ricorda quanto sia faticosa la transizione verso un modello di sviluppo sostenibile in grado di coniugare crescita e coesione sociale, che contribuisca anche al superamento di quelle insane logiche che sono uno dei principali ostacoli verso l’effettivo progresso civile del Paese.

La vicenda ha fatto anche riemergere l’insufficienza delle risorse che il nostro Paese dedica al mantenimento delle competenze tecnico-scientifiche per la tutela del patrimonio ambientale: nel caso specifico, l’ambiente marino.

La nave Astrea dell’Ispra è coinvolta negli interventi in mare. Tuttavia, essa non è dotata di risorse sufficienti per affrontare con la dovuta tempestività emergenze di questo tipo. Il suo equipaggio tecnico-scientifico, decimato pochi mesi fa dai massicci licenziamenti di collaboratori attuati in tutto l’Ispra, è attualmente composto soltanto da sette unità. Di esse, tre sono dipendenti a tempo indeterminato dell’Istituto, mentre le rimanenti quattro sono titolari di contratti a tempo determinato e di collaborazione di imminente scadenza, i cui rinnovi sono oltretutto a rischio. Infatti, a un anno dalla sua istituzione per decreto legge e dal conseguente commissariamento, l’Ispra non è ancora dotato di regolamenti in grado di assicurare la necessaria celerità nello stipulare o rinnovare contratti a termine, borse di studio, assegni di ricerca, ecc.. Non solo: la farraginosità delle procedure inficia la stessa possibilità dell’Istituto di mantenere attivi contratti di ricerca e di stipularne di nuovi, con gravi conseguenze sia sullo sviluppo delle attività di ricerca che sulle finanze. Ciò oltretutto in un quadro che non vede Ispra e Governo assicurare la necessaria priorità programmatica a settori strategici quali quello della ricerca marina.

Occorre, perciò, rilanciare gli investimenti complessivi in ricerca nel nostro Paese, a partire dalle risorse umane e strumentali, potenziando contestualmente la capacità di coordinamento degli interventi in settori strategici quali quello della tutela dell’ambiente.

Si esce dalla crisi economica, sociale ed ambientale se le conoscenze diventano il volano per ridefinire in termini qualitativi i caratteri dello sviluppo.

Roma, 22 settembre 2009