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Sottoscritti tutti i Protocolli di Intesa tra Stato e Regioni

Sono stati sottoscritti i Protocolli di Intesa fra tutte le Regioni (Val D’Aosta esclusa) il Miur e il Ministero del lavoro, in attuazione dell’Accordo Quadro approvato il 19 giugno scorso dalla conferenza unificata Stato Regioni Enti Locali.

07/11/2003
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Sono stati sottoscritti i Protocolli di Intesa fra tutte le Regioni (Val D’Aosta esclusa) il Miur e il Ministero del lavoro, in attuazione dell’Accordo Quadro approvato il 19 giugno scorso dalla conferenza unificata Stato Regioni Enti Locali.

Nella sostanza tutti risentono, in positivo ed in negativo, delle caratteristiche dei propri sistemi regionali di Formazione professionale e delle scelte di politica formativa compiute da ciascuna per ciò che riguarda in particolare l’assetto dei sistemi regionali, le finalità e l’accesso ai sistemi di formazione (prevalenza della formazione al lavoro, sul lavoro , continua e di secondo livello piuttosto che formazione di primo livello per i più deboli, espulsi dalla scuola, portatori di handicap, etc.etc.)

La differenza più rilevante che ne consegue riguarda il ruolo riconosciuto alle istituzioni scolastiche e il senso ed il significato attribuito all’integrazione.

Rileviamo che in genere:

  • i protocolli sottoscritti dalle regioni guidate da giunte di centro sinistra hanno teso a precisare e a sottolineare il ruolo delle istituzioni scolastiche, pur con accentuazioni diverse. Si va da quello sottoscritto dall’Umbria, dove è esplicitamente dichiarata la titolarità della scuola sulla progettazione e realizzazione di questi percorsi a quello sottoscritto dal Friuli in cui si afferma che la realizzazione dei percorsi integrati “sarà attuata attraverso forme di integrazione e/o interazione dalle istituzioni scolastiche autonome e dagli organismi di formazione professionale accreditati”. Tutti questi protocolli all’art.2 citano esplicitamente l’integrazione, come modello.

  • Nei protocolli sottoscritti dalle regioni guidate da giunte di centro destra si fa riferimento prevalentemente a “i percorsi triennali di formazione professionale finalizzati al conseguimento di un attestato di qualifica professionale previsto dalla normativa vigente in materia di formazione professionale” (art. 2 di quasi tutti i protocolli) e solo successivamente, in alcuni casi, si parla di progettazione e realizzazione tra le istituzioni scolastiche e gli organismi di formazione professionale, con modalità al loro interno molto diverse. Nel caso della Lombardia, ad esempio, l’integrazione si limita alla realizzazione dei corsi di recupero (LARSA) e di azioni di orientamento, mentre in Piemonte i percorsi realizzati nei diversi sistemi contengono comunque forme di integrazione finalizzate all’acquisizione di crediti per l’eventuale passaggio dall’uno all’altro.

E’ evidente che i protocolli hanno risentito molto del grado di condivisione, da parte delle diverse regioni, delle scelte contenute nella legge 53/03, rispetto soprattutto alla diminuzione della durata dell’obbligo scolastico e alla costruzione del sistema duale.

In particolare:

1 . risulta una situazione fortemente disomogenea a livello regionale: i quattordicenni usciti dalla scuola media inferiore dispongono di un’offerta formativa molto differenziata tra regione e regione, che al momento è impossibile ricondurre ad un criterio minimo nazionale comune a tutte. Nella sostanza si è verificato ciò che avevamo previsto: a fronte di una genericità eccessiva dei criteri contenuti nell’Accordo nazionale, ognuno ha finito per fare ciò che ha sempre fatto;

2. validità nazionale dei titoli rilasciati: uno dei criteri di quell’Accordo era il riconoscimento della validità nazionale dei titoli rilasciati alla fine di questi percorsi. Ci domandammo allora e purtroppo continuiamo a chiederci a maggior ragione ora come sia possibile tale riconoscimento, a fronte di percorsi e di contenuti così profondamente diversi. Ciò che nella storia della formazione professionale del nostro paese non è stato possibile finora, proprio per l’assenza di elementi minimi comuni a tutti i sistemi regionali, è diventato o sta per diventare possibile, ma per una decisione politica che prescinde dai contenuti. In sostanza, per opera di una convenzione, si attribuisce valore nazionale a percorsi regionali ai quali la stessa Unione Europea finora non ha potuto riconoscere valore, proprio per l’assenza di quegli elementi minimi comuni. Cosa accadrà al quattordicenne che per le più disparate ragioni si dovesse trasferire da una regione all’’altra è un mistero non risolto da questi Protocolli.

3. integrazione: in assenza di una definizione condivisa, ognuno ha dato una sua “regionale” interpretazione di questa espressione. Alla fine ognuno può dire che l’integrazione è presente nei propri protocolli, a fronte di principi, contenuti e percorsi che nulla hanno in comune: si usa lo stesso termine per designare pratiche del tutto diverse. E’ indubitabile che ora più che mai è auspicabile che si giunga ad una sua definizione, condivisa da tutti i soggetti che in qualche modo ne hanno a che fare. Ciò che a noi pare altrettanto indubitabile è che, a fronte di percorsi separati, in cui l’unico elemento vagamente integrato è dato dal riconoscimento di crediti spendibili nell’altro sistema, non si possa onestamente parlare di integrazione ma di un puro riconoscimento dell’esistenza dell’altro. E’ questa una questione importante, essendo l’integrazione uno dei pochi elementi indicati nell’Accordo quadro nazionale che giustifica, in qualche modo, la validità nazionale dei titoli rilasciati. In sostanza ne dipendono i diritti di chi a quei percorsi partecipa.

4. standard nazionali: ad anno scolastico abbondantemente iniziato, manca uno dei tasselli per il riconoscimento della validità nazionale dei titoli rilasciati. Attendiamo da tempo il promesso confronto con le parti sociali, per discutere le proposte che nella primavera scorsa ci venivano date già in gran parte definite ma che evidentemente sono ancora lontane. Sapevamo e sappiamo quanto difficoltosa sia la loro definizione, proprio perchè il ruolo diverso che i soggetti istituzionali hanno svolto in questi anni, le differenti scelte operate, hanno portato ciascuno a stabilire contenuti che è molto difficile ricondurre a sintesi condivisa a posteriori, essendo ciascuno convinto della bontà delle scelte effettuate.

5. dialogo sociale: sia nell’Accordo quadro nazionale che nel corso degli incontri c’era l’impegno, da parte degli Assessori regionali, a incontrarsi con le parti sociali, prima della sottoscrizione dei protocolli regionali. Dobbiamo purtroppo registrare il mancato rispetto di questo impegno, nel senso che in troppe regioni le nostre strutture hanno saputo dalla stampa degli avvenuti accordi con il Miur e il Ministero del lavoro. Questo comportamento non ha reso possibile alcun intervento da parte nostra a livello regionale, che avrebbe potuto contribuire a migliorare alcuni contenuti o ad evitare veri e propri errori.

6. il ruolo della scuola: in questi protocolli il ruolo del sistema di istruzione esce fortemente ridotto, in alcuni casi scompare, tranne che per quanto attiene ad un generico riconoscimento di crediti maturati. Noi pensiamo che il problema da risolvere continui ad essere il numero dei ragazzi che vengono espulsi o abbandonano il sistema scolastico. E’ questa la vera emergenza del paese, se vuole misurarsi adeguatamente con le sfide di una società sempre più complessa e globale, che continua a persitere, non essendo neppure sfiorata da questi protocolli.

7. attuazione dei protocolli: a quanto ci è dato sapere, nessun accordo è al momento attuato, perché mancano ancora tante cose per il loro reale avvio. I ragazzi frequentano i corsi nella maniera tradizionale, a scuola e nei centri di formazione professionale. Chi non si è iscritto a nessuna di queste tipologie continua a rimanere “per strada”. Quindi, niente di nuovo e di positivo sul vero problema del nostro sistema scolastico.

Gli esiti di una vicenda nata sull’onda di un’emergenza (l’abrogazione della legge 9//99 e conseguente anno vuoto per i quattordicenni non più obbligati) dimostrano che nessuno dei problemi posti da quella sciagurata decisione è stato affrontato e tanto meno risolto da questi protocolli.

La segreteria nazionale della Cgil scuola, sulla base di questi elementi, esprime quindi un giudizio complessivamente negativo dei protocolli sottoscritti. Siamo molto preoccupati perché le nostre previsioni alla vigilia della loro sottoscrizione circa la frammentazione in tante soluzioni diverse, per alcuni versi contrapposte, fra regione e regione trovano purtroppo conferma nei contenuti degli stessi. Tutto ciò pesa negativamente sulla costruzione di un sistema nazionale, condiviso dalle istituzioni coinvolte; non garantisce pari opportunità a ragazze e ragazzi di 14 anni di età sul diritto all’istruzione.

Se queste sono le prove tecniche per l’attuazione del doppio canale, i motivi di preoccupazione se non di vera e propria contrarietà aumentano: dividere i ragazzi precocemente e incanalarli in percorsi diversi, anche gerarchicamente ordinati, sulla base delle loro condizioni di partenza, è socialmente inaccettabile pedagogicamente sbagliato.

Solo una scuola pubblica, laica, di qualità, unitaria è in grado di garantire il diritto all’istruzione a tutti, in qualunque luogo si viva e si studi.

Vai al quadro sinottico: Le scelte delle Intese Regionali per tipologia di amministrazione

Roma, 6 novembre 2003

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